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Raccolta Articoli (1998-2002) di Giorgio Boratto
ARTICOLI parte 1Articoli e lettere pubblicate sul IL SECOLO XIX - La Repubblica - L'Unità e webzine varie
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PUNTI DI VISTA
Bella Genova da lassù.
Grazie al "Secolo XIX" per le Fotocarte di Genova. Che emozione! Grazie di aver
dato a molti la possibilità di vedere, da un punto di vista diverso dal nostro
solito, la città di Genova.
Con questa vista verticale si scopre una Genova ancor più varia. Le nostre piazze
sono in verità slarghi e le nostre vie sembrano fessure, screpolature di una
ipotetica arsura di pietra. Le vie sono come fili, corde tese, che raccordano
la vita dei vari rioni. Da questo disegno irregolare si scopre l'andamento scosceso
del terreno e i tetti grigi rivelano tanti punti colorati. Che vertigine! Non
si sa dove planare in questo "Centro storico" senza centro.
Che bella Genova da lassù! Non si vede da lassù il marciapiede rotto, la spazzatura
"fuori' come gli affanni "dentro"'. Cicatrici, a dire il vero, se ne vedono
tante: sono sparse un pò ovunque, sono le occasioni mancate o il punto dove
si può rinascere. Dipende da noi. Mi sono fermato molto tempo a guardare queste
Fotocarte, c'era come un oscura ambizione a fissarle nella mente. Non ci è dato
di avere, normalmente, una vista così d'insieme.
Vorrei ricordarla mentre posso guardare Genova in su e di lato: potrei scoprirla
in una dimensione nuova. Anche i problemi possono essere diversi se visti con
un'altra dimensione e il nostro orticello diventa piccolo piccolo in questa
Genova grande. E' bella Genova vista da lassù!
Non si vedono, in verità i genovesi, sono diventati dei punti minuti in una
Genova cresciuta nei secoli. Da lassù esce fuori l'architettura, che qui, più
che altrove, traduce l'uomo: fissa il1 forma un pel1siero mobile. Da lassù dove
l'uomo sparisce paradossalmente diventa più comprensibile la sua opera: il possibile
disegno di una voglia impossibile.
Grazie "Decimonono" per averci dato Genova da lassù.
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GLI ZINGARI UN'OMBRA
Gli zingari, un'ombra...
Con l'invito a ""volare alto" - rivoltoci dal sindaco - si dovrebbe, a mio parere,
partire da un "pensare altro".
Non ci sono ali da applicare su . un corpo per farlo volare, ma la capacità
di diventare aquila o gabbiano di un corpo nato ominide. L'uomo non lo può.
Gli zingari sono e rappresentano senz'altro un "corpo estraneo" in una società
sempre più omologala nei comportamenti e nei pensieri. Il rifiuto diventa naturale.
Eppure con loro ci è dato di "'vedere" noi stessi in modo diverso. Con loro
ci è data, con il rifiuto, la conoscenza. Ma quale conoscenza? Gli zingari sono
quello che non vorremmo essere e che avremmo potuto divenire (chiunque può nascere
zingaro).
Gli zingari sono l'ombra di una nostra possibilità. Ci ricordano, con comportamenti
antichi, arcaici, di un tribale che esiste e resiste anche in noi, chi siamo.
Chi siamo veramente.
L'ombra dello zingaro, non è un caso, ha fatto rivivere un quartiere; si sono
riconosciuti come comunità di fronte al "pericolo zingari". Pericolo che è identificazione
nel furto. Ecco, portandoci via "qualcosa", ci ridanno qualcosa d'altro: l'identità.
Sarà il caso di pensarci.
Fermarci; riuscire ad accogliere una diversità che è "nostra", poiché la "vediamo",
è prendere "ali". Volare non so.
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ANCORA SE QUESTO E'UN UOMO
Ancora se questo è un Uomo
Ancora a guardare, ora con gli occhi di televisioni e giornali, un altro dramma.
Ancora a guardare, con il ricordo delle parole di chi ha già visto: Primo Levi,
se questo è un uomo.
Ripetilo ancora, ogni volta.
Ricorda come "La mala novella di quanto, ad Auschwitz, è bastato animo all'uomo
di fare all'uomo."
E ancora qui, in Ruanda, a Sarajevo; in Somalia, Etiopia, a Srebrenica: se questo
è un uomo.
Ogni volta la domanda dove un potere ci divide tra "sommersi e salvati". Ma
ancora ci sarà un "Lorenzo" a farci vedere un uomo e a non farci dimenticare
d'essere noi stessi uomini.
E da voi tedeschi, che vi credevate i più potenti, che parlate la musica di
Goethe e cantate le parole di Mozart, abbiamo avuto la capacità di distruggere
l'uomo e di domandarci: se questo è un uomo.
E da voi serbi che credete in una vostra etnia, che pregate il nostro Dio e
avete il nostro paesaggio, continuiamo a vedere la capacità di uccidere e ci
fate domandare: se questo è un uomo.
Ma ancora potremo, in questa "coazione a ripetere", trovare l'interrogazione
per continuare a sperare?
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UNA CANZONE PER MEDICINA
Con la televisione scopro di avere problemi di udito: ascolto
troppe sciocchezze. E anche problemi di vista: vedo persone sempre più piccole.
Sarà che la televisione ci riflette senza pietà; sarà che il mondo messo tra
base e altezza ne perde una parte... ma io sto male.
Con i giornali scopro di aver problemi di mente: non riesco più a seguire un
discorso logico. I giornali a volte sono peggio della Tv e con gli occhi faccio
uno "zapping" demenziale.
Sarà l'impaginazione sarà il melange di notizie ravvicinate con titoli da "Rebus
della Sfinge"... ma io sto male.
Scendo in strada e vengo colto da panico; le automobili sono come animali a
sé: ruggiscono veloci o pascolano indisturbate sui marciapiedi. Sarà la mancanza
di spazi, sarà per lo scenario caotico... ma io sto male.
Siamo circondati, penso. Non c'è via di scampo. Poi apro un libro, vedo ridere
mia figlia, parlo con un amico, sento per caso una canzone di Vecchioni o Venditti...e
tutto passa.
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ARISTOCRAZIA OPERAIA
Il nascere in certi luoghi e in certe condizioni segna il destino.
Nascere a Sestri P. come a Sesto S. Giovanni voleva dire fare l'operaio. Voleva
dire formarsi una coscienza di classe: essere uomini uguali che producendo e
lottando volevano migliorare la loro condizione e insieme la società. In quei
grandi capannoni industriali si costruivano treni, aerei, navi e pezzi di storia
personale.
La fabbrica era una scuola di formazione non solo professionale; lì incontravi
gli altri uguali a te e imparavi che chi comandava là dentro comandava anche
fuori, nel mondo. Imparavi il sacrificio e la disciplina: stare al tuo posto
ed essere responsabile. Così si integrava un'educazione che nel tempo prendeva
forma di un soggetto e una morale nuova. Era quella aristocrazia operaia che
insieme all'amore per il proprio lavoro aveva coscienza di un compito storico.
La S. Giorgio e la Piaggio sembrano le ultime testimonianze, gli ultimi reperti
di una storia che pare già segnata.
Speriamo di no. Ora però i capannoni si sono svuotati e avviene quello che alcuni
storici chiamano "atomizzazione": ovvero ognuno è rimasto solo a conquistarsi
libertà e ricchezza, a cercare ancora nel lavoro un diritto e una dignità svuotata
dei contenuti di un tempo.
Così nascere in certi luoghi e in certe condizioni segna sempre il destino;
questa volta verso l'incertezza e la disperazione. Perciò è necessario ripensare
a una società che ci ritrovi uniti per obiettivi comuni di progresso.
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ADDIO A UN ARTISTA
E' morto improvvisamente Gianni Pugno, un artista, un insegnante
e un amico.
Ciao Gianni, era solo poco tempo che ti conoscevo; ci vedevamo tutti i giovedì,
due ore piacevoli di discorsi sull'arte e sulla vita, sulle gioie e gli affanni:
su di noi.
Era un piacere sentirsi e trovare una comunione di interessi e sentimenti, era
nata una amicizia. Era bello coniugare il gesto semplice di una ditata nella
creta o di una pennellata di colore con la grandezza di un pensiero capace di
andare "oltre". Gianni ci mancherai come lo spazio di vita riempito con l'arte.
Rileggo le cose che hai scritto per l'ultima mostra:
"...Un gruppo di amici dunque, che lavora insieme con gioia e non un corso d'arte.
La "bottega" dove ognuno, spesso, scherzando racconta se stesso". Chi ci racconterà
ora di te? Saranno anche le tue opere e quel sottile stupore che con esse comunicavi;
ora ce 1o lasci tutto con la tua improvvisa assenza. Ricordo l'ultima tua scultura
esposta, "II mistero svelato": ci sono figure attonite che davanti alla scoperta,
paiono aver perso qualcosa. Qualcosa di grande, forse un "prima" o un "dopo"
di un tempo astratto e che solo la morte fa nascere. Io ora sono così. Ciao
Gianni, per quello che ora vale... Grazie!
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PAPA' NATALE DOLORANTE
Qualcosa cambia. A Natale non c'è più quell'odore di cioccolato,
mandarini e arance, ci sono, sempre tante lucine ma pare, sparito l'incanto
nel vociare di televisioni e rumori d'auto. Eppure Buon Natale si dice ,sempre
e quello che significa ce lo auguriamo intimamente. E l'attesa di un evento
miracoloso: "Toh!" qualcosa accade.
Ma è solo una illusione collettiva e come per il dolore, la gioia condivisa
si stempra; così per certuni è un obbligo o un seccante impegno. Se ci penso,
per me, il Natale era già cambiato anni fa d'improvviso quella stessa notte.
L'imprecazione, ad una ginocchiata presa al buio, di mio padre mentre depositava
i regali di Natale sotto l'albero, mi aveva fatto conoscere la realtà: un papà
Natale dolorante nelle vesti di un papà maldestro e conformista come si addice
alla tradizione che con l'aggiunta di un "Porco...", riportava tutto all'umana
condizione.
Era così per me cessata l'infanzia. Nasceva l'adolescenza.
Buon Natale comunque a tutti: per chi ha progetti e chi li avrà. Buon Natale
specialmente ai bambini: sono loro che hanno da "natalare" il buono, da "natalare"
gli adulti con il gusto di crescere. Buon Natale.
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QUEL PICCOLO FASCISTA
II fascismo, con il nazismo, non è solo un fenomeno politico
ma è anche il disperato tentativo di fermare la capacità dell'uomo di andare
oltre il presente e prefigurare un mondo migliore. In tutti noi c'è un piccolo
fascista ed è rappresentato dalla parte più arcaica: è la forza della conservazione,
quello che ci tiene legati al sangue, alla tribù; a quella fame che doveva essere
ingordigia, a quella violenza che è anche crudeltà. E' il piccolo fascista che
ci impedisce di crescere e ci spinge a cercare un papà duce.
Allora ha senso legittimare un partito fascista? Certo che riunire tutti quelli
il cui il piccolo fascista. viene, inconsciamente o consciamente, assecondato,
è pericoloso; ma in verità è un partito che trasversalmente c'è già: è nel perbenismo,
in certa educazione e nell'assunzione di ruoli per la recita di un copione che
non ci vuole ne soli ne adulti.
Capita poi, è già capitato e speriamo non capiti più, che questo piccolo fascista
esploda come una psicologia di massa, allora il partito nascere. Non ci sarà
bisogno di norme o leggi, nascere forte e riunire tutti in una fascina dal colore
uniforme: nero o grigio, rosso o bruno, verde o blu poco importa; ci sarà un
condottiero, una bandiera e una divisa che potrà essere anche un semplice vestito
blu con cravatta regimental.
Poi con un po' di fame, un po' d'appetito e un nemico a scelta: l'immigrato,
il diverso, 1o zingaro, l'ebreo... II gioco è fatto. Di che altro c'è bisogno?
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LETTERA DI SEM
Lettera di Sem, senegalese triste.
Se sapesse scrivere in italiano, Sem Bakar senegalese, scriverebbe questa lettera:
"Cara mamma, sono arrivato in Italia una settimana fa dopo un lungo viaggio
pieno di imprevisti che ti racconterò un'altra volta. Sono arrivato con altri
15 fratelli : neri dentro un container nel porto di Genova. Alla dogana dopo
aver fatto vedere i soldi che avevo con me - tutti I nostri risparmi più i debiti-
mi hanno fatto un timbro che vale tre mesi di soggiorno.
Genova è piena di case che salgono fino sui monti, ma a trovarne una è difficile.
Con l'aiuto dell'amico Gora Adjie, dopo aver incontrato tanti fratelli neri
ho trovato un letto in uno stanzone dove ce n'erano altri dodici. Ho fatto subito
amicizia con i 6 neri , che ho incontrato lì dentro, erano i primi sorrisi che
vedevo dopo tanto tempo. Qui la gente ride poco anche se è piena di cose.
Ci sono negozi pieni di roba e Gora mi ha detto che si riesce a guadagnare qualcosa
vendendo oggetti che gli italiani gli danno da vendere per non pagare l'iva.
Diventerò un Vu' Cumprà, così qui chiamano tutti quelli come me. Per questo
ci fanno sentire tutti uguali. Per molti i tre mesi sono passati senza che siano
riusciti Il trovare un lavoro, C'è qualche italiano che in cambio di soldi riesce
a farti fare dei nuovi permessi.
Molti vorrebbero tornare a casa ma non se la sentono di ritornare più poveri
di quando sono partiti. Qui c'è chi ti presta soldi e merce e a questi poi si
deve tutto. Solo per dormire occorrono molti soldi. Ci sono poi dei ragazzi
italiani che chiamano "volontari" che ci aiutano e qualche volta li vediamo
più arrabbiati di noi. Hanno in programma una manifestazione e mi hanno invitato
dicendomi di portare il tamburo; anche a loro piace vederci suonare e ballare,
La notte è il momento della tristezza e qui è più buia.
Spero sempre di sognarvi. ma non capita mai; sogno sempre la polizia, sogno
sempre la strada che faccio ogni giorno, non ho mai avuto cosi tanta paura di
perdermi. Stanotte ho pianto e ho sentito dai letti vicini altri singhiozzi.
Genova è la prima città d'Europa che vedo. E' bella ma mi fa un po' paura. Chissà
mamma quando ci rivedremo."
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PARADISI
Ognuno disegna e pensa un suo Paradiso, io per un pò l'ho pensato
fisico, un luogo per epicurei. I nostri sistemi di misura e di fantasia di un
"al di là", sono sempre viziati da un "al di qua" e da tutto quello che lo riempie.
Al di là vivono idee e insieme proprio a queste noi continuiamo a vivere. Poi
con gli anni, il Paradiso, l'ho immaginato diversamente e ora il Papa ne fa
il luogo dei giusti: dell'incontro di tutti i giusti.
Anch'io penso che il Paradiso sia il luogo dell'incontro; perché no, non può
finire con la vita terrena l'amore per le persone più care. No, non possiamo
credere che non le rivedremo più. Lo so, ritorneremo. Lo so, non ci perderemo.
Chiamiamo Paradiso la ricompensa per i sacrifici, la dispensa della giustizia
con i conti sempre in sospeso. Ma se c'è una pena per il delitto, una restituzione
per il furto, c'è e ci deve essere un seguito all'amore. E' questione di tempo:
il tempo di far svanire la carne e le ossa, il tempo di un'epoca, di una moda
o di un destino ma in Paradiso noi ci rincontreremo. Non saremo noi con gli
stessi occhi, con le stesse mani; non saranno i nostri corpi avuti, le nostre
parole e voci a farci riconoscere, saremo noi in tutti a continuare l'amore.
Qualcosa vive in noi che non è nostro, è quello che da senso alla vita e alla
morte. E' quello che dà senso all'amore e noi sperimentandolo chiamiamo già
il Paradiso. Quale Paradiso diverso ci sarà? Quale esclusiva si può vantare?
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La RACCOMANDAZIONE
La raccomandazione è saltata alla ribalta nelle settimane scorse,
ma è sempre attuale; è all'ordine del giorno.
La raccomandazione non sò se è un fatto solo italiano ma è quello che più caratterizza
una mentalità, un costume. La raccomandazione ce l'hanno tutti, nessuno ne è
sprovvisto. Nessuno è immune alla raccomandazione e non occorre essere importanti
per farla e riceverla. Per tutto pare che servono amici, conoscenti, favori
e da un Picone qualunque si può arrivare al Papa: lo stesso Papa che ieri ci
ha raccomandato alla Madonna, anch'essa utile per raccomandarci a Dio...
Ecco, la raccomandazione è anche la più varia: se ti serve un posto in ospedale,
a volte, basta un barelliere o un infermiere; se ti serve lo sconto dal gommista
o dall'elettrauto a volte basta un conoscente del bar; se ti serve un lavoro
allora... Qui occorre giocare grosso, la merce è rara: non è bastato un Landolfi-
un presidente di commissione- e chissà....
Nel sottile gioco del dare-avere la raccomandazione è la premessa, a volte,
per fare accadere le cose più turpi: non necessariamente la ragnatela del favore
diventa intrigo ma di sicuro poggia su condizioni morali per quello che può
succedere. Senza raccomandazione non sei nessuno: non esisti. Così occorre che
qualcun' altro certifichi la nostra esistenza; dica di noi forse di più di quanto
lo sappiamo noi stessi. A chi è capitato di non chiederla? O anche di riceverla?
"Puoi fare qualcosa?".
La raccomandazione diventa la premessa di una società in cui non ci sono più
diritti ma favori discriminanti. Non voglio fare la morale, ma i nostri comportamenti
diffusi sono frutto di una cultura da sudditi, di subalterni che delega, con
il potere, lo soddisfacimento dei nostri bisogni.
Sulla raccomandazione prosperano professioni, categorie e carriere che sono
date ormai per scontate, accettate come normali. Cambiare? Forse: basterebbe
presentarsi sempre solo con il nostro nome e cognome, con la propria faccia,
con le proprie capacità e mancanze con la speranza di trovare "di là" un altro
simile, anche lui con il solo nome e cognome, la propria faccia e anche i nostri
bisogni. Intanto - cosa volete?- ieri mi sono raccomandato al fruttivendolo
per le mele: le volevo belle e buone.
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PER UN MONDO CHE SARA'
Per un mondo che (forse) ci sarà.
I G8 ovvero gli 8 Grandi della Terra, continuano a riunirsi con l'intento di
coordinare e difendere la propria competitività, crescita e ricchezza. Tutti
i G8 hanno ormai adottato il sistema ritenuto "migliore" del "libero mercato";
ma non si chiedono: liberi di fare che cosa e come? Se tutti gli altri paesi
della cosiddetta globalizzazione ( i più tanti e i più poveri) imitassero i
G8 il mondo scoppierebbe.
Ecco perchè è uscita la formula "sviluppo sostenibile": questo è lo sviluppo
che possiamo sopportare in termini di salvaguardia ambientale e che possiamo
anche proporre agli altri. Per ottenere ciò ci vorrebbe consapevolezza e responsabilità.
Possiamo continuare a fare automobili? Possiamo continuare a fare tanti rifiuti?
Possiamo continuare a mangiare così tanta carne? Possiamo? Non per noi, ma per
tutti; per quelli che non hanno i nostri supermercati, le nostre automobili,
le nostre autostrade? Se le avessero tutti, nel mondo, il mondo scoppierebbe.
Non avrebbe più animali (altroché fettine senza grasso), non avrebbe il petrolio
sufficiente (altroché 30 dollari al barile), non avrebbe più aria (altroché
marmitte catalitiche). Per questo è meglio tenerci i poveri nel mondo e far
finta di essere di destra o di sinistra...Ma per un mondo che (forse ) ci sarà,
l'unica strada è quella del cuore. Chi salverà l'uomo alla fine non sarà l'economia
ma la filosofia.
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POETI PERSI
Certo che è difficile essere poeti guardando la terra malata;
guardando l'uomo come un cattivo germe.
Certo che viene lo sconforto guardando questa società difficile da governare
dove vince il denaro e chi grida più forte; chi ha modelli estetici e spot più
che sostanza.
In effetti noi siamo persi o meglio scissi, divisi: viviamo la contraddizione
di comportamenti non sorretti dall'etica sociale. Quale eguaglianza, quale diritto,
quale giustizia si vive in un mondo dove la volgarità di nuove ricchezze, sprechi,
nuovi padroni e nuovi schiavi, sono gli interpreti principali?
Allorchè poeti e cittadini, possiamo decretare già la nostra sconfitta?
Per un momento ci solleva il cuore vedere i giovani del Giubileo, certamente
non solo italiani, giovani del mondo intero, rifiutare il consumismo, la carriera,
le guerre e le separazioni, ma poi tornati a casa e fuori dall'evento, sembrano
continuare la quotidianità dell'imbecille. Ma insomma, chi riempie le strade
a ferragosto e muore?
Chi decreta il successo di "Striscia la Notizia"? Del Mulino Bianco? Della mutanda
firmata "Dolce e Gabbana"?
Siamo noi scissi tra pensiero e azione, tra risparmio e mercato; noi divisi
tra sana intimità e "Grande Fratello".
Certo che contro il pessimismo della ragione dovrebbe venirci in soccorso l'ottimismo
della volontà: ma quale mondo vogliamo?
Il sogno persiste e a guardare bene quel marcio humus di vita è anche vita nuova.
Vita nuova rinasce sempre, così la speranza continua.
Certo è più difficile, ora che nello stesso istante ci scorre davanti l'opulenza
e la miseria, trovare il giusto equilibrio. Viene da chiudere porte e finestre
per riordinare la casa, ma che vale il nostro pulire?
Ancora ci sostiene un piccolo pensiero: ancora fiducia all'uomo. Io, anche solo,
sono un mondo intero e noi, anche scissi, siamo amore.
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BENVENUTE DONNE
Leggendo la storia in generale e quella dell'arte in particolare,
si ha l'impressione di essere davanti ad una storia tutta al maschile cui l'elemento
femminile, sempre presente, vigoroso, essenziale, è sul fondo: è nella rappresentazione
del gesto e delle opere.
A mio avviso c'è in, questa calca maschile, la ricerca di una femminilità che
sta nella capacità di trasformare il seme in frutto, di far nascere; una capacità
di contenere e ricondurre in ultima analisi a se stessi.
Poi, non saprei immaginare un Macchiavelli donna: la ricerca razionale di organizzare
la vita sociale pare strumento riservato all'uomo, alle sue doti ingegneristiche
e calcolatrici; eppure amministrare, formare, governare, sono risorse che senza
la componente femminile di far crescere, accudire ed intrecciare, rivelano solo
la politica dl un potere malvagio.
Benvenute allora donne.
La grande rivoluzione di questo secolo che finisce è soprattutto il dispiegarsi
delle donne nella società. Grazie alle donne, con la loro capacità di scuoterci
e perturbarci, ci hanno aiutato a far avanzare la consapevolezza. Ma c'è sempre
bisogno di ricordare così tanto? C'è bisogno d'afferrare un lembo di cielo per
immaginare questo universo che ci sovrasta? Penso di si, finche questa ragione
maschile comanda e illumina ciò che già si vede e sa che è nella donna ciò che
non sa e che più desidera.
Senza la componente femminile non andremmo "oltre".
Senza le donne ci rimane un sogno senza la capacità di sognare.
Senza le donne non avremmo vissuto. Non vivremmo. Ancora benvenute donne.
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RELIGIONE OGGI
Bellissimo e commovente il Giubileo dei giovani: sono cose
che rinnovano la speranza di un futuro di pace e progresso umano; ma... Ma di
alcune cose la chiesa cattolica dovrebbe rendere conto per la grande contraddizione
che sta alla base dei comportamenti dei cattolici con la propria religione.
L'uso dei contraccettivi: la negazione della pratica sessuale come piacere e
diritto naturale. L'indissolubilità del matrimonio religioso: che la Sacra Rota
poi pratica.
La discriminazione delle donne nella gerarchia ecclesiale, compensata dalla
mitizzazione della Madonna cui attribuisce il concepimento verginale: allo stato
attuale a chi interessa? Il perseguimento del potere e la sua compromissione
con quello secolare: diventandone di quest'ultimo l'antagonista...
Ma come si fa a negare cose che tutti fanno? Come rendere efficace un divieto
che si infrange continuamente? Semplice, per i cattolici c'è la confessione
per cui ci si libera dal peso per essere pronti a riprenderlo. Ma è giusta l'ostinazione
di non rivedere certi limiti?
Oggi ci possiamo domandare, alla data che porta il 2000 dopo Cristo, se la religione
cattolica sarà soppiantata dalla straordinaria tecnologia dei mondi virtuali.
Io credo, anche osservando questi giovani che affollano Roma, che la religione
cattolica e le religioni semplici rimarranno poichè hanno nel cuore la natura
dell'uomo dandone una spiegazione e preservandone il mistero dell'origine. Per
superare le contraddizioni si spera che la religione non abbia più l'ardire
di spiegare il funzionamento e il comportamento dell'uomo sociale e dei dieci
comandamenti se ne faccia sintesi: per la morale ne basterebbero 3 o 4 a reggere
il mondo: non ammazzare, non rubare, non testimoniare il falso con il fondamento
su tutto di amare il prossimo come se stessi. Un nuovo Deuteronomio: questo,
in fondo, questi giovani cercano.
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GENOMA E RAZZISMO
La mappatura del genoma ha stabilito con chiarezza che le razze
non esistono. Il concetto di razza che divide gli esseri umani è falso. Già
prima di questo era possibile affermare che le razze non esistono attraverso
l'unità dei simboli che accompagnano l'evoluzione degli uomini.
Eppure, proprio partendo tutti da un Dio Sole e da una Genesi divina, passaggio
obbligato tra l'inorganico e l'organico, si ci continua a dividere tra ariani
e semiti; cattolici e musulmani; buddhisti e indù: ci si divide solo per i diversi
percorsi culturali.
Per questo il razzismo esiste anche senza le razze. Evola, Gobineau o Spengler
definendo la nostra cultura, quella ariana - greco cristiana, superiore, hanno
fatto proseguire il razzismo. Il razzismo così diventa al di là delle paure
e dei rifiuti, l'ideologia che si fonda sulla propria presunta superiorità culturale
rispetto agli altri.
Leggendo le dichiarazioni di Biffi, un uomo della chiesa cattolica cristiana:
"no all'immigrazione musulmana"; si può dire che il razzismo prosegue.
A pensare che chi meglio di un cristiano, quando incontra uno straniero, può
dire che incontra un Dio camuffato? Può dire di più, dicendo anche che dove
c'è un uomo solo, c'è Dio?
Biffi dice cose semplicemente razziste.
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GENOVA 12 MARZO 2000
12 Marzo 2000
Stasera a Genova la guglia, del Teatro dell'Opera, è come un enorme dito che
segna il cielo; segna le stelle che non si vedono per il riverbero delle luci
di città, ma si sentono attraverso le dolci note di una festa.
Stasera a Genova il piatto, della fontana senz'acqua di De Ferrari, è come una
grande antenna parabolica rivolta al cielo: trasmette la musica di un suo figlio,
De Andrè.
Stasera Genova è il centro della musica, è il centro di un mondo che ha parole
vere, sentite, pesanti e leggere.
Ha parole di musica e musica di parole. Ha parole tristi, parole di pietà, ma
stasera diventano festa.
Festa dentro e fuori. Festa grande nei cuori.
Grazie Genova, grazie De Andrè
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DONAZIONI
Ho letto mercoledì 17 Maggio, nella rubrica delle "Lettere",
la richiesta della signora Bonomo di motivazioni su la "scelta consapevole"
alla donazione degli organi. Io ho questi pensieri...
Gentile Signora Gianna Bonomo, io ho già fatto la croce sul SI', sulla tessera
per la donazione di organi e tessuti; l'ho fatto forse istintivamente come lo
avrebbe fatto lei. Non mi sono posto domande. Da quando la tecnica umana ha
avuto questa possibilità per sconfiggere il male, si è aggiunta alla nostra
morte una ulteriore valenza: non si muore mai per nulla.
Quando ho firmato, ho pensato solo un momento se i miei organi e tessuti fossero
ancora buoni e se non li avessi già strapazzati abbastanza io, ma ho saputo
che non c'è limite di età alla donazione e i nostri organi e tessuti possono
sempre servire. Che bello!
Ho conosciuto, tempo fa, un signore a cui era stato trapiantato il cuore in
Francia; lui non ha conosciuto chi glielo aveva donato e ridendo mi diceva che
pensava fosse d'un moro - un giovane africano. Infatti diceva che sognava l'Africa
e si sentiva attratto da cose che prima non provava: ora gli piaceva il suono
dei tamburi. Ora non so se potrà essere utile il mio cuore o il mio fegato,
una mia cornea o un rene ma sono contento che qualcuno li possa usare; chissà
se poi amerà la scultura o la poesia...Mi assale un pensiero: in verità non
si muore mai. Rinasciamo sempre.
Gentile signora Gianna, io non sono in grado di fugare i suoi dubbi, spero solo
di renderli meno "atroci".
Allontanandoci dal pianeta Terra, mirandolo come una sfera azzurra, comprendiamo
come tutto alla fine sia un solo organo, un solo tessuto che ci fa vivere sempre.
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EMIGRAZIONI
L'emigrazione fa sempre paura, viene legata alla criminalità,
all'emarginazione e alla disoccupazione. Ne viene data responsabilità ai governi,
alle leggi ma si dimentica che la storia del mondo può essere letta come una
emigrazione continua.
Ora pretendere di fermarla con eserciti, leggi, è pura illusione; da sempre
i poveri sono attratti da quelli che considerano i paesi ricchi: l'Italia è
considerata uno di questi. Si potrebbe dimostrargli che non è oro tutto quel
che riluce; si potrebbe insegnarli che viviamo in un mondo di apparenze, di
finte luci e quel che si vede in TV è alla fine "business", ma sicuramente non
si fermeranno.
La fame, la miseria, che gli italiani ha ben conosciuto e ora dimenticato, ha
milioni di gambe, di occhi e di bocche.
Anche l'Europa, come gli U.S.A. ha i suoi messicani: sono gli africani e gli
albanesi.
Non ci resta che accoglierli con dignità e come risorsa. Intanto non riusciremo
a fermare quello che per certi versi è una strisciante deportazione, ovvero
lo sradicamento dalle famiglie di milioni di persone che pagano vivendo poi
situazioni degradanti ed una povertà ancora più offensiva di quella patita nei
loro paesi. Infine sono gli immigrati che mettono alla prova la nostra cristianità
e conseguente solidarietà. E' questa la vera sfida.
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NUDITA'
Questa estate mi sono imbattuto, lungo la spiaggia di Son Bou
a Minorca, in una colonia di nudisti. Il primo impatto è stato di imbarazzo
ma poi ho avvertito un senso di libertà e accettazione che mi ha fatto pensare
al percorso psicoanalitico, cioè al mettersi a nudo.
Si, perché quei corpi di tutte le età, erano corpi imperfetti, non erano i corpi
nudi che ora ammiriamo nei calendari e viziati da un ricercato estetismo.
Erano corpi che si muovevano in una dimensione naturale, si mostravano così
come erano: con flacidità, pieghe, striature o abbondanze, linearità ed elasticità.
Erano così, come erano, ed io vedevo in ciò del coraggio.
Mettere a nudo il corpo è forse una cosa non divisibile dal mettere a nudo anche
lo spirito. In fondo per essere felici bisogna sapersi spogliare e l'amore è
come un vestito: bisogna essere nudi per indossarlo.
Tutto alla faccia dei calendari o perchè no? Grazie anche ai calendari.
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GESU' RITORNA
Sono passati 2000 anni e se Gesù ritornasse, avrebbe di nuovo
da rivelarci quello che già ci ha detto: i confini delle nazioni sono di Cesare,
ma gli uomini e la Terra sono di Dio.
Gesù nascerebbe nuovamente in Palestina e discendente di Davide, scandalosamente
vestirebbe la kefiah; oppure sarebbe tra i profughi kosovari o clandestino senza
documenti si proclamerebbe fratello di tutti. Entrando in una chiesa cattolica
romana dopo 2000 anni, sarebbe confuso dalla quantità di altari: egli ci lasciò
una sola "agape"; Gesù rimarrebbe poi colpito dall'ostentazione di tutti quei
crocifissi:" Non sono io il Dio della morte, ma della vita. Non sono io l'eterno
sacrificio, ma l'eterna salvezza. Non ci sono già abbastanza lacrime nella vita
di ognuno per ricordarle in chiesa?". Gesù ci metterebbe davanti alla nostra
pochezza e come ci ostiniamo a farci del male e a trovare a partire dagli oroscopi
una ragione per tutto, basta che non sia nostra.
Ma già, quale Dio può essere nostro se non ci assomiglia? La verità è che Cristo
non ritorna perché non ci ha mai lasciato e morendo di fronte alla madre, lancia
un messaggio di liberazione: ogni uomo e riflesso del divino e via di libertà.
Così Cristo è attuale e vive in un perenne dolore: perciò egli nasce ogni giorno
sempre tra gli oppressi e gli ultimi della terra. Siamo forse noi i primi?
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L'ABBONATO RAI
L'anno scorso l'abbonato Rai, ovvero quasi tutti noi, era raffigurato
con una dissociazione della personalità: parlava da solo davanti ad ogni cosa,
un quadro o una statua; era un tipo complesso. Rai, di tutto di più.
Quest'anno invece l'abbonato Rai, sempre quasi tutti gli italiani, viene presentato
come un cretino che non vede l'ora di tornare a casa. Nello spot della Rai,
il supposto abbonato lascia l'amata fuori della porta o corre per la città solo
per dirigersi a casa. Per vedere cosa? Vespa? Quiz e show?
Io mi rifiuto in quanto abbonato ad essere così raffigurato: infatti non corro
a casa per vedere la Rai o la tv come un altro spot ormai della preistoria recitava:
Corri a casa, corri in fretta che c'è un Biscione che t'aspetta...In questo
momento Rai, Biscioni, Reti numerate o griffate possono attendere; l'abbonato,
per me mai come oggi, aspetta che la televisione cambi: esca da questa brutta
omologazione che fà dell'audience, ossia del mercato, il vero padrone. O che
forse sia vero il disegno che fa dell'abbonato un cittadino sempre di corsa
impegnato a passare dalla tv al supermercato e viceversa, alla conquista di
un "tutto e di più" targato Rai?
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UNA CITTA' CHE SI RINNOVA
E' un pensiero, ma da sempre lavoriamo per l'eternità: accumuliamo
ricchezze che non si riescono a spendere in una vita; costruiamo con pietre
un tempo riservate solo alle cattedrali. Abbiamo una concezione del tempo distorta,
come se fossimo immortali.
Così ci riconosciamo contemporanei soprattutto leggendoci nel volto lo sgomento
di essere qui ora tra sensi vietati e ruspe, qui insieme in una città che chiamammo
Genova.
E' un pensiero, ma oggi viviamo il cambiamento in modo tanto veloce da non accorgerci
che viviamo con le stesse voglie di ieri. Ma cosa vogliamo? Vogliamo tutto in
ordine. Tutto bello e pulito.
Così ogni volta rifacciamo la città, riprendiamo quello che abbiamo abbandonato.
In un enorme cantiere ci perdiamo sperando presto di uscire, di fermarci, di
sederci...non dimenticate le panchine, Genova, in centro, non ne ha.
E' un pensiero, ed è l'ultimo che fa sintesi, che finisce un lungo cammino:
è solo nostro, intimo, ma di sicuro lo lasciamo scolpito in una pietra messa
in piazza.
Scrivetelo oggi, in questo anno, là dove si lavora, se c'è anche una fontana
o anche solo quella, va bene: è il nostro orgoglio a Genova che si rifà.
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CERTI PICCOLI PROBLEMI
Ho ricevuto da "I Buonavoglia", l'invito per l'incontro di
giovedì 22 Febbraio per "Certi piccoli problemi: la sindrome di Sansone".
Anch'io sono un colpito dalla "sindrome di Sansone" non ho più le chiome. E'
già da diversi anni che una invisibile Dalila con una sottile strategia mi ha
privato poco a poco dei "bei capelli" fino a diventare "senza capelli".
Ogni tanto ci provo guardandomi allo specchio a immaginarmi con la chioma. Dieci
anni di meno, mi dico, dimostrerei. I capelli li farei scendere sugli occhi,
ci coprirei le orecchie, così tornerei negli anni '70 o giù di lì. Ma poi ora
son di moda le teste rasate e io ce l'ho già.
E' bello il cranio scoperto, una comodità, senza perdite di tempo in shampoo,
pettine e phon; c'è da mettere solo il berretto quando fa freddo o il sole picchia
un pò.
Ho provato, qualche tempo fa, a farmi crescere la barba quasi per un'inconscia
voglia di recuperare la massa erbosa a bilanciare una sparizione con altra peluria.
Ma era bianca, grigia e non mi andava, non era per l'aria da saggio che assumevo,
era perché non c'era corrispondenza nel guardarmi, nel sentirmi. In fondo è
solo per questo che i capelli io forse ce li ho già...già avuti, come l'età.
Ora sono contento dell'unica certezza che mi è rimasta, la mia Dalila, i capelli
non li perderà.
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*CAREZZE
C'è una teoria delle "carezze" che ci rivela come sia vitale per ognuno
di noi il bisogno di stimoli e riconoscimento che si può sintetizzare in un
bisogno di conferma d'esistenza.
Questo bisogno psicologico è vitale quanto quelli fisiologici poiché l'uomo
più che ogni essere vivente, ha bisogno che qualcuno gli dimostri che vive
e glielo confermi. Vivere significa avere un continuo scambio di relazioni;
ci ascoltiamo, ci amiamo, ci detestiamo, ci aiutiamo o malediciamo, tutto
in un sottile gioco per confermarci che ci siamo e viviamo. Viviamo con il
bisogno degli altri e dagli altri traiamo risposte e conferme alla nostra
vita. Insomma senza carezze non si vive.
Questo bisogno è sentito da ognuno in maniera diversa: c'è chi si accontenta
di un saluto, di una carezza, di un complimento come pure di uno schiaffo,
un insulto o una maledizione ( sì, perché anche queste, in negativo, sono
carezze, accorgimenti della nostra vita); chi insaziabile cerca mille amori,
grida al mondo le sue voglie o pazzie e chi non basta scatenare guerre e diventare
famosi in un qualsiasi campo dell'arte e no...In questa ultima categoria ci
sono gli attori, i presentatori televisivi, le star e soprattutto i politici
o quelli che possiamo definire i rompiscatole quotidiani.
Di questi ultimi, a mio avviso dovremmo riservare una particolare attenzione.
La politica è da sempre l'arte per ottenere quanto più si vuole dagli altri;
anzi la politica con la democrazia, non a caso, ha un'origine classica nel
teatro greco. La nascita della politica era rappresentata dalla tragedia:
il racconto era quasi sempre drammatico e il protagonista era l'eroe: l'eroe
tragico, appunto. Ora mentre per l'attore è scontata la recita e la finzione
per il politico è più difficile l'individuazione: fanno sul serio anche se
i copioni sono buffi. Ora hanno capito che la televisione rappresenta uno
straordinario strumento per ottenere le "carezze": garantisce da subito la
conoscenza e dà la possibilità di stimolare le reazioni più diverse sparando
cazzate e ragionamenti vari.
Così ci vengono propinati quotidianamente, per me, più che per le cose che
hanno da dire per il loro grande bisogno di conferma d'esistenza: non gli
bastano figli, mogli e amanti; non sono sufficienti lauti stipendi, immunità
varie, leccapiedi, portaborse e guardaspalle, vogliono noi.
Certamente non sono tutti uguali e della politica come dei politici ne abbiamo
bisogno, ma che abbiano coscienza del bisogno di conferma d'esistenza lo considero
fondamentale.
Propongo per valutare la fame di conferme d'esistenza di ognuno facendo attenzione:
a quanto promettono; ai proclami di salvezza; da quanto sono ossessionati
dall'aspetto fisico; da come si intendono leader come "capo branco" e da chi
ci vuole condurre, poichè vuole riconoscenza pensando di essere e volerci
migliori. La storia dei leader molte volte si ripete: dopo una tumultuosa
salita ecco il patatrac. Chi non riesce a legittimare questo bisogno, si chiude
in sé oppure entra in competizione con gli altri e con sé stesso fino all'eccesso.
Altre volte del bisogno di conferma d'esistenza ne siamo dipendenti e si fa
tutto in funzione di un'approvazione, di un riconoscimento perdendo una parte
di noi stessi per diventare come gli altri ci desiderano. Nasce da qui il
conflitto e tutto l'amore che desideriamo , lo surroghiamo in ricerca di fama,
successo, ricchezza.
Tutto questo per un attore, come sosteneva Szasz, può essere vivere una malattia
mentale senza fare danni; per il politico invece è disastroso e le conseguenze
le paghiamo tutti. Fermiamo questi politici prima.
* Pubblicato su - La Reppubblica-Il Lavoro (11/3/2001)-
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VIA DI PRE'
La prima volta che vidi via Prè, negli anni '60, era un vicolo malfamato,
sporco, pieno di odori di fritto, di profumi volgari; c'erano le prostitute
quasi ad ogni portone e i venditori di sigarette di contrabbando, di accendini,
preservativi americani, vibratori e giocatori delle tre tavolette. Tutto risuonava
di rumori, di stridii, di musica e i dialetti meridionali si confondevano
con parole straniere oltre che genovesi.
Mi ero inoltrato in Via di Prè spinto dalla cattiva fama che godeva, di posto
peccaminoso, pieno di malavita e malaffare. Era la mia trasgressione di quindicenne;
la voglia di vedere quel luogo al pari di un film vietato - all'epoca ai minori
di 16 anni. Là comprai il mio primo pacchetto di sigarette di contrabbando:
le lunghe Pall Mall, le "Palle Molle", così le chiamava il venditore che le
reclamizzava. Mi fermai al capanello dei giocatori delle "tre carte" e grandi
biglietti da 10000 lire, passavano di mano velocissimi; poi un fischio lungo
e: "la pula"- tutti a scappare. Fermo rimaneva il "bidonato" di turno, lo
sprovveduto che venuto da "fuori", era lì come me a gustare il mito di via
Prè.
Era la via di Prè degli anni '60, un angiporto di traffici marittimi e no
tra i più vari. C'erano regolarmente le reclute della Marina Militare americana
e vedere gli MP neri, massicci, con il manganello, era come essere sul set
di un immaginario film. Romanticismo? Non sò. Certo che non c'è da rimpiangere
nulla: sporcizia, criminalità, degrado, c'erano come ora. A quei tempi erano
frequenti le risse e dopo una certa ora di sera, vomito e ubriachi dappertutto.
Il vino con l'alcool facevano il loro effetto.
Ora è in corso una trasformazione radicale: via di Prè è morta ed è pronta
a rinascere, ma come sarà? Semplicemente non sarà più. Via Prè era così, per
quello che era e serviva: era di case malsane e di poca luce; era stretta
per le ragioni del tempo che fu.
Ora è tutta stravolta. Ora via di Prè non ha più ragione, ora continua nell'abbandono
da decenni. I lavori iniziati per il risanamento procedono con tempi biblici;
ma non ritornerà nulla come prima, nè meglio di prima: la si vuole, forse,
riproporre come una casbah o come quartiere africano?
Con un pò di coraggio amministrativo si poteva creare piazze, ridisegnarla
per renderla salubre, insomma la si poteva magari ricreare e riinventarla
come una novella Disneyland: come strada spettacolo del tempo che fu, del
come eravamo e non vorremo più essere. Invece Via di Prè cosa diventerà? Non
farà la fine della Commenda? Un contenitore vuoto, dopo miliardi spesi.
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CITTA' CHIUSA
19 Luglio 2001 - Genova, strade deserte come a ferragosto eppure
le sirene delle "volanti" suonano ininterrottamente: sono le forze di "teatro"
della scena dei cosiddetti grandi. Il latte a lunga c'è il pane anche, caffè
e biscotti pure...aspettiamo chiusi in casa che finisca la buriana. Con tanto
can- can se non succede nulla ce da rimanerci male. Stanno arrivando tutti:
le tute bianche, i doppiopetti blu, i portaborse e gli ordinatori, gli imbianchini,
i cantanti, i musicisti, i parlatori e il nonno di Giovanni ride e dice che
potrà dire: "io c'ero". Giovanni no, lui è partito per la campagna, quella a
ridosso la città: sono due fasce con due ulivi, si fa l'orto e si sentono gli
uccelli. Alla faccia della New Age, della Globalizzazione, degli Oroscopi, di
Nostradamus e dei G8; Giovanni ha lì il suo mondo. Ma non dicevamo di non pensare
al nostro orticello? Vola alto Giovanni con i suoi pensieri: per lui, quella
grossa pietra che spunta dalla terra è la crosta del mondo; c'era, c'è e ci
sarà ancora per chissà quanto. Un maledetto pensiero buddista lo ha preso...
Se la terra gira tutto deve passare di qua.
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VIAGGIO in ITALIA
Ho visitato la mostra al Ducale: "Viaggio in Italia". Il "viaggio",
per attraversare 4 secoli, dura solo qualche ora e con la giusta predisposizione
spirituale, si ci immerge in un itinerario di grande bellezza. Io di più, per
questo viaggio ho inforcato gli occhiali o meglio ho proseguito con un ininterrotto
"metti e leva" per dare modo, ad una presbiopia incalzante una miopia, di mettere
a fuoco la lunga teoria di quadri, didascalie, sculture e manoscritti; insieme
svolgevo anche il balletto di due passi avanti e tre indietro per trovare la
giusta luce sulle opere. Ma perché per il paese del sole un percorso nel nero?
Forse il nero dà più rilievo all'uscita dei colori, alla concentrazione, all'introspezione...Ma
poi? Poi forse è entrare in un sogno notturno dove compaiono nostri antenati
dal '500 in su. Qualcuno, tra questi volti, può riconoscere la bisnonna, lo
zio o un cugino lontano; ma no, i nostri antenati non erano così ricchi: lo
si intuiva dagli abiti, poi erano emaciati, scarni, quelli raffigurati sono
pingui e in carne. Però: come sono moderni. Chi ci prende per mano, per questo
viaggio, sono grandi scrittori, uomini d'ingegno e allora anche senza televisione
quante cose si riusciva a vedere; quante cose si imparava a guardare; per quante
cose c'era inaspettatamente tempo. Ed io, nel "Viaggio in Italia" ho guadagnato
due ore.
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LAVORO e VALORI ( pubblicato
sull'UNITA')
Cara Unità, una riflessione sul lavoro e valori.
Lavoro e valori, tre fonemi quasi intercambiabili per un mondo che si trasforma.
Il lavoro ha assunto valori riconosciuti al di là della sua reale accettazione:
il lavoro può diventare tutto. Perché uno studia da avvocato, medico, ingegnere?
Per guadagnare più soldi. Ovvio. Per gli attori o giornalisti, vale forse solo
il detto: "Sempre meglio di lavorare". Naturalmente scherzo. Si studia e si
scelgono certi lavori nient'altro che per il bisogno di fare soldi. Con questa
logica che abbiamo assimilato tutti, cosa può spingere a fare certi lavori,
definiti degradanti, se non l'accettazione di una propria condizione di bisogno?
Di miseria e inferiorità? Andare a lavorare in una miniera, in una fonderia
, non può essere perché animati da nobili intenzioni come qualcuno lo vanta
per i medici, ma per una questione di sopravvivenza. Questo lavoro così concepito
per paradosso ci ha tolto il lavoro: è il lavoro della logica di mercato e non
della ricchezza per tutti. Il lavoro come forma di auto stima e dignità è diventato
strumento di sopravvivenza o di privilegio. Mettiamo il dott. o avv. davanti
al nome indicando una professione quale riconoscimento sociale: ci siamo inventati
una identità in un rapporto di lavoro. Oggi si è arrivati, per paradosso, anche
a chi si presenta come Presidente Operaio. Ma chi è oggi l'operaio? O meglio,
esiste ancora l'operaio? Si, esiste: non è più classe ideologica; ma esiste
in quanto condizione, in quanto lavoratore tipico - ora che si parla sempre
più di lavoratori atipici. Gli operai sono i dipendenti salariati; oggi sono
i giovani diplomati, gli indistinti tecnici, gli specializzati vari, i sottoposti
a capi e capetti in una organizzazione del lavoro che dietro a neologismi inglesi
riporta a nuovo, il vecchio sfruttamento del lavoro. Ora il Presidente Operaio
sposa il decalogo della Confindustria. Il costo del lavoro e la flessibilità
sono da sempre i chiodi fissi degli industriali; ma mai come oggi abbiamo una
flessibilità selvaggia attuata con lavori interinali, contratti di formazione
insieme a salari sempre più bassi. Eppure tutto continua ad appiattirsi; tutto
è una marmellata, dove i valori vengono triturati e, oggi forse, sarebbe facile
avere un Operaio Presidente con le stesse idee di un Presidente Operaio: è la
cultura omogeneizzata. Infatti, anche gli operai votano Berlusconi. Ho visto
un'immagine del Presidente Operaio Berlusconi, con l'orologio sopra il polsino-
un vezzo da nuovi ricchi - copiato dall'Avvocato Presidente Agnelli; l'ho visto
fare anche ai nuovi operai...c'è da perdere la speranza; io mi auguro sia solo
per un momento. Ma ci sono ancora gli operai, portatori di solidarietà e nuovi
valori? Io penso di si, può esistere allora una società ed un lavoro dove ognuno
fa quello che immagina invece di produrre cose che si hanno già? Produrre cose
che ci arricchiscano tutti veramente? Se ci interrogassimo su quali cose ci
servono davvero si potrebbe decidere di farle un pò per uno insieme. Il resto
si potrebbe immaginare e fare, senza avere il bisogno di nessun Berlusconi.
Di nessun padrone. Il resto sarebbe vita. .
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LIMITI
Non accade mai nulla per caso e tutto ha una dimensione salutare;
perfino la malattia ha i suoi lati belli: per Montanelli ci libereremo di Berlusconi,
vaccinandoci, provandolo al governo. Così serio e serioso, impegnato e convinto
nelle mie idee di sinistra, perdendo le elezioni, scoprirò il limite: perché
fantasticare una visione del mondo dove far vivere tutti in armonia e felicità
quando non riesco, in pratica, a farmi ubbidire dalla mia gatta? Le sconfitte
possono essere educative. Governare un mondo che ci è sempre più straniero è
una sfida ardua. In altri tempi Prezzolini diceva che governare gli italiani,
non è difficile, è inutile; ora invece viviamo una fase in cui si è perdenti
non come fazione, ma come cultura. L'uomo di Kafka è qui: siamo diventati tutti
stranieri a noi stessi; così oltre che perdenti si ci sente persi...Eccetto
Berlusconi lui dice che vince e vincerà. Per questo toccherà a lui l'arduo compito
di governare, anzi comandare perché per lui è questione di comando: lo farà
con gli spot ( ricordate lo stampino: "FATTO"?).Berlusconi potrà fare la squadra
di pallone della Nazionale; rifare la Costituzione; abbassare le tasse, fornendo
ad ogni cittadino una società off-shore; fornire i libri di storia gratis alle
scuole: "Una storia italiana"; salvare la patria, ridarci la democrazia; metterà
i suoi avvocati a disposizione di tutti i poveri perseguitati dai magistrati
come lui...Tante cose avrà da fare, ma lui ci riuscirà: non conosce limiti...Poi
infine ci libereremo di lui o forse anche lui si libererà di noi...D'altronde
sono sempre i migliori i primi ad andarsene: questo è forse il suo solo limite.
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BEPIN
E' morto poco tempo fa Bepin, è morto comunista: comunista
italiano.
Ci teneva a rimarcarlo, sebbene nei suoi 75 anni, l'URSS era stata vissuta in
diversi modi e all'inizio era stata la sua vera patria: con Berlinguer se ne
era poi decretata la fine propulsiva per il mondo socialista. Con la caduta
dell'URSS, alcuni anni dopo, rimanevano la Cina, Cuba e chissà quale altro paese;
per questo si sentiva sempre più italiano: comunista italiano, il più grande
partito dell'occidente.
Se in Italia era arrivata o ritornata la democrazia e la libertà lo si doveva
non agli americani ma al sangue, il sacrificio e la volontà di tantissimi uomini
comunisti. Per Bepin la democrazia non era poi veramente arrivata, come la libertà
in effetti non era ritornata, perché semplicemente non c'era mai stata. Questa
democrazia che viviamo pur piena di difetti, di mancanze, era frutto anche dell'azione
politica dei comunisti italiani. La Costituzione ha in calce la firma di Umberto
Terracini, un comunista a cui cavalieri e fantini; preti e cardinali; leader
e premier, "non sarebbero degni di allacciarli i calzari". Questo pensava Bepin
e lo penso anch'io.
La qualità degli uomini è rapportata senz'altro alla loro storia personale e
collettiva. Bepin molte volte pensava, marxisticamente, che il "nuovo" è in
linea di massima sempre migliore del "vecchio". Doveva essere un "nuovo" costruito
dalle masse, dalla "lotta di classe"; si doveva costruire una "nuova umanità",
una nuova società, un nuovo sviluppo.
Bepin è morto non vedendo il "nuovo" anzi cominciava a pensare che forse era
meglio il "vecchio"; il vecchio come lo era diventato lui; Il vecchio come lo
erano invecchiati gli amici; il vecchio che, mai come ora, aveva ripreso il
sapore del "nuovo". Bello sarebbe ritrovare i giusti nemici, avversari: erano
i padroni, gli antidemocratici, chi negava la libertà. Erano i ricchi, non in
quanto tali, ma i ricchi malgrado loro: l'altra classe. Bepin era in questo
un uomo di grande qualità: mai avrebbe sopportato di possedere un'auto di lusso,
ville, amanti o altri beni ritenuti superflui. Egli aveva sposato l'etica e
l'austerità e non servivano molti discorsi a mettere a tacere i sempre "nuovi"
anticomunisti (italiani), gli bastava dire: io sono quà.
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VIRGOLE e MISTERI
Con l'Euro ritornano i centesimi, ritorna un antico valore.
Nella nostra economia erano già da tempo spariti i centesimi e per "arrotondamento",
in verità erano sparite anche i decimi, le decine. Con l'Euro inizia così un
nuovo tempo e un nuovo ciclo: conteremo i centesimi di denaro, di valore e per
simbologia - perché no?- di ricchezza, di energia. Con i centesimi rispunta
nei conti la virgola, un intermezzo, una sospensione, che mi pare oggi, più
che mai necessaria. Dietro quella virgola ci starà la differenza, la più varia.
Dopo quella virgola potremo contare il risparmio o il guadagno meglio di prima
e, sempre per simbolo, rimarcare la diversità di un senso uniformante.
Paradossalmente, con l'Euro e l'introduzione dei centesimi, spariscono altre
differenze: le tante monete europee. Franchi, Marchi, Lire, Pesetas e Dracme:
nomi, segni e suoni vari verranno riassunti da un unico segno e suono dell'Euro.
Ma, noi della Lira, avremo la virgola mancante.
A proposito ho provato a dividere le 50.000 Lire per l'Euro ed è uscito 25virgola822...sono
ritornato indietro e mi è risultato 49.999virgola998. Dove è finito lo 0virgola02?
Dietro la virgola anche il mistero...
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VACCINI
Allora siamo pronti per il vaccino? Montanelli ha detto che
per guarire dalla malattia di Berlusconi bisognerà vaccinarsi: "dovremo provarlo
al governo e poi ce ne sbarazzeremo definitivamente". Concordo. Ma io, ch e
ho già sviluppato gli anticorpi di Berlusconi - sono gli stessi che combattono
contro il fascismo, contro i superuomini, i leader, i boss salvatori di patrie
virtuali e interessi personali - cosa devo fare?
Parafrasando Ferlinghetti (poeta americano della beat generation), mi verrebbe
da dire a tutti:
venite, andiamo; per un po' non ci vediamo.
Mancheremo a tutti gli appuntamenti e non ci preoccuperemo più dei pagamenti,
che vengano pure a prendersi tutto, non piangeremo per il lutto.
Venite, andiamo, lasciamo qui pure le scartoffie e la bigiotteria; per un po'
di tempo staremo via.
Ma non disperate, ritorneremo con la barba incolta e fili d'erba sulla schiena;
ritorneremo fra qualche anno: perché, loro, i cosiddetti vincitori non ci avranno.
Ritorneremo sull'onda di uno scontento e sarete sempre voi che ora applaudite
allo sconcerto, voi che sentite da che parte gira il vento; voi che senza di
noi avete perso, a reclamarci.
Ma perché aspettare? Ma perché poi, loro avrebbero vinto? E se usassimo l'omeopatia?
Piccole infinitesimali sostanze ci possono guarire ugualmente sviluppando la
memoria: la memoria dei "CAF" trascorsi. Poi un po' di raccoglimento e una piccola
croce al posto giusto et voilà: si guarisce già.
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CONFORMISMI
C'è un conformismo che è dato dall'uniformità dei comportamenti
propri di una società consumistica e regolata dalle leggi di mercato. Questa
uniformità, pare a me, anch'essa regolata dall'entropia o seconda legge della
termodinamica che afferma come tutti i processi fisici che sviluppano calore
vanno in una unica direzione: dall'ordine al disordine. Così il calore delle
passioni, delle lotte, dei sentimenti viene stemprato in un crogiolo dove tutto
fonde e sfuma. Così abbiamo una società sempre più disordinata ma omologa. E'
un pò come mescolare delle palline bianche e nere facendole diventare tutte
grigie. Questo è il grigiore della cultura d'oggi. All'apice si candida per
"salvarci" da questa società, un campione del conformismo dilagante ed è probabile
che vinca. Vincerà, forse, un campione della televisione, un campione degli
spot; lo stesso che detta le regole di convivenza e ci fornisce anche il prodotto
- produttore per applicarle. Infatti oggi si fa paradossalmente il processo
alla volgarità televisiva per nascondere la volgarità del pensiero unico che
predica la libertà e pratica la censura; vuole la legalità perseguendo i disgraziati
senza permesso di soggiorno e non chi ruba in giacca e cravatta a tutti noi
con i falsi in bilancio. Non so chi veramente alla fine ci salverà. Forse sarà
un marziano: sarà un uomo che non riesce a leggere la pubblicità; sarà un uomo
che viene da lontano, che ha attraversato il deserto e non conosce più il linguaggio
di questa società. Ma a pensarci non di salvatori abbiamo bisogno, ma di interrogazioni,
di silenzio e di verità. Abbiamo bisogno di inventarci una nuova società, senza
questi protagonisti; pensarla senza di loro è già un fatto che ci fa uscire
dall'uniformità: diventiamo nuove palline colorate che sfuggono al fuoco e vanno
controcorrente.
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POLITICA e MORALE
L'articolo di G. Bocca: "Tutti i complici dello stragismo"
è forte, è giusto. Oggi c'è la continua ricerca per fare dimenticare e cancellare
una pagina di storia sempre attuale. Ancora continuano i comportamenti dei corruttori.
Ancora continua Tangentopoli. Ancora la politica è sganciata dall'etica: oggi,
come sempre, è decisa dai soldi e dagli affari. Ancora i cittadini chiamano
i politici ladri, seppure poi votano chi questi ladri difende. Ancora le verità
giudiziarie non bastano a fare luce e pulizia sugli scandali nazionali. Guardateli
in faccia i , pseudo nuovi, potenti: erano le seconde file del potere di ieri.
Oggi ci si indigna per i disgraziati, per i clandestini, per gli scippi mentre
in giacca e cravatta, sorridenti e intervistati su tutto, giornalmente in televisione,
altri ladri continuano imperterriti a fregarci non solo i soldi ma più pericolosamente
anche la democrazia. E' giusta l'esortazione di Amato a tornare ad una politica
che non perda il legame con la morale e, aggiungo io, con la vera giustizia
sociale.
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PRRRRRR......
Anch'io a 20 anni mi sentivo il migliore, ero al centro del
mondo: il mio. Crescevo e con me aumentava l'IO. Io ero tutto. Che ero il migliore
me lo dicevo da solo, a vent'anni. Poi sono cresciuto davvero, in un'altra maniera:
non ho accumulato capitali, ricchezze o proprietà, ho solo arricchito il sapere
di me: di essere pieno di limiti e per questo insieme avere grandi ricchezze
di sentimenti e di amore. Essere il migliore non mi interessava più, perché
senza gli altri non si è niente; men che meno il migliore. Pensare "io sono
quello che ha fatto" invece di "io sono quello che è", è un fraintedimento che
può portare a fare chissà cosa. Può portare a clonarsi, a perpetuarsi in tanti
robot che fanno...fanno...fanno. E poi? Anche i migliori muoiono e son sempre
quelli che se ne vanno per primi. Così si dice. Tiè! (Il migliore non usa corna
e non tocca ferro: è superiore) Che c'è da dire? Guardatevi dai migliori e da
chi si attribuisce il titolo da solo. Se poi se lo attribuisce chi ha 65 anni
ed è sull'orlo dell'arteriosclerosi, merita anche il pernacchio di eduardiana
memoria: dopo aver scandito bene il nome dell'On. Dott. Ing. Cav. Uff. Silvio
Berlusconi...PRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR....
indice
BERLUSCONI IMBIANCHINO
Dopo il Berlusconi operaio, il Berlusconi contadino, il Berlusconi
artigiano a Genova abbiamo visto il Berlusconi imbianchino: appena ha visto
un palazzo dalla facciata un pò malconcia ha proposto di dargli una mano di
pittura con la scala dei pompieri. Berlusconi ha poi suggerito di levare alcuni
cartelloni della pubblicità: proprio lui, che ha invaso con la sua faccia, da
quasi un anno, tutti i cartelloni pubblicitari, ora propone di levarli. Le elezioni
ormai le ha vinte e ora con 6 televisioni più la 7 possono bastare. Via i cartelloni,
via le antenne, due fiori e un pò di pittura e il gioco è fatto; d'altronde
la facciata è di sua competenza. Poi possono arrivare gli altri 7 grandi. Ed
io che pensavo di accoglierli con un grande striscione con scritto, "Genova,
città deberlusconizzata" , mi devo ricredere: metterà il marchio anche qui,
sebbene lui Genova non l'avrebbe mai scelta.
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GOVERNO MASCHIO
Ridotta a due presenze la componente femminile nel governo
Berlusconi.
La destra così dimostra, insieme al dispregio per l'ambiente, anche l'insensibilità
per la capacità femminile.
C'è un frammento di folklore, riferito dall'antropologo Graham, che segnala
come si usasse, una volta, al momento dell'eiaculazione, fare afferrare dalla
moglie il testicolo sinistro del marito e strizzarlo al fine di impedire una
discendenza femminile. La femminilità era qualcosa di sbagliato ed è stata associata
alla parte sinistra. Così il maschile è superiore e il femminile l'inferiore.
E' conseguente, non a caso, che la politica di destra rappresenti il maschile
come forza, monocultura, machismo; mentre invece la sinistra sia arrendevolezza,
varietà, colori e più vicina al femminile.
C'è qualcosa, a mio parere, di profondo che divide la destra dalla sinistra;
non è qualcosa di visibile all'istante, quello che divide non è un modello,
che potrebbe risultare un contro-modello speculare alla destra, ma è anche la
capacità, insegnata dall'universo femminile, di scuoterci e perturbarci per
far avanzare la consapevolezza. Quelle femminili sono doti essenziali; questo
divide, a mio avviso, la destra dalla sinistra. Io non so se a Berlusconi hanno
strizzato qualcosa, durante "l'amplesso" da presidente incaricato, certo è che
rivela di essere prigioniero del conformismo più bieco e dei bilancini politici
maschili.
Berlusconi con questo governo ha aumentato i ministeri diminuendo il peso del
femminile; con ciò rimarca la mancanza della ricchezza più vera e dello spirito
universale che sempre dovrebbe guidare le scelte.
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GONDONI
A Genova si usa l'epiteto "gondone" al pari di canaglia o mascalzone.
Il "gondone" ha origine dal "condom" il comune preservativo: il tubetto di gomma
da calzare prima di un rapporto sessuale. Eppure il gondone ha salvato delle
famiglie ed ora preserva soprattutto dal contagio dell'AIDS.
Eppure, il gondone , è anch'esso condannato dalla chiesa cattolica; però meno
male che non è stato oggetto di obiezione di coscienza da parte dei farmacisti
come la "pillola del giorno dopo".
Forse perchè è usato solo dai maschi? Non è al pari della pillola che regola
il ciclo mestruale e anch'essa negata dalla chiesa?
Con un pò di informazione si saprebbe che la "pillola del giorno dopo" è la
stessa "pillola del giorno prima". Allora? Scopriamo negli obiettori soltanto
dei peccatori che ci vogliono salvaguardare dai nostri peccati. Vogliono impedire,
a dir loro, di assassinare, di uccidere la vita umana.
Dicono, ma quanta vita si uccide e si è ucciso con la miseria? Con l'ignoranza?
Con il ritenersi dalla parte di Dio? Gott mitt uns? Non uccide anche l'intolleranza?
Per i cattolici alla fine con un "PaterAveGloria", tutto si perdona, tutto ricomincia
e tutto si ricompatta.
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VIAGGI
La nostra vita, come un viaggio, progredisce sempre tra la
disperazione e la felicità, tra la gioia e lo scontento; sarà per questo che
in inglese travel (viaggio) e travail (travaglio) hanno la stessa radice.
Tutto si rapporta con il movimento, con l'avanzare. Perciò possiamo comprendere,
senza nessuna meraviglia, perché Pascal individuasse la causa dell'infelicità
umana nell'incapacità di restarsene tranquillamente seduti nella propria stanza.
Così siamo presi da quell'inquietudine, bene descritta da Chatwin, che ci fa
viaggiare, ma certo con il tempo dell'estate come tempo di viaggi, non ci fa
viaggiatori: partiamo sempre con il biglietto di ritorno ed entriamo per questo
nella categoria "turisti". Il vero viaggiatore, si dice, non sa mai quando ritorna
e se ritorna. Io sto sperimentando il viaggio e fare il viaggiatore attraverso
un libro. Le parole camminano: sono come i pensieri che corrono lungo le righe
di un libro stampato. Il libro è "Strade Blu" di Heat Least Moon: il libro che
sto leggendo.
Allora salgo anch'io idealmente sul "Ghost Dancing", l'auto con cui l'autore
ha "circumnavigato" l'America e vivo anch'io l'avventura, la scoperta del paesaggio,
degli uomini, dell'anima dell'America... A metà libro e a metà percorso, dopo
700 miglia, l'autore leggendo "La Sacra Pipa" di Alce Nero scopre che tutto
quello che aveva visto era se stesso: "il viaggio sulle strade impervie sono
per chi vive per sè e non per gli altri". Prima di partire veramente devo sapere
se sono pronto al viaggio.
E' bene sapere chi è che viaggia, chi vuole andare: un ego, un Ulisse, un infelice
o semplicemente me stesso.
Voi lo sapete? O forse il fine del viaggio è il viaggio stesso?
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POLIZIE
Dopo il G8, ha ragione Maggiani a domandarsi se ci sono due
polizie. Sì, ci sono due polizie e tanti poliziotti.
Un dì, ormai lontano, c'era la scelta per tanti figli del Sud tra essere "Guardie
o Ladri" e così si formavano i poliziotti: diventavano poi i "celerini" di Scelba;
ma quella era un'altra storia. Trasformandosi la società è cambiata la polizia
e forse tranne i Carabinieri -"nei Secoli Fedeli" alla Monarchia, al Fascismo
e alla Repubblica- è cambiato tutto.
Nel frattempo non si dimenticano i poliziotti morti a Palermo come Boris Juliano,
la scorta di Falcone e di Borsellino, i tanti altri poliziotti tutti esempio
di sacrifici e abnegazione per garantire la nostra sicurezza e convivenza civile.
Quei poliziotti hanno avvicinato molti giovani alle istituzioni e a combattere
per gli ideali di giustizia. Non si dimenticano neppure i poliziotti criminali
della Uno Bianca o i militari torturatori in Somalia - a proposito, che fine
hanno fatto? Questo per ribadire che il "male" è dappertutto.
Ma oggi chi sono questi carabinieri e poliziotti che inneggiano a Pinochet,
gridano "comunisti di merda" e usano con disinvoltura calci e manganello? Di
certo sono ragazzi con una sufficiente scolarizzazione, ma quale cultura? Di
certo la struttura militare non aiuta a maturare con ordini tipo: "non parlate,
non domandate, non pensate". Di certo è tutto molto frustrante; ma alla fine
è vero che su migliaia di poliziotti, solo un centinaio ha sbracato o ha ecceduto
- per usare il loro linguaggio. A proposito perché i poliziotti graduati parlano
come se riempissero dei verbali?
Per questo serve un'indagine accurata e la punizione di chi ha sbagliato; perché
chi indossa una divisa sia riconoscibile sempre come "giusto" e non tolga la
speranza che il Diritto e la Giustizia alla fine trionfi. Almeno così succede
anche nei film americani, con i poliziotti più cattivi, corrotti e rozzi del
mondo, dove un Serpico fa ricredere tutti e le due polizie ritornano una.
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BERLUSCONI NON DURERA'...
Berlusconi non durerà e non cambierà l'Italia.
Quello che dovrebbe essere l'occasione di cambiamento, di ammodernamento della
società, è in realtà una antica ricetta, un vecchio percorso: la ricetta liberista
del mercato senza regole.
Creare ricchezza senza controllo non farà crescere i ricchi ma aumentare i
poveri. Come succede sempre. La spirale capitalista costringe a crescere,
ad arricchirsi senza sosta; è inflessibile o ti espandi o muori. Avanti così
cosa succederà? Chi crede al nuovo miracolo italiano? Basterà licenziare?
Basterà convivere con la mafia? Basterà la legge del più forte e furbo? La
ricchezza che creiamo, non è destinata alle generazioni future perchè l'inquinamento,
il disastro ambientale, peserà sullo sviluppo del prossimo futuro. Questo
è il debito incancellabile che lasciamo ai nostri figli. Berlusconi, mostrerà
infine, ed ha già iniziato, quali sono i suoi veri interessi: via il falso
in bilancio, libere donazioni ai supermiliardari - infatti ha subito regalato
lo yacht al figlio Pier Silvio- mano libera sulle televisioni, via alle grandi
opere pubbliche senza controlli - via nuovamente alle tangenti- Intanto i
pensionati possono aspettare il milione di minima, i malati la sanità superefficiente,
ma si continuerà a diventare ricchi con l'enalotto e i superquiz televisivi.
Chi ha votato Berlusconi si avvederà?
(pubblicato sull'Unità il 29 Agosto 2001e sul SECOLO XIX il
4 Settembre 2001)
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I VERI BIPOLARI
Con l'avvento del bipolarismo ad ogni fine di legislatura,
ogni 5 anni, cambiando la maggioranza di governo si cambierà tutto? Si avrà
una nuova riforma scolastica? Una nuova legge federalista? Una nuova Sanità?
Una nuova legge che regolamenti il conflitto di interessi?...Insomma con il
bipolarismo dobbiamo imparare a vivere nel provvisorio e ne l'improvvisato,
nel relativo e nell'aleatorio.
In democrazia niente è conquistato per sempre. Ricordo quando alla fine degli
anni '70 si cercava di estendere l'art.18 dello Statuto dei Lavoratori, quello
che impone la "giusta causa" per i licenziamenti, anche alle azienda sotto i
15 dipendenti. Si cercava di dare un diritto a tutti i lavoratori dipendenti:
ora con la vittoria della destra si cerca di smantellare questo diritto.
Ricordo anche che E. Berlinguer aveva definito elementi di socialismo, che potevano
convivere con il capitalismo, le riforme e le conquiste delle parti più deboli
della società. Ci sono voluti decenni di sacrifici e battaglie per garantire
diritti alle fasce meno tutelate della popolazione ma ora si tenta di scardinare
tutto l'impianto riformatore. Chi si ricorda di DeLorenzo e Poggiolini? Era
l'inizio di una riforma sanitaria piena di storture e tentativi di affossarla:
c'è voluto l'impegno di diverse legislature e la volontà del ministro Rosi Bindi
per portarla a compimento vincendo le baronie, i privilegi e le mangiatoie:
ora si vuole andare daccapo. Speriamo di non dovere, con il senno di poi, proclamare
santa Rosi Bindi. La scuola pubblica dopo 50 anni aveva avviato i nuovi cicli
scolastici, ora si è bloccata la riforma: si dovrà aspettare altri 50 anni?
Si è fatta, a fine legislatura passata, una riforma federalista, ma una "devoluzione"
incombe, contrabbandata dai politici, come una rivoluzione. Siamo tutti d'accordo
per l'autogoverno, ma cosa ci sarà di rivoluzionario? Non sarà solo ripartire
la spesa? Un problema di amministrazione?
Alla fine le grandi libertà proclamate si rivelano delle questioni di borsa:
tasse da evadere e scambi da contrabbandare. I poveri, la grande massa degli
elettori, continueranno ad ogni tornata elettorale, a bersi le sparate di una
classe politica sempre più lontana, sempre più ricca, molto ricca, alla faccia
dei poveri che non cambiano mai: i veri bipolari.
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NEW YORK
Ogni epoca ha avuto, per l'occidente, una città che la rappresentava:
ha avuto la sua capitale. Così abbiamo avuto Atene, Roma, Firenze, Vienna, Parigi,
Londra, Berlino e oggi abbiamo New York.
New York è il nostro mondo nel bene e nel male: c'è l'intelligenza, la ricchezza,
la violenza, la povertà, la contraddizione; insomma ci siamo noi che seppure
lontani nella geografia, chi lo è nei pensieri? Da ogni parte noi guardiamo
là: guardiamo New York e seppure con sei ore di ritardo da noi, la inseguiamo.
Per quelli della mia generazione che hanno giocato ai cow boy prima e amato
il cinema poi, New York è l'America. New York è una canzone, un film di Scorsese
e tanti altri film, è King Kong; è "colazione da Tiffany", "A piedi nudi nel
parco", fino alla Manhattan di Allen passando per Broadway (Mel Rose), senza
scordare di dare uno sguardo dal ponte di Brooklyn, al Bronx, ad Harlem ed il
Greenwich Village.
Io che non sono mai stato a New York, non sò come ma, la conosco. Scenario di
innumerevoli film e telefilm, raccontata da tanti romanzi letti, io New York,
penso d'averla già "girata". Poi ancora ci sono altri film che raccontano l'America
in crisi: Americani oggi, American Beauty; fino alle metafore dell'occidente
e del potere e sulla rinascita, da Traffic a A Civil Action. Anche questa è
l'America che risuona, tra violenze, umanità, drammi e speranze, nelle nostre
coscienze. L'America dei film, i nostri film, oggi ci ha dato paradossalmente
un altro film che è invece la crudele realtà: la verità di morte e terrore.
Oggi sappiamo meglio la grandezza dell'orrore: oltre 5000 morti che si chiamano
ancora dispersi. Ma dispersi, oggi siamo un pò tutti. Ora sconvolto mi fermo
a quell' 11 Settembre 2001 alle ore 14,45: quel tremendo colpo mortale ha ucciso
un pò anche me.
Oggi, così con un flash back, rivedo cantare l'inno americano con la voce rotta
dei superstiti del film "il Cacciatore"....Dov'è oggi la nostra capitale? Dov'è
oggi l'occidente? Abbiamo solo bisogno della pace per ritrovarci. Abbiamo bisogno
di un'altra forza, non quella delle armi, per rinascere.
(pubblicato su La Repubblica -22 Settembre 2001-)
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SUQ
Quest'anno come per magia è bastata una poesia di Giuseppe
Conte e il Suq è iniziato. Suoni, luci, colori e odori si impadroniscono subito
dell'aria e ci trasportano lontano. Dove sono? In Marocco, Somalia o Senegal?
Sono in Sud America o in Eritrea? Sono semplicemente a Genova, alla Loggia della
Mercanzia, al Suq.
Grazie alle cure di Valentina e Carla, Genova per il terzo anno si può immergere
nell'atmosfera del mercato arabo, o meglio come suggerisce il sottotitolo, in
un festival multietnico.
Al Suq ho comprato un dolce, ho comprato una bibita e ho ascoltato lingue a
me sconosciute, ma non per questo meno belle; ho incontrato due amici e visto
danzare una bella donna in tunica nera.
Tutto al Suq. Al Suq c'è aria di festa e meno male che la guerra qui non risuona,
è un bene per i bambini che sono tanti e allegri; è un bene che gli spari sono
solo percussioni di tamburi.
Tutto al Suq. Dentro al Suq c'è la pace e tra i due minareti della scenografia
si svolge lo spettacolo di noi; guardiamo, annusiamo e ci scopriamo che ci conosciamo
già. Grazie al Suq.
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PACE
Domenica 14 Ottobre sarò a marciare ad Assisi per la pace.
Ancora e sempre a parlare di pace; come se la guerra fosse una condizione naturale,
come se il terrore e la guerra una normalità.
Ma allora è vero quello che sosteneva M. Klein: "L'uomo nasce cattivo e passa
la vita cercando di diventare buono. Non sempre ci riesce.". Se non è così,
può essere anche perché l'educazione all'amore e alla libertà non l'abbiamo
mai raggiunta. Ci sovviene a condizionarci, o forse meglio a rispondere al desiderio
di spiritualità e di trascendenza della nostra vita quotidiana, afflitta da
altre volgari aspirazioni, la religione. La religiosità, quella dei padri e
del luogo; quella dei costumi ci plasma e diventa supporto alla cultura del
come stare insieme. Ma perché quello che ci dovrebbe salvare ci fa perdere?
Perché un Dio che ci ha fatto a sua immagine e somiglianza alla fine ci somiglia
così tanto da essere raffigurato come un vecchio per niente saggio? Forse quel
Dio è meglio perderlo che trovarlo: è quello che ci regala una vita eterna disprezzando
quella reale: caduca, peccatrice e dispensatrice di gioie possibili. Noi dobbiamo
imparare ad amare la vita, amare il qui ed ora; amare la nostra presenza e quella
degli altri, che per un misterioso ordito ci sono contemporanei.
Oggi ci dicono che la guerra è diversa, non so quanto e come, sò solo che non
è pace. La guerra è cultura di morte, è spregio della vita: a farla succedere
ci sono sempre sentimenti nobili, ci sono ragioni superiori di difesa, di libertà
e di giustizia; ma la guerra non ci salva mai. La guerra lascia i morti, i pensieri
e i ricordi più brutti: a farla succedere ci sono interessi economici e di potere,
c'è il terrorismo e la paura; ci sono molte cose che non sono mai quelle a cui
aspira un singolo cuore. La speranza è che si può uscire da questa perversa
spirale: è nella nostra possibilità riuscirci. Questo sta nel sentirsi liberi
dai padri e dalle madri; di sapersi soli e per tanto unici e divini nel solo
sentirci uomini. Solo uomini in pace.
Che paradosso il nome dato a questa guerra, "Libertà duratura"; succede alla
"gaffe" di "Giustizia infinita": nessuna libertà si è scoperto è duratura come
la giustizia non è mai infinita, varia nel tempo e con i governi. Libertà e
giustizia sono valori della pace e non conquiste di guerra. Libertà e giustizia
sono conquiste fatte attraversando il nostro intimo sentire per ritrovarci tutti
simili e uniti, soprattutto nella pace, in vita. Il terrore che chiama alla
guerra può essere vinto opponendo quello che A. Einstein rivolse all'umanità
nel suo ultimo appello: "Ricordatevi che siete uomini e dimenticatevi tutto
il resto"; una coscienza universale.
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DIO SOLO
Non è forse per tutti, cattolici, ebrei e musulmani, lo stesso
Dio? Jahvet, Allah, Dio d'Abramo e di tutti Padre? Di quel Dio, noi occidentali
ne abbiamo filosoficamente decretato la morte: non poteva reggere la nostra
frammentazione in parole, desideri e lussi. Troppo unico e solo. Ad oriente,
per l'Islam, invece Allah resiste con uno schematismo che fa perdere e si sta
perdendo. Il paesaggio e l'unificazione della parola (l'arabo del Corano) sta
mutando, l'appartenenza non fa eletti e il regno dell'al di là vacilla: non
ci saranno vergini a soddisfare i martiri della Jihad.
Alla fine se noi occidentali siamo il paese della sera, dove il sole di una
grande civiltà tramonta, gli altri non sono l'alba di una nuova. Siamo come
tanti vecchi pronti al suicidio; vecchi come il Dio con la barba, immaginato
saggio e invece tanto simile a noi nella stoltezza.
Allora non ci resta attendere che mille dei riappaiano dal lungo sonno; essi
daranno vita a mille simboli, mille miti e valori. Mille dei ritorneranno a
dispensare grazie e rinsaldare la spiritualità persa. L'uomo nuovo del terzo
millennio ha dovuto constatare quanto poco basti per far riscoprire l'uomo cannibale,
l'uomo egoista, l'uomo legato al sangue, alla tribù, alla famiglia...L'uomo
monoteista, ateo e materialista. Questo Dio unico e solo contiene oltre tutto
il bene del mondo anche tutto il male. Quale bene supremo potremmo reggere se
non conosciamo il male? Quali vette scaleremmo se non guardiamo gli abissi?
Cerchiamo di rassicurarci e consolarci con le nostre verità. Ma sono domande
che difficilmente trovano risposta: Allora non un Dio ma tanti dei ci possono
aiutare- salvo poi ritornare a Lui, al Solo. Ritornare a Dio in maniera nuova.
(pubblicato su La Repubblica il 25/10/2001)
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AUTHORITY
Si ritiene veramente che
una authority serva a indagare sugli atti del governo per scoprire il conflitto
di interessi? Si credono i cittadini fessi? Siamo tutti in grado di vedere
quali enormi conflitti di interesse colpiscono il primo ministro che fa legiferare
il Parlamento su falso in bilancio, annullamento delle rogatorie- anche con
lievi vizi formali, eliminazione delle tasse su successioni e donazioni miliardarie-
legge Tremonti su gli utili reinvestiti che dà beneficio alle aziende Fininvest,
L'escamotage di nominare un'altra persona, e non il proprietario, quale beneficiario
delle concessioni televisive. Come scaricare su moglie, figli, fratello le
eventuali proprietà non consentite dalla legge sull'editoria televisiva: altra
mossa da furbi e non da corretto comportamento.
D'altronde fatta la legge trovato l'inganno. Sempre da bravi italiaoti.
Propongo che l'authority sia fatta per spiegare, invece ai cittadini italiani,
perché non c'è conflitto di interessi nelle leggi promulgate dal governo:
quello che c'è lo vedono tutti. Ovvero, perché non c'è conflitto di interessi
nel possedere giornali, finanziarie, televisioni, radio, case editrici e guidare
il governo? Perché non c'è conflitto di interessi e promuovere leggi su procedimenti
giudiziari che lo vedono imputato? Insomma non è che siamo entrando in una
sorta di regime ad uso e consumo dell'arcimiliardario di turno? E' democrazia?
E tutto questo perché si è dato l'avallo con delle elezioni democratiche?
Definite così ora, ma pronte ad essere impugnate come manovrate dai comunisti
qualora il miliardario avesse perso.
Spero di continuare a vivere in un paese democratico e che la mia libertà
non mi sia tolta da una banda di ricchi miliardari e loro avvocati, con la
morale che per tutto è solo questione di prezzo.
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IL TALIBAN
Il povero taliban Mohammad Abdul ha appena ascoltato alla radio:
"Arrenditi. Consegnati ai soldati americani. Diversamente morirai...". E' il
programma radiofonico dell'operazione Solo: un programma della guerra psicologia
per invitare ad arrendersi il nemico. A Mohammad non gli restava che arrendersi.
C'era solo da cercare i soldati americani. Ma dove erano? Si sentivano dappertutto
ma non si vedevano; si sentivano scoppi, aerei, elicotteri, missili, bombe ma
di soldati americani niente. "Le tue armi sono superate...", anche questo diceva
il proclama. Che fregatura. Gli americani ti fregavano anche su quello: le armi
diventano vecchie già il giorno dopo. Il suo fucile sparava 20 colpi al minuto,
quello nuovo li spara al secondo. Gli americani infatti stavano buttando via
i missili e le bombe intelligenti che con gli anni erano diventate un pò rimbambite.
Le buttavano tutte sulla sua testa. Mohammad aveva deciso di arrendersi e aspettava
il soldato americano a cui presentarsi: "con le mani alzate e il fucile per
terra"; come diceva il programma Solo. L'agfano Mohammad Abdul ha due mogli
e sei figli piccoli che doveva salvare. In quel buco buio, sempre più insicuro,
non ci voleva più stare. Ora dalla radio doveva togliere le pile per trasferirle
sulla torcia...Sperava di arrendersi prima che le pile si esaurissero; sperava
di incontrare il soldato Ryan presto. Mohammad su New York non aveva nulla da
dire: per lui era una città lontana; Allah lo sentiva più vicino...Che non si
sia mascherato da americano? Allah è grande deve per forza essere il più forte:
lo "shirk" - il peccato di politeismo- era in agguato. Il taliban non cede:
Allah è Grande, Unico e Solo, ma non è certo Ryan, l'americano. Questo è il
verosimile reportage di una guerra da vincere che non convince.
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CITTA' CHIUSA
19 Luglio 2001 - Genova, strade deserte come a ferragosto eppure le sirene delle "volanti" suonano ininterrottamente: sono le forze di "teatro" della scena dei cosiddetti grandi. Il latte a lunga c'è il pane anche, caffè e biscotti pure...aspettiamo chiusi in casa che finisca la buriana. Con tanto can- can se non succede nulla ce da rimanerci male. Stanno arrivando tutti: le tute bianche, i doppiopetti blu, i portaborse e gli ordinatori, gli imbianchini, i cantanti, i musicisti, i parlatori e il nonno di Giovanni ride e dice che potrà dire: "io c'ero". Giovanni no, lui è partito per la campagna, quella a ridosso la città: sono due fasce con due ulivi, si fa l'orto e si sentono gli uccelli. Alla faccia della New Age, della Globalizzazione, degli Oroscopi, di Nostradamus e dei G8; Giovanni ha lì il suo mondo. Ma non dicevamo di non pensare al nostro orticello? Vola alto Giovanni con i suoi pensieri: per lui, quella grossa pietra che spunta dalla terra è la crosta del mondo; c'era, c'è e ci sarà ancora per chissà quanto. Un maledetto pensiero buddista lo ha preso... Se la terra gira tutto deve passare di qua.
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VIAGGIO in ITALIAHo visitato la mostra al Ducale: "Viaggio in Italia". Il "viaggio", per attraversare 4 secoli, dura solo qualche ora e con la giusta predisposizione spirituale, si ci immerge in un itinerario di grande bellezza.
Io di più, per questo viaggio ho inforcato gli occhiali o meglio ho proseguito con un ininterrotto "metti e leva" per dare modo, ad una presbiopia incalzante una miopia, di mettere a fuoco la lunga teoria di quadri, didascalie, sculture e manoscritti; insieme svolgevo anche il balletto di due passi avanti e tre indietro per trovare la giusta luce sulle opere. Ma perché per il paese del sole un percorso nel nero? Forse il nero dà più rilievo all'uscita dei colori, alla concentrazione, all'introspezione...Ma poi? Poi forse è entrare in un sogno notturno dove compaiono nostri antenati dal '500 in su. Qualcuno, tra questi volti, può riconoscere la bisnonna, lo zio o un cugino lontano; ma no, i nostri antenati non erano così ricchi: lo si intuiva dagli abiti, poi erano emaciati, scarni, quelli raffigurati sono pingui e in carne. Però: come sono moderni. Chi ci prende per mano, per questo viaggio, sono grandi scrittori, uomini d'ingegno e allora anche senza televisione quante cose si riusciva a vedere; quante cose si imparava a guardare; per quante cose c'era inaspettatamente tempo. Ed io, nel "Viaggio in Italia" ho guadagnato due ore.
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LAVORO e VALORI
( pubblicato sull'UNITA')
Cara Unità, una riflessione sul lavoro e valori.
Lavoro e valori, tre fonemi quasi intercambiabili per un mondo che si trasforma.
Il lavoro ha assunto valori riconosciuti al di là della sua reale accettazione: il lavoro può diventare tutto.
Perché uno studia da avvocato, medico, ingegnere? Per guadagnare più soldi. Ovvio. Per gli attori o giornalisti, vale forse solo il detto: "Sempre meglio di lavorare". Naturalmente scherzo.
Si studia e si scelgono certi lavori nient'altro che per il bisogno di fare soldi.
Con questa logica che abbiamo assimilato tutti, cosa può spingere a fare certi lavori, definiti degradanti, se non l'accettazione di una propria condizione di bisogno? Di miseria e inferiorità?
Andare a lavorare in una miniera, in una fonderia , non può essere perché animati da nobili intenzioni come qualcuno lo vanta per i medici, ma per una questione di sopravvivenza.
Questo lavoro così concepito per paradosso ci ha tolto il lavoro: è il lavoro della logica di mercato e non della ricchezza per tutti. Il lavoro come forma di auto stima e dignità è diventato strumento di sopravvivenza o di privilegio. Mettiamo il dott. o avv. davanti al nome indicando una professione quale riconoscimento sociale: ci siamo inventati una identità in un rapporto di lavoro.
Oggi si è arrivati, per paradosso, anche a chi si presenta come Presidente Operaio.
Ma chi è oggi l'operaio? O meglio, esiste ancora l'operaio? Si, esiste: non è più classe ideologica; ma esiste in quanto condizione, in quanto lavoratore tipico - ora che si parla sempre più di lavoratori atipici. Gli operai sono i dipendenti salariati; oggi sono i giovani diplomati, gli indistinti tecnici, gli specializzati vari, i sottoposti a capi e capetti in una organizzazione del lavoro che dietro a neologismi inglesi riporta a nuovo, il vecchio sfruttamento del lavoro. Ora il Presidente Operaio sposa il decalogo della Confindustria. Il costo del lavoro e la flessibilità sono da sempre i chiodi fissi degli industriali; ma mai come oggi abbiamo una flessibilità selvaggia attuata con lavori interinali, contratti di formazione insieme a salari sempre più bassi. Eppure tutto continua ad appiattirsi; tutto è una marmellata, dove i valori vengono triturati e, oggi forse, sarebbe facile avere un Operaio Presidente con le stesse idee di un Presidente Operaio: è la cultura omogeneizzata. Infatti, anche gli operai votano Berlusconi. Ho visto un'immagine del Presidente Operaio Berlusconi, con l'orologio sopra il polsino- un vezzo da nuovi ricchi - copiato dall'Avvocato Presidente Agnelli; l'ho visto fare anche ai nuovi operai...c'è da perdere la speranza; io mi auguro sia solo per un momento.
Ma ci sono ancora gli operai, portatori di solidarietà e nuovi valori? Io penso di si, può esistere allora una società ed un lavoro dove ognuno fa quello che immagina invece di produrre cose che si hanno già? Produrre cose che ci arricchiscano tutti veramente? Se ci interrogassimo su quali cose ci servono davvero si potrebbe decidere di farle un pò per uno insieme. Il resto si potrebbe immaginare e fare, senza avere il bisogno di nessun Berlusconi. Di nessun padrone. Il resto sarebbe vita.
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LIMITI
Non accade mai nulla per caso e tutto ha una dimensione salutare; perfino la malattia ha i suoi lati belli: per Montanelli ci libereremo di Berlusconi, vaccinandoci, provandolo al governo. Così serio e serioso, impegnato e convinto nelle mie idee di sinistra, perdendo le elezioni, scoprirò il limite: perché fantasticare una visione del mondo dove far vivere tutti in armonia e felicità quando non riesco, in pratica, a farmi ubbidire dalla mia gatta? Le sconfitte possono essere educative. Governare un mondo che ci è sempre più straniero è una sfida ardua. In altri tempi Prezzolini diceva che governare gli italiani, non è difficile, è inutile; ora invece viviamo una fase in cui si è perdenti non come fazione, ma come cultura. L'uomo di Kafka è qui: siamo diventati tutti stranieri a noi stessi; così oltre che perdenti si ci sente persi...Eccetto Berlusconi lui dice che vince e vincerà.
Per questo toccherà a lui l'arduo compito di governare, anzi comandare perché per lui è questione di comando: lo farà con gli spot ( ricordate lo stampino: "FATTO"?).Berlusconi potrà fare la squadra di pallone della Nazionale; rifare la Costituzione; abbassare le tasse, fornendo ad ogni cittadino una società off-shore; fornire i libri di storia gratis alle scuole: "Una storia italiana"; salvare la patria, ridarci la democrazia; metterà i suoi avvocati a disposizione di tutti i poveri perseguitati dai magistrati come lui...Tante cose avrà da fare, ma lui ci riuscirà: non conosce limiti...Poi infine ci libereremo di lui o forse anche lui si libererà di noi...D'altronde sono sempre i migliori i primi ad andarsene: questo è forse il suo solo limite.
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BEPIN
E' morto poco tempo fa Bepin, è morto comunista: comunista italiano. Ci teneva a rimarcarlo, sebbene nei suoi 75 anni, l'URSS era stata vissuta in diversi modi e all'inizio era stata la sua vera patria: con Berlinguer se ne era poi decretata la fine propulsiva per il mondo socialista. Con la caduta dell'URSS, alcuni anni dopo, rimanevano la Cina, Cuba e chissà quale altro paese; per questo si sentiva sempre più italiano: comunista italiano, il più grande partito dell'occidente.
Se in Italia era arrivata o ritornata la democrazia e la libertà lo si doveva non agli americani ma al sangue, il sacrificio e la volontà di tantissimi uomini comunisti. Per Bepin la democrazia non era poi veramente arrivata, come la libertà in effetti non era ritornata, perché semplicemente non c'era mai stata. Questa democrazia che viviamo pur piena di difetti, di mancanze, era frutto anche dell'azione politica dei comunisti italiani. La Costituzione ha in calce la firma di Umberto Terracini, un comunista a cui cavalieri e fantini; preti e cardinali; leader e premier, "non sarebbero degni di allacciarli i calzari". Questo pensava Bepin e lo penso anch'io.
La qualità degli uomini è rapportata senz'altro alla loro storia personale e collettiva. Bepin molte volte pensava, marxisticamente, che il "nuovo" è in linea di massima sempre migliore del "vecchio". Doveva essere un "nuovo" costruito dalle masse, dalla "lotta di classe"; si doveva costruire una "nuova umanità", una nuova società, un nuovo sviluppo. Bepin è morto non vedendo il "nuovo" anzi cominciava a pensare che forse era meglio il "vecchio"; il vecchio come lo era diventato lui; Il vecchio come lo erano invecchiati gli amici; il vecchio che, mai come ora, aveva ripreso il sapore del "nuovo". Bello sarebbe ritrovare i giusti nemici, avversari: erano i padroni, gli antidemocratici, chi negava la libertà. Erano i ricchi, non in quanto tali, ma i ricchi malgrado loro: l'altra classe. Bepin era in questo un uomo di grande qualità: mai avrebbe sopportato di possedere un'auto di lusso, ville, amanti o altri beni ritenuti superflui. Egli aveva sposato l'etica e l'austerità e non servivano molti discorsi a mettere a tacere i sempre "nuovi" anticomunisti (italiani), gli bastava dire: io sono quà.
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VIRGOLE e MISTERI
Con l'Euro ritornano i centesimi, ritorna un antico valore. Nella nostra economia erano già da tempo spariti i centesimi e per "arrotondamento", in verità erano sparite anche i decimi, le decine. Con l'Euro inizia così un nuovo tempo e un nuovo ciclo: conteremo i centesimi di denaro, di valore e per simbologia - perché no?- di ricchezza, di energia.
Con i centesimi rispunta nei conti la virgola, un intermezzo, una sospensione, che mi pare oggi, più che mai necessaria. Dietro quella virgola ci starà la differenza, la più varia. Dopo quella virgola potremo contare il risparmio o il guadagno meglio di prima e, sempre per simbolo, rimarcare la diversità di un senso uniformante.
Paradossalmente, con l'Euro e l'introduzione dei centesimi, spariscono altre differenze: le tante monete europee. Franchi, Marchi, Lire, Pesetas e Dracme: nomi, segni e suoni vari verranno riassunti da un unico segno e suono dell'Euro. Ma, noi della Lira, avremo la virgola mancante.
A proposito ho provato a dividere le 50.000 Lire per l'Euro ed è uscito 25virgola822...sono ritornato indietro e mi è risultato 49.999virgola998. Dove è finito lo 0virgola02? Dietro la virgola anche il mistero...
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VACCINI
Allora siamo pronti per il vaccino? Montanelli ha detto che per guarire dalla malattia di Berlusconi bisognerà vaccinarsi: "dovremo provarlo al governo e poi ce ne sbarazzeremo definitivamente". Concordo. Ma io, ch e ho già sviluppato gli anticorpi di Berlusconi - sono gli stessi che combattono contro il fascismo, contro i superuomini, i leader, i boss salvatori di patrie virtuali e interessi personali - cosa devo fare?
Parafrasando Ferlinghetti (poeta americano della beat generation), mi verrebbe da dire a tutti: venite, andiamo; per un po' non ci vediamo. Mancheremo a tutti gli appuntamenti e non ci preoccuperemo più dei pagamenti, che vengano pure a prendersi tutto, non piangeremo per il lutto. Venite, andiamo, lasciamo qui pure le scartoffie e la bigiotteria; per un po' di tempo staremo via. Ma non disperate, ritorneremo con la barba incolta e fili d'erba sulla schiena; ritorneremo fra qualche anno: perché, loro, i cosiddetti vincitori non ci avranno. Ritorneremo sull'onda di uno scontento e sarete sempre voi che ora applaudite allo sconcerto, voi che sentite da che parte gira il vento; voi che senza di noi avete perso, a reclamarci. Ma perché aspettare? Ma perché poi, loro avrebbero vinto? E se usassimo l'omeopatia? Piccole infinitesimali sostanze ci possono guarire ugualmente sviluppando la memoria: la memoria dei "CAF" trascorsi. Poi un po' di raccoglimento e una piccola croce al posto giusto et voilà: si guarisce già.
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CONFORMISMI
C'è un conformismo che è dato dall'uniformità dei comportamenti propri di una società consumistica e regolata dalle leggi di mercato. Questa uniformità, pare a me, anch'essa regolata dall'entropia o seconda legge della termodinamica che afferma come tutti i processi fisici che sviluppano calore vanno in una unica direzione: dall'ordine al disordine.
Così il calore delle passioni, delle lotte, dei sentimenti viene stemprato in un crogiolo dove tutto fonde e sfuma. Così abbiamo una società sempre più disordinata ma omologa. E' un pò come mescolare delle palline bianche e nere facendole diventare tutte grigie. Questo è il grigiore della cultura d'oggi. All'apice si candida per "salvarci" da questa società, un campione del conformismo
dilagante ed è probabile che vinca. Vincerà, forse, un campione della televisione, un campione degli spot; lo stesso che detta le regole di convivenza e ci fornisce anche il prodotto - produttore per applicarle. Infatti oggi si fa paradossalmente il processo alla volgarità televisiva per nascondere la volgarità del pensiero unico che predica la libertà e pratica la censura; vuole la legalità perseguendo i disgraziati senza permesso di soggiorno e non chi ruba in giacca e cravatta a tutti noi con i falsi in bilancio.
Non so chi veramente alla fine ci salverà. Forse sarà un marziano: sarà un uomo che non riesce a leggere la pubblicità; sarà un uomo che viene da lontano, che ha attraversato il deserto e non conosce più il linguaggio di questa società.
Ma a pensarci non di salvatori abbiamo bisogno, ma di interrogazioni, di silenzio e di verità. Abbiamo bisogno di inventarci una nuova società, senza questi protagonisti; pensarla senza di loro è già un fatto che ci fa uscire dall'uniformità: diventiamo nuove palline colorate che sfuggono al fuoco e vanno controcorrente.
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POLITICA e MORALE
L'articolo di G. Bocca: "Tutti i complici dello stragismo" è forte, è giusto. Oggi c'è la continua ricerca per fare dimenticare e cancellare una pagina di storia sempre attuale. Ancora continuano i comportamenti dei corruttori. Ancora continua Tangentopoli. Ancora la politica è sganciata dall'etica: oggi, come sempre, è decisa dai soldi e dagli affari. Ancora i cittadini chiamano i politici ladri, seppure poi votano chi questi ladri difende. Ancora le verità giudiziarie non bastano a fare luce e pulizia sugli scandali nazionali. Guardateli in faccia i , pseudo nuovi, potenti: erano le seconde file del potere di ieri. Oggi ci si indigna per i disgraziati, per i clandestini, per gli scippi mentre in giacca e cravatta, sorridenti e intervistati su tutto, giornalmente in televisione, altri ladri continuano imperterriti a fregarci non solo i soldi ma più pericolosamente anche la democrazia. E' giusta l'esortazione di Amato a tornare ad una politica che non perda il legame con la morale e, aggiungo io, con la vera giustizia sociale.
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PRRRRRR......
Anch'io a 20 anni mi sentivo il migliore, ero al centro del mondo: il mio. Crescevo e con me aumentava l'IO. Io ero tutto. Che ero il migliore me lo dicevo da solo, a vent'anni. Poi sono cresciuto davvero, in un'altra maniera: non ho accumulato capitali, ricchezze o proprietà, ho solo arricchito il sapere di me: di essere pieno di limiti e per questo insieme avere grandi ricchezze di sentimenti e di amore. Essere il migliore non mi interessava più, perché senza gli altri non si è niente; men che meno il migliore.
Pensare "io sono quello che ha fatto" invece di "io sono quello che è", è un fraintedimento che può portare a fare chissà cosa. Può portare a clonarsi, a perpetuarsi in tanti robot che fanno...fanno...fanno. E poi? Anche i migliori muoiono e son sempre quelli che se ne vanno per primi. Così si dice. Tiè! (Il migliore non usa corna e non tocca ferro: è superiore)
Che c'è da dire? Guardatevi dai migliori e da chi si attribuisce il titolo da solo. Se poi se lo attribuisce chi ha 65 anni ed è sull'orlo dell'arteriosclerosi, merita anche il pernacchio di eduardiana memoria: dopo aver scandito bene il nome dell'On. Dott. Ing. Cav. Uff. Silvio Berlusconi...PRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR....
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BERLUSCONI IMBIANCHINO
Dopo il Berlusconi operaio, il Berlusconi contadino, il Berlusconi artigiano a Genova abbiamo visto il Berlusconi imbianchino: appena ha visto un palazzo dalla facciata un pò malconcia ha proposto di dargli una mano di pittura con la scala dei pompieri. Berlusconi ha poi suggerito di levare alcuni cartelloni della pubblicità: proprio lui, che ha invaso con la sua faccia, da quasi un anno, tutti i cartelloni pubblicitari, ora propone di levarli. Le elezioni ormai le ha vinte e ora con 6 televisioni più la 7 possono bastare. Via i cartelloni, via le antenne, due fiori e un pò di pittura e il gioco è fatto; d'altronde la facciata è di sua competenza. Poi possono arrivare gli altri 7 grandi. Ed io che pensavo di accoglierli con un grande striscione con scritto, "Genova, città deberlusconizzata" , mi devo ricredere: metterà il marchio anche qui, sebbene lui Genova non l'avrebbe mai scelta.
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GOVERNO MASCHIO
Ridotta a due presenze la componente femminile nel governo Berlusconi. La destra così dimostra, insieme al dispregio per l'ambiente, anche l'insensibilità per la capacità femminile. C'è un frammento di folklore, riferito dall'antropologo Graham, che segnala come si usasse, una volta, al momento dell'eiaculazione, fare afferrare dalla moglie il testicolo sinistro del marito e strizzarlo al fine di impedire una discendenza femminile. La femminilità era qualcosa di sbagliato ed è stata associata alla parte sinistra. Così il maschile è superiore e il femminile l'inferiore.
E' conseguente, non a caso, che la politica di destra rappresenti il maschile come forza, monocultura, machismo; mentre invece la sinistra sia arrendevolezza, varietà, colori e più vicina al femminile. C'è qualcosa, a mio parere, di profondo che divide la destra dalla sinistra; non è qualcosa di visibile all'istante, quello che divide non è un modello, che potrebbe risultare un contro-modello speculare alla destra, ma è anche la capacità, insegnata dall'universo femminile, di scuoterci e perturbarci per far avanzare la consapevolezza. Quelle femminili sono doti essenziali; questo divide, a mio avviso, la destra dalla sinistra. Io non so se a Berlusconi hanno strizzato qualcosa, durante "l'amplesso" da presidente incaricato, certo è che rivela di essere prigioniero del conformismo più bieco e dei bilancini politici maschili. Berlusconi con questo governo ha aumentato i ministeri diminuendo il peso del femminile; con ciò rimarca la mancanza della ricchezza più vera e dello spirito universale che sempre dovrebbe guidare le scelte.
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GONDONI
A Genova si usa l'epiteto "gondone" al pari di canaglia o mascalzone. Il "gondone" ha origine dal "condom" il comune preservativo: il tubetto di gomma da calzare prima di un rapporto sessuale.
Eppure il gondone ha salvato delle famiglie ed ora preserva soprattutto dal contagio dell'AIDS. Eppure, il gondone , è anch'esso condannato dalla chiesa cattolica; però meno male che non è stato oggetto di obiezione di coscienza da parte dei farmacisti come la "pillola del giorno dopo". Forse perchè è usato solo dai maschi? Non è al pari della pillola che regola il ciclo mestruale e anch'essa negata dalla chiesa?
Con un pò di informazione si saprebbe che la "pillola del giorno dopo" è la stessa "pillola del giorno prima". Allora? Scopriamo negli obiettori soltanto dei peccatori che ci vogliono salvaguardare dai nostri peccati. Vogliono impedire, a dir loro, di assassinare, di uccidere la vita umana. Dicono, ma quanta vita si uccide e si è ucciso con la miseria? Con l'ignoranza? Con il ritenersi dalla parte di Dio? Gott mitt uns? Non uccide anche l'intolleranza? Per i cattolici alla fine con un "PaterAveGloria", tutto si perdona, tutto ricomincia e tutto si ricompatta.
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VIAGGI
La nostra vita, come un viaggio, progredisce sempre tra la disperazione e la felicità, tra la gioia e lo scontento; sarà per questo che in inglese travel (viaggio) e travail (travaglio) hanno la stessa radice. Tutto si rapporta con il movimento, con l'avanzare. Perciò possiamo comprendere, senza nessuna meraviglia, perché Pascal individuasse la causa dell'infelicità umana nell'incapacità di restarsene tranquillamente seduti nella propria stanza. Così siamo presi da quell'inquietudine, bene descritta da Chatwin, che ci fa viaggiare, ma certo con il tempo dell'estate come tempo di viaggi, non ci fa viaggiatori: partiamo sempre con il biglietto di ritorno ed entriamo per questo nella categoria "turisti". Il vero viaggiatore, si dice, non sa mai quando ritorna e se ritorna. Io sto sperimentando il viaggio e fare il viaggiatore attraverso un libro. Le parole camminano: sono come i pensieri che corrono lungo le righe di un libro stampato. Il libro è "Strade Blu" di Heat Least Moon: il libro che sto leggendo. Allora salgo anch'io idealmente sul "Ghost Dancing", l'auto con cui l'autore ha "circumnavigato" l'America e vivo anch'io l'avventura, la scoperta del paesaggio, degli uomini, dell'anima dell'America... A metà libro e a metà percorso, dopo 700 miglia, l'autore leggendo "La Sacra Pipa" di Alce Nero scopre che tutto quello che aveva visto era se stesso: "il viaggio sulle strade impervie sono per chi vive per sè e non per gli altri". Prima di partire veramente devo sapere se sono pronto al viaggio. E' bene sapere chi è che viaggia, chi vuole andare: un ego, un Ulisse, un infelice o semplicemente me stesso. Voi lo sapete? O forse il fine del viaggio è il viaggio stesso?
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POLIZIE
Dopo il G8, ha ragione Maggiani a domandarsi se ci sono due polizie. Sì, ci sono due polizie e tanti poliziotti.
Un dì, ormai lontano, c'era la scelta per tanti figli del Sud tra essere "Guardie o Ladri" e così si formavano i poliziotti: diventavano poi i "celerini" di Scelba; ma quella era un'altra storia. Trasformandosi la società è cambiata la polizia e forse tranne i Carabinieri -"nei Secoli Fedeli" alla Monarchia, al Fascismo e alla Repubblica- è cambiato tutto. Nel frattempo non si dimenticano i poliziotti morti a Palermo come Boris Juliano, la scorta di Falcone e di Borsellino, i tanti altri poliziotti tutti esempio di sacrifici e abnegazione per garantire la nostra sicurezza e convivenza civile. Quei poliziotti hanno avvicinato molti giovani alle istituzioni e a combattere per gli ideali di giustizia. Non si dimenticano neppure i poliziotti criminali della Uno Bianca o i militari torturatori in Somalia - a proposito, che fine hanno fatto? Questo per ribadire che il "male" è dappertutto. Ma oggi chi sono questi carabinieri e poliziotti che inneggiano a Pinochet, gridano "comunisti di merda" e usano con disinvoltura calci e manganello? Di certo sono ragazzi con una sufficiente scolarizzazione, ma quale cultura? Di certo la struttura militare non aiuta a maturare con ordini tipo: "non parlate, non domandate, non pensate". Di certo è tutto molto frustrante; ma alla fine è vero che su migliaia di poliziotti, solo un centinaio ha sbracato o ha ecceduto - per usare il loro linguaggio. A proposito perché i poliziotti graduati parlano come se riempissero dei verbali? Per questo serve un'indagine accurata e la punizione di chi ha sbagliato; perché chi indossa una divisa sia riconoscibile sempre come "giusto" e non tolga la speranza che il Diritto e la Giustizia alla fine trionfi. Almeno così succede anche nei film americani, con i poliziotti più cattivi, corrotti e rozzi del mondo, dove un Serpico fa ricredere tutti e le due polizie ritornano una.
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Berlusconi non durerà...
Berlusconi non durerà e non cambierà l'Italia. Quello che dovrebbe essere l'occasione di cambiamento, di ammodernamento della società, è in realtà una antica ricetta, un vecchio percorso: la ricetta liberista del mercato senza regole. Creare ricchezza senza controllo non farà crescere i ricchi ma aumentare i poveri. Come succede sempre. La spirale capitalista costringe a crescere, ad arricchirsi senza sosta; è inflessibile o ti espandi o muori. Avanti così cosa succederà? Chi crede al nuovo miracolo italiano? Basterà licenziare? Basterà convivere con la mafia? Basterà la legge del più forte e furbo? La ricchezza che creiamo, non è destinata alle generazioni future perchè l'inquinamento, il disastro ambientale, peserà sullo sviluppo del prossimo futuro. Questo è il debito incancellabile che lasciamo ai nostri figli. Berlusconi, mostrerà infine, ed ha già iniziato, quali sono i suoi veri interessi: via il falso in bilancio, libere donazioni ai supermiliardari - infatti ha subito regalato lo yacht al figlio Pier Silvio- mano libera sulle televisioni, via alle grandi opere pubbliche senza controlli - via nuovamente alle tangenti- Intanto i pensionati possono aspettare il milione di minima, i malati la sanità superefficiente, ma si continuerà a diventare ricchi con l'enalotto e i superquiz televisivi. Chi ha votato Berlusconi si avvederà? (pubblicato sull'Unità il 29 Agosto 2001e sul SECOLO XIX il 4 Settembre 2001)
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I VERI BIPOLARI
Con l'avvento del bipolarismo ad ogni fine di legislatura, ogni 5 anni, cambiando la maggioranza di governo si cambierà tutto? Si avrà una nuova riforma scolastica? Una nuova legge federalista? Una nuova Sanità? Una nuova legge che regolamenti il conflitto di interessi?...Insomma con il bipolarismo dobbiamo imparare a vivere nel provvisorio e ne l'improvvisato,
nel relativo e nell'aleatorio. In democrazia niente è conquistato per sempre. Ricordo quando alla fine
degli anni '70 si cercava di estendere l'art.18 dello Statuto dei Lavoratori, quello che impone la "giusta causa" per i licenziamenti, anche alle azienda sotto i 15 dipendenti. Si cercava di dare un diritto a tutti i lavoratori dipendenti: ora con la vittoria della destra si cerca di smantellare questo diritto.
Ricordo anche che E. Berlinguer aveva definito elementi di socialismo, che potevano convivere con il capitalismo, le riforme e le conquiste delle parti più deboli della società. Ci sono voluti decenni di sacrifici e battaglie per garantire diritti alle fasce meno tutelate della popolazione ma ora si tenta di scardinare tutto l'impianto riformatore. Chi si ricorda di
DeLorenzo e Poggiolini? Era l'inizio di una riforma sanitaria piena di storture e tentativi di affossarla: c'è voluto l'impegno di diverse legislature e la volontà del ministro Rosi Bindi per portarla a compimento vincendo le baronie, i privilegi e le mangiatoie: ora si vuole andare daccapo. Speriamo di non dovere, con il senno di poi, proclamare santa Rosi
Bindi. La scuola pubblica dopo 50 anni aveva avviato i nuovi cicli scolastici, ora si è bloccata la riforma: si dovrà aspettare altri 50 anni? Si è fatta, a fine legislatura passata, una riforma federalista, ma una "devoluzione" incombe, contrabbandata dai politici, come una rivoluzione. Siamo tutti d'accordo per l'autogoverno, ma cosa ci sarà di rivoluzionario?
Non sarà solo ripartire la spesa? Un problema di amministrazione? Alla fine le grandi libertà proclamate si rivelano delle questioni di borsa: tasse da evadere e scambi da contrabbandare. I poveri, la grande massa degli
elettori, continueranno ad ogni tornata elettorale, a bersi le sparate di una classe politica sempre più lontana, sempre più ricca, molto ricca, alla faccia dei poveri che non cambiano mai: i veri bipolari.
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NEW YORK
Ogni epoca ha avuto, per l'occidente, una città che la rappresentava: ha
avuto la sua capitale. Così abbiamo avuto Atene, Roma, Firenze, Vienna,
Parigi, Londra, Berlino e oggi abbiamo New York. New York è il nostro mondo nel bene e nel male: c'è l'intelligenza, la
ricchezza, la violenza, la povertà, la contraddizione; insomma ci siamo noi
che seppure lontani nella geografia, chi lo è nei pensieri? Da ogni parte
noi guardiamo là: guardiamo New York e seppure con sei ore di ritardo da
noi, la inseguiamo. Per quelli della mia generazione che hanno giocato ai cow boy prima e amato
il cinema poi, New York è l'America. New York è una canzone, un film di
Scorsese e tanti altri film, è King Kong; è "colazione da Tiffany", "A piedi nudi nel parco", fino alla Manhattan di Allen passando per Broadway (Mel Rose), senza scordare di dare uno sguardo dal ponte di Brooklyn, al Bronx, ad Harlem ed il Greenwich Village. Io che non sono mai stato a New York, non sò come ma, la conosco. Scenario di innumerevoli film e telefilm, raccontata da tanti romanzi letti, io New York, penso d'averla già "girata". Poi ancora ci sono altri film che raccontano l'America in crisi: Americani oggi, American Beauty; fino alle metafore dell'occidente e del potere e sulla rinascita, da Traffic a A Civil
Action. Anche questa è l'America che risuona, tra violenze, umanità, drammi e speranze, nelle nostre coscienze.
L'America dei film, i nostri film, oggi ci ha dato paradossalmente un altro film che è invece la crudele realtà: la verità di morte e terrore. Oggi sappiamo meglio la grandezza dell'orrore: oltre 5000 morti che si chiamano
ancora dispersi. Ma dispersi, oggi siamo un pò tutti. Ora sconvolto mi fermo a quell' 11 Settembre 2001 alle ore 14,45: quel tremendo colpo mortale ha ucciso un pò anche me. Oggi, così con un flash back, rivedo cantare l'inno
americano con la voce rotta dei superstiti del film "il Cacciatore"....Dov'è oggi la nostra capitale? Dov'è oggi l'occidente?
Abbiamo solo bisogno della pace per ritrovarci. Abbiamo bisogno di un'altra
forza, non quella delle armi, per rinascere. (pubblicato su La Repubblica -22 Settembre 2001-)
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SUQ
Quest'anno come per magia è bastata una poesia di Giuseppe Conte e il Suq è iniziato. Suoni, luci, colori e odori si impadroniscono subito dell'aria e ci trasportano lontano. Dove sono? In Marocco, Somalia o Senegal? Sono in Sud America o in Eritrea? Sono semplicemente a Genova, alla Loggia della Mercanzia, al Suq. Grazie alle cure di Valentina e Carla, Genova per il terzo anno si può immergere nell'atmosfera del mercato arabo, o meglio come suggerisce il sottotitolo, in un festival multietnico. Al Suq ho comprato un dolce, ho comprato una bibita e ho ascoltato lingue a me sconosciute, ma non per questo meno belle; ho incontrato due amici e visto danzare una bella donna in tunica nera. Tutto al Suq. Al Suq c'è aria di festa e meno male che la guerra qui non risuona, è un bene per i bambini che sono tanti e allegri; è un bene che gli spari sono solo percussioni di tamburi. Tutto al Suq. Dentro al Suq c'è la pace e tra i due minareti della scenografia si svolge lo spettacolo di noi; guardiamo, annusiamo e ci scopriamo che ci conosciamo già. Grazie al Suq.
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PACE
Domenica 14 Ottobre sarò a marciare ad Assisi per la pace. Ancora e sempre a parlare di pace; come se la guerra fosse una condizione naturale, come se il terrore e la guerra una normalità. Ma allora è vero quello che sosteneva M. Klein: "L'uomo nasce cattivo e passa la vita cercando di diventare buono. Non sempre ci riesce.". Se non è così, può essere anche perché l'educazione all'amore e alla libertà non l'abbiamo mai raggiunta. Ci sovviene a condizionarci, o forse meglio a rispondere al desiderio di spiritualità e di trascendenza della nostra vita quotidiana, afflitta da altre volgari aspirazioni, la religione. La religiosità, quella dei padri e del luogo; quella dei costumi ci plasma e diventa supporto alla cultura del come stare insieme. Ma perché quello che ci dovrebbe salvare ci fa perdere? Perché un Dio che ci ha fatto a sua immagine e somiglianza alla fine ci somiglia così tanto da essere raffigurato come un vecchio per niente saggio? Forse quel Dio è meglio perderlo che trovarlo: è quello che ci regala una vita eterna disprezzando quella reale: caduca, peccatrice e dispensatrice di gioie possibili. Noi dobbiamo imparare ad amare la vita, amare il qui ed ora; amare la nostra presenza e quella degli altri, che per un misterioso ordito ci sono contemporanei. Oggi ci dicono che la guerra è diversa, non so quanto e come, sò solo che non è pace. La guerra è cultura di morte, è spregio della vita: a farla succedere ci sono sempre sentimenti nobili, ci sono ragioni superiori di difesa, di libertà e di giustizia; ma la guerra non ci salva mai. La guerra lascia i morti, i pensieri e i ricordi più brutti: a farla succedere ci sono interessi economici e di potere, c'è il terrorismo e la paura; ci sono molte cose che non sono mai quelle a cui aspira un singolo cuore.
La speranza è che si può uscire da questa perversa spirale: è nella nostra possibilità riuscirci. Questo sta nel sentirsi liberi dai padri e dalle madri; di sapersi soli e per tanto unici e divini nel solo sentirci uomini. Solo uomini in pace. Che paradosso il nome dato a questa guerra, "Libertà duratura"; succede alla "gaffe" di "Giustizia infinita": nessuna libertà si è scoperto è duratura come la giustizia non è mai infinita, varia nel tempo e con i governi. Libertà e giustizia sono valori della pace e non conquiste di guerra. Libertà e giustizia sono conquiste fatte attraversando il nostro intimo sentire per ritrovarci tutti simili e uniti, soprattutto nella pace, in vita. Il terrore che chiama alla guerra può essere vinto opponendo quello che A. Einstein rivolse all'umanità nel suo ultimo appello: "Ricordatevi che siete uomini e dimenticatevi tutto il resto"; una coscienza universale.
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DIO SOLO
Non è forse per tutti, cattolici, ebrei e musulmani, lo stesso Dio? Jahvet, Allah, Dio d'Abramo e di tutti Padre? Di quel Dio, noi occidentali ne abbiamo filosoficamente decretato la morte: non poteva reggere la nostra frammentazione in parole, desideri e lussi. Troppo unico e solo. Ad oriente, per l'Islam, invece Allah resiste con uno schematismo che fa perdere e si sta perdendo. Il paesaggio e l'unificazione della parola (l'arabo del Corano) sta mutando, l'appartenenza non fa eletti e il regno dell'al di là vacilla: non ci saranno vergini a soddisfare i martiri della Jihad.
Alla fine se noi occidentali siamo il paese della sera, dove il sole di una grande civiltà tramonta, gli altri non sono l'alba di una nuova. Siamo come tanti vecchi pronti al suicidio; vecchi come il Dio con la barba, immaginato saggio e invece tanto simile a noi nella stoltezza.
Allora non ci resta attendere che mille dei riappaiano dal lungo sonno; essi daranno vita a mille simboli, mille miti e valori. Mille dei ritorneranno a dispensare grazie e rinsaldare la spiritualità persa.
L'uomo nuovo del terzo millennio ha dovuto constatare quanto poco basti per far riscoprire l'uomo cannibale, l'uomo egoista, l'uomo legato al sangue, alla tribù, alla famiglia...L'uomo monoteista, ateo e materialista. Questo Dio unico e solo contiene oltre tutto il bene del mondo anche tutto il male. Quale bene supremo potremmo reggere se non conosciamo il male? Quali vette scaleremmo se non guardiamo gli abissi? Cerchiamo di rassicurarci e consolarci con le nostre verità. Ma sono domande che difficilmente trovano risposta: Allora non un Dio ma tanti dei ci possono aiutare- salvo poi ritornare a Lui, al Solo. Ritornare a Dio in maniera nuova.
(pubblicato su La Repubblica il 25/10/2001)
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AUTHORITY
Si ritiene veramente che una authority serva a indagare sugli atti del governo per scoprire il conflitto di interessi? Si credono i cittadini fessi? Siamo tutti in grado di vedere quali enormi conflitti di interesse colpiscono il primo ministro che fa legiferare il Parlamento su falso in bilancio, annullamento delle rogatorie- anche con lievi vizi formali, eliminazione delle tasse su successioni e donazioni miliardarie- legge Tremonti su gli utili reinvestiti che dà beneficio alle aziende Fininvest, L'escamotage di nominare un'altra persona, e non il proprietario, quale beneficiario delle concessioni televisive. Come scaricare su moglie, figli,
fratello le eventuali proprietà non consentite dalla legge sull'editoria televisiva: altra mossa da furbi e non da corretto comportamento. D'altronde fatta la legge trovato l'inganno. Sempre da bravi italiaoti. Propongo che l'authority sia fatta per spiegare, invece ai cittadini italiani, perché non c'è conflitto di interessi nelle leggi promulgate dal governo: quello che c'è lo vedono tutti. Ovvero, perché non c'è conflitto di interessi nel possedere giornali, finanziarie, televisioni, radio, case editrici e guidare il governo? Perché non c'è conflitto di interessi e promuovere leggi su procedimenti giudiziari che lo vedono imputato?
Insomma non è che siamo entrando in una sorta di regime ad uso e consumo dell'arcimiliardario di turno? E' democrazia? E tutto questo perché si è dato l'avallo con delle elezioni democratiche? Definite così ora, ma pronte ad essere impugnate come manovrate dai comunisti qualora il miliardario avesse perso. Spero di continuare a vivere in un paese democratico e che la mia libertà non mi sia tolta da una banda di ricchi miliardari e loro avvocati, con la morale che per tutto è solo questione di prezzo.
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IL TALIBAN
Il povero taliban Mohammad Abdul ha appena ascoltato alla radio: "Arrenditi.
Consegnati ai soldati americani. Diversamente morirai...". E' il programma
radiofonico dell'operazione Solo: un programma della guerra psicologia per
invitare ad arrendersi il nemico. A Mohammad non gli restava che arrendersi.
C'era solo da cercare i soldati americani. Ma dove erano? Si sentivano
dappertutto ma non si vedevano; si sentivano scoppi, aerei, elicotteri,
missili, bombe ma di soldati americani niente. "Le tue armi sono
superate...", anche questo diceva il proclama. Che fregatura. Gli americani
ti fregavano anche su quello: le armi diventano vecchie già il giorno dopo.
Il suo fucile sparava 20 colpi al minuto, quello nuovo li spara al secondo.
Gli americani infatti stavano buttando via i missili e le bombe intelligenti
che con gli anni erano diventate un pò rimbambite. Le buttavano tutte sulla
sua testa. Mohammad aveva deciso di arrendersi e aspettava il soldato
americano a cui presentarsi: "con le mani alzate e il fucile per terra";
come diceva il programma Solo.
L'agfano Mohammad Abdul ha due mogli e sei figli piccoli che doveva salvare.
In quel buco buio, sempre più insicuro, non ci voleva più stare. Ora dalla
radio doveva togliere le pile per trasferirle sulla torcia...Sperava di
arrendersi prima che le pile si esaurissero; sperava di incontrare il
soldato Ryan presto. Mohammad su New York non aveva nulla da dire: per lui
era una città lontana; Allah lo sentiva più vicino...Che non si sia
mascherato da americano? Allah è grande deve per forza essere il più forte:
lo "shirk" - il peccato di politeismo- era in agguato. Il taliban non cede:
Allah è Grande, Unico e Solo, ma non è certo Ryan, l'americano.
Questo è il verosimile reportage di una guerra da vincere che non convince.
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E MO...
"E mo...E mo...Moplen", ricordo la pubblicità di Gino Bramieri che
presentava i primi casalinghi plastici prodotti dalla Montedison: erano in
PVC che si produceva a Marghera. Allora non si sapeva nulla del pericolo
cancerogeno, così si moriva. Si lavorava male, per morire peggio. Con il
tempo si intuiva la pericolosità, ma si continuava a produrre in quel modo.
Ancora una volta il mercato, il profitto era più importante dell'uomo; di
quegli uomini, perché bisogna specificare che quegli uomini erano operai.
Operai come Ido Bettin, morto di carcinoma polmonare; per la difesa - al
processo sul "Petrolchimico"- "con molta probabilità, ha giocato il ruolo
essenziale il tabagismo...". Già Bettin fumava e beveva pure, il poveretto;
come dire che in fondo la colpa è sua. Forse dovremo andare tutti in
comunità a S. Patrignano per farci disintossicare, sì, ma da questo sporco
sistema liberista di falsa ricchezza e progresso.
La nostra società è sempre più "Petrolchimica": tra pillole, droghe, smog e
auto siamo sempre più ricchi di materie ma poveri di qualità.
Sono passati tanti anni da quel giulivo: "E mo...E mo...Moplen", abbiamo
acquisito, nel frattempo, una coscienza ambientale; ma, per me, per spostare
il problema un po più in là: magari facendo fare le prossime produzioni
inquinanti in Afghanistan: prossimo territorio liberato. Quasi, quasi mi
viene da pensare che è meglio che in Afghanistan continuino a coltivare
papaveri...
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VECCHI
Bello come Pietro Citati racconta la vecchiaia con poetica visione: "un arrenderci al tempo possedendolo, conoscendo la strada più breve per giungere da un punto all'altro; la vecchiaia come luogo della saggezza, non come frutto dell'esperienza ma, dovuta all'agilità della nostra mente nel percepire soprattutto il presente."
Sarebbe bello se la vecchiaia fosse questo, se si invecchiasse così diventando curiosi spettatori del grande spettacolo del mondo. Ma a me sembra, non è così. Abbiamo sì grandi vecchi, grandi saggi che ci rivelano la maturità; abbiamo, oltre a Citati, Ciampi, Bobbio, Bo...e tanti altri. Ma poi, di altri ancora, abbiamo solo l'età. Ma chi sono e chi saranno i nuovi vecchi? A me pare di coglierli oggi rancorosi, fissi in schemi mentali imparati da giovani: muri che si sono ancor più rinforzati. Mi pare di vedere contare con gli anni, gli spiccioli in più da mettere "via"; lanciare giudizi negativi che rivelano come l'io sia diventato un super-io e sia solo quello ancorarli alla vita. E sì che la morte dovrebbe farsi sentire, ma oggi, come non mai, è forte il senso dell'immortalità. Non si muore più di vecchiaia, si muore d'altro, per mano assassine, per malattie atroci. Si muore a 90 o 100 anni per consunzione che noi chiamiamo con altri nomi.
Oggi siamo vecchi da come cerchiamo le comodità ora che tutto diventa scomodo.
Siamo vecchi ora che non sopportiamo più niente o sopportiamo tutto. Siamo vecchi con la nostra insofferenza, con il grigiore di una normalità che si spaccia per saggia.
Siamo vecchi con il nostro intristirci, con il pudore crescente di sentimenti e colori. Il rumore ci dà fastidio come la confusione, ma come è triste il silenzio.
Ma dopotutto io credo come ora che le membra stanche e le rughe coprono tutto il viso, possiamo dire con le parole di Yeats - tradotte da Montale: " La decrepitudine del corpo è saggia: giovani ci siamo amati senza saperne nulla". Credo che si possa aggiungere, a ciò che racconta Citati, come la vecchiaia cambia l'amore: ora è un sentire profondo e noi che siamo vecchi quanta voglia ancora di provare; ora se soltanto un'occasione ci viene data, a rifare tutta la vita che viene lasciata.
Ora scoperta l'apparenza del "sempre", il tempo che intuiamo e bramiamo - che con la ripetizione e le abitudini pensiamo di possedere- ora ci scopriamo dentro e possiamo vedere. Ecco con la vecchiaia dovremo scoprire che il peccato più grande è quello di diventarlo senza sapere di sè.
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MODA ITALICA
Gli italiani non sono mai stati presi da quello che si intende per economia capitalista, ossia da ciò che è legato al liberismo; eppure hanno dato fiducia a Berlusconi che della cultura liberista è un campione. La contraddizione è forte e molto presente poiché, nello scopo di assicurarsi condizioni di vita agiata e bella, si incrementa la ricchezza ma ci si libera della morale e della religione di cui gli italiani ne sono altrettanto campioni.
Allora posso pensare che Berlusconi è di moda; è soprattutto una moda, e in questo gli italiani sono maestri. Indosseremo Berlusconi come un Armani o un Valentino? A me pare si accosti, per assonanza, di più ad un Dolce e Gabbana, dove quest'ultimo rivela il fine: Dolce nelle promesse, Gabbana nei risultati.
Come aspetto sociale la moda, oltre che far riconoscere e rendere simili, fa ridurre le distanze tra chi sta in basso e chi in alto. Già, perché si tende sempre ad imitare le classi che stanno in alto. Che gli italiani pensino di diventare dei berluschini? Mai come oggi l'apparire ha assunto tanto potere. Ma poi la moda è in sintonia con l'uomo moderno che vuole continuamente cambiare esprime anche la parte più diretta del capitalismo: vale solo ciò che è nuovo. Ma Berlusconi è nuovo? Incravattato e tappato nel completo blu, Berlusconi a me pare un perfetto yuppy anni '80. "Mi consenta...". "Se lo pigli pure...". Intanto, Forza Italia è diventato il primo partito, come la D.C. anni' 50. Così diventa moda non solo l'abbigliamento, l'arredamento, il cosa mangiare, il come divertirsi, ma diventa moda il giudizio su ciò che è bello e brutto; su ciò che è bene e male. La verità stessa diventa moda.
Ma la contraddizione aumenta con l'andamento ciclico dei ritorni: ora ritornano gli anni '70 della contestazione con i vestiti degli hippy e invece si respira la restaurazione e la retorica degli anni'30 con Dio Patria e Famiglia.
"Yesterday all my troubles semed so far away now...". Ieri, tutti i miei problemi sembravano così lontani, ora li vedo ancora qui..."Oh, i believe in yesterday". Oh, io credo in ieri... Cosa ci resta da cantare? Speriamo che come tutte le mode, Berlusconi, passi presto. Ad ogni buon conto, nel frattempo ricordo la poesia di Quasimodo: Non ho perduto nulla. Sono ancora qui, il sole gira alle spalle come un falco e la terra ripete la mia voce nella tua...
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TELEVISIONE OGGI
Lo scorso anno l'abbonato Rai non vedeva l'ora di tornare a casa per vedere
la televisione o meglio per guardare il televisore, come fa ora, nello spot
di quest'anno della RAI che recita così: "Non basta un televisore per fare
la televisione. L'abbonato RAI lo sa". E' vero, basta un solo televisore per
fare l'abbonato; invece ci vogliono tre televisioni per fare un Presidente
del Consiglio. Ora il Presidente del Consiglio di televisioni ne ha 7.
Alla faccia di Ciampi? No, forse di sua moglie Franca che ha affermato come
la televisione di oggi è brutta. Infatti per fare la televisione oggi
bastano degli spot colorati da condire con paiette, veline e vallette;
letterine, quiz e "boiate pazzesche". Ma a chi si paga il canone? C'è forse qualcuno che è disposto a pagarlo per
Emilio Fede? Lo paghiamo per Bruno Vespa?
Si sà la televisione è sempre più in ribasso: viene da rimpiangere la
televisione degli anni '60; un bianco e nero dignitoso, poco urlato: si
poteva incontrare Cecov, Tolstoj, Wilde, Bacchelli... Ma cambiare si può, basterebbe tenerla chiusa per un pò e mandare all'aria Auditel; ma siamo sicuri che i dati che forniscono siano giusti? Molti conoscenti mi dicono che non guardano il Grande Fratello; ma sarà che si vergognano come quelli che comprano Novella 2000, che alla fine risulta il
giornale più venduto. L'altro giorno mi è capitato di leggere: "...uno dei miei tanti cattivi
maestri giace da dieci anni in una discarica. era un philip di pochi pollici...". Fantascienza.
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TERRORE
Ho sempre più dubbi che la guerra e l'enfasi patriottica possa sconfiggere il terrorismo.
In Italia abbiamo conosciuto il terrorismo mafioso, rosso e nero con bombe, rapimenti, barbare esecuzioni. Abbiamo guardato negli occhi questi terroristi, si chiamano Riina, Mambro, Moretti, Fioravanti, Curcio, Rossi...Hanno nomi e cognomi come i nostri e io li ho odiati. Non riuscivo a tollerare che in nome di una loro giustizia o verità, si decretassero pene di morte, si commettessero vili assassinii. Quale società si vuole nel nome del terrore? Chi ha paura di un pensiero libero?
Poi rifletto e pur non trovando nessuna giustificazione per seminare il terrore, vedo morti per fame, morte di persone, che non dispongono di un dollaro al giorno, che vengono bombardati da bombe intelligenti che ne costano migliaia, morti sul lavoro; vedo ingiustizie determinate dai potentati economici che sovvertono la politica. Se io fossi un afgano qualunque e perdessi genitori e figli sotto le bombe, cosa farei? Potrebbe essere che diventi un terrorista per placare il mio odio: seminerei dolore pensando di sollevare il mio. Si, in ogni cuore può albergare il terrorismo e proprio quelli che invocano giustizia e libertà duratura, quelli che additano i pacifisti come terroristi, lo possono diventare ed essere loro stessi: ne hanno tutte le premesse; la cultura, i pensieri e le ragioni come me. Non ci sono civiltà esenti dal terrorismo. Cosa vuol dire allora fare guerra ai terroristi? A chi uccide insensatamente? Perché c'è forse un senso nell'uccidere?
Continuiamo a tirare in ballo Dio, tirarlo dalla nostra parte ogni volta che vediamo l'ingiustizia, ma non siamo capaci a costruire la giustizia.
Vince nella società d'oggi chi è più forte e chi più ha; può difenderla chi non ha ne forza ne altro? Ci sbattono in faccia la democrazia come se fosse una dittatura della maggioranza, un'investitura a comandare dettata dai numeri, ma non si avverte la cultura dell'imposizione mediatica da chi ne detiene la proprietà dei mezzi? Certo che aumenta, per una sorta di evoluzione di pensiero e di consapevolezza, l'individuazione di sempre maggiori storture e ingiustizie. Se ci analizziamo e pensiamo bene, la guerra allora dovremmo dichiararla a noi stessi.
Per questo penso che la guerra dichiarata contro il terrorismo vuol dire semplicemente che la guerra è una condizione permanente: cambiano le armi, cambiano i mezzi, cambiano le tecnologie ma senza conoscere l'egoismo, senza interrogarsi sulla sua vera natura, l'uomo non saprà trovare la strada verso l'amore e la felicità.
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PER DIRE BASTA
Qualche volta ho pensato che bastavano ancora due o tre cose e poi che sì, la morte poteva pure portarmi via. Segnale di vecchiaia? No; pensavo questo con la consapevolezza di un limite, di preparazione all'evento che più di ogni altro condiziona l'esistenza e per questo cerchiamo di rimuovere. C'era anche una sorta di appagamento per quello che avevo fatto e soprattutto per quello che sentivo ed ero diventato. Intanto la morte prima o poi arriva a fermare le tue cose e a concludere il cammino. Allora tanto vale prepararsi. E' bello e importante per me pensare che ci sia un momento nel quale possa dire: "sono pronto". Ma poi come si fa a dirlo? Ad invocare la morte? Ora mi viene da chiedere subito un'altra vita per fare altre cose che non ho fatto; per conoscere tante cose che non so; ma soprattutto per continuare l'avventura dell'amore e dell'incontro. La vita è troppo bella e di sicuro non c'è mai il momento per dirle basta.
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CENSIMENTO
Ma l'Italia oggi cos'è, o meglio chi sono gli italiani? Ci hanno dato da compilare il Foglio di Famiglia per il 14° censimento - a proposito giace lì, in un cassetto da due settimane, in attesa di essere ritirato- e dovrebbe da ciò emergere, in visione statistica, l'Italia "che sei" e "l'Italia che sarai"... Sarà.
Io una mezza idea me la sono già fatta: con la vittoria di Berlusconi alle ultime elezioni gli italiani sono divisi a metà; metà di destra, metà di sinistra, tutti di centro e nessuno per l'aldilà. Agli italiani piace il populismo e piacciono i gaglioffi: sono passati quasi sessant'anni da quando Mussolini fece l'autobiografia degli italiani ed ora ci ritroviamo un nuovo - vecchio biografo.
Ma il censimento è per le cose materiali: per quello che pensano gli italiani, pare ci siano le elezioni e la televisione. Allora ci domandano dove eravamo quel particolare giorno; quante case abbiamo e quante stanze abitiamo; se abbiamo il cesso, la doccia o l'amante (convivenza)...Sarà.
Ma chi sono gli italiani? Quelli che gridano Forza Italia e Forza U.S.A.? Forza Padania o Forza Sanremo? Già, canzoni e mandolini potrebbero resistere: "Voglio il tuo amoreeee, mi spezzi il cuoreeee...". Dirige Beppe Vessicchio. Sono i nostri giovani? Ma i nostri figli che si chiamano Erica e Omar: cosa cantano? Cosa pensano? Poi ci sono gli italiani come Gino Strada, come Rita Levi Montalcini, italiani tra i più diversi: anche loro italiani.
Ma chi siamo veramente aldilà dell'enfasi patriottarda? Aldilà della bandiera? Crediamo ai Miracoli di Berlusconi come a quelli delle Madonne che piangono; crediamo al "tanto è lo stesso, sono tutti uguali" salvo poi maledire chi ci frega; e ci fregano come sudditi sempre alla ricerca di una corte...Sarà. Intanto tempo fa ho letto un'indagine statistica che, in base alla bassa natalità, diceva come fra duecento anni non ci saranno più gli italiani: come tedeschi e francesi; almeno come li intendiamo oggi. Ma oggi siamo diventati europei, chissà se i nostri difetti come le virtù saranno stemperati...
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ITALIANI
Gli italiani li aveva ben conosciuti e descritti Montanelli; ora non ci rimane che Giorgio Bocca a richiamarci alla realtà. Dietro il ritorno della retorica della bandiera e il triste abbraccio alla guerra con il contorno di cortei, non so se ci resta da ridere con Alberto Sordi o piangere con Benigni e la memoria di Troisi.
Scriveva Montanelli il 15 Dicembre 1999: "...di noi italiani con le poche virtù e i molti difetti, fra i quali la scarsa consistenza morale, la mancanza di una coscienza civile, o per meglio dire civica, la disposizione ad andare sempre col vento che soffia e a cambiare col medesimo, la vocazione gregaria, la violenza e nello stesso tempo la superficialità delle passioni, il culto del nostro proprio "particulare", la credulità con cui ci abbandoniamo al primo ciarlatano che ci promette le soluzioni più facili e quindi più ingannevoli che si traduce nell'eterna attesa dell'"uomo della Provvidenza", la tendenza a lasciarci travolgere dall'enfasi e dalla retorica. E via di questo passo. Per concludere che di questi difetti, per fortuna corretti, anche nell'infuriare di tali sbornie, da un vigile senso di umanità e di misura, Mussolini fu la più compiuta incarnazione.". Perfetto, ora Bocca aggiunge: "...che razza di patria è quella dei paradisi fiscali, dei governi che si scagliano contro la giustizia che li disturba, dei parlamentari che passano le leggi salvaladri e che rifiutano il dibattito sul merito di queste leggi richiamandosi ossessivamente al numero dei voti e dei seggi?". Io aggiungo: ma qual'é la nostra patria? C'è qualcuno che si sente solo padano, qualcun altro solo juventino o romanista; c'è chi ha conosciuto lo Stato solo come Polizia, Carabinieri, carceri e corruzione... Oggi, illudendomi, e in attesa di un nuovo miracolo italiano - promesso da Fazio, Tremonti con l'avvallo di Berlusconi- mi dovrei sentire più europeo che italiano...domani chissà.
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OCCIDENTE
Si intende l'occidente come frutto e contenitore della filosofia giudaico cristiana, ma l'Islam è anch'esso elemento della stessa cultura occidentale. Lo stesso Dio giudaico, la stessa storia biblica, che nella rivelazione per l'islam diventa il Corano, portano a forgiare gli stessi uomini: l'uomo della ricchezza occidentale. Trovo, in questo senso, sbagliato vedere l'Islam contrapposto all'occidente. Il conflitto che contrappone le religioni cattolica, ebrea e musulmana alla modernità, ora sembra esclusiva dell'Islam. Per questo ora appare in occidente, il principale portatore di innovazione tecnologica e detentore di ricchezza materiale, il contrasto con l'Islam. Non è così: stiamo vivendo la fase declinante del Cristianesimo; la sua civiltà è destinata a perire, ma non sarà sostituita dalla quella musulmana. Il diabolico, il peccato, l'impuro non sono poi così diversi in tutte le visioni religiose: il "male" che ci tenta è sempre dell'altro e quell'altro siamo, in definitiva, sempre noi.
Se poi analizziamo la volontà di potenza, di conquista, di egemonia, allora si annullano anche le eventuali differenze. Ma davvero siamo il prodotto di una civiltà solo occidentale e autoriferita? No, noi non siamo distillati puri ma piuttosto le imperfezioni e i limiti di incontri tra esseri diversi: così ereditiamo la fisicità, la cultura rimanendo nomadi nel pensiero. Allora di chi è il terrorismo? C'è forse qualcuno che ne detiene il copyright? Quanta specularità c'è in Bush e Osama Bin Laden; quanti talibani troviamo anche in Italia...Insomma la globalizzazione delle tenebre, della violenza, cresce al pari di quella della Coca Cola e delle Nike.
Forse la vera contrapposizione dell'oriente all'occidente, sta nelle parole di Lao-tzu: "Il Mondo, vaso spirituale, non può essere modellato. Chi lo modella lo distrugge".
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ANGELO CUSTODE
A volte sogno e penso: ma che farei con tutti quei soldi che si vincono all'Enalotto? Che farei se avessi tutti i soldi che ha Berlusconi? Ecco mi dico: farei l'angelo, l'angelo custode. Ogni giorno una passeggiata e poi incontrata una persona in difficoltà, eccomi: quanti soldi servono? 30 milioni? Eccoli (con questa somma potrei accontentare molte persone). Che meraviglia. Poi a qualcuno potrebbe bastare anche meno: pagare una bolletta in scadenza quando tutto è difficile; pagare un consulto per guarire una malattia... Quante occasioni si troverebbero fuori in qualunque strada, città, paese.
Ma poi a pensarci visto che i miliardi non li ho, forse quell'angelo custode lo si può immaginare senza soldi. Il vero angelo custode non ne ha e non ne porta; ha solo il potere di indicare la strada per trattenerti dal cadere: come il Clarence del film "La vita è meravigliosa". I soldi non servono a superare certe difficoltà, serve riguadagnare la fiducia, guardare il prossimo a viso aperto e scoprire la ricchezza in quello che c'è più vero nella nostra vita.
Ma poi a pensarci bene un pò di soldi, da avere e per dare, servono sempre. L'importante è di non fare dei soldi un fine, ma solo un mezzo: non per diventare un angelo, non per sentirsi per questo felici, essere potenti e riveriti; non per soddisfare appetiti, conquistare poltrone e diventare così impuniti. I soldi servono per dilatare il tempo dei buoni pensieri e delle opere di bene...
Ma poi a ripensarci ancora basta solo quello che ho, ed è già tanto e l'angelo custode che non sono e né divento ce l'ho nascosto, come ognuno, dentro.
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FARE POLITICA
Io ammiro chi fa politica, chi è capace a farla. Io ho scoperto in me l'incapacità di farla; me ne dispiace, ma la lascio fare a chi ne ha, quello che considero, la dote. A questi politici non mi dispiace dargli un buon stipendio. Ammiro chi la fa e ha le giuste ambizioni di sentirsi utile, con la politica, al prossimo.
Io fare politica, l'ho provato anni fa: durante il ciclo amministrativo del sindaco Adriano Sansa. Ero un consigliere di circoscrizione di Portoria - S. Vincenzo a Genova. Ricordo i dibattiti sui problemi non ideologici ma reali della vita quotidiana dei cittadini: il fare rispettare un'ordinanza comunale, la pulizia delle strade e aiuole, il traffico, l'ordine, la sicurezza, l'ambiente...Insomma quelle cose che si ritrovano anche nei condomini. Ebbene in quelle sedute di consiglio, chi era più politicizzato sapeva sindacare su tutto. Tutto veniva riportato ai Massimi Sistemi. Non sempre, ma spesso anche il più semplice parere ( a quei tempi si esprimevano solo pareri) veniva rigirato in una logica di parte. E' il gioco della democrazia, si dice. E ogni volta, giustamente si finiva nella conta; così si stabiliva una maggioranza (vincente) e una opposizione (perdente). E io, e questo è il mio limite, la notte risognavo la seduta, dove riprendevo la parola e ridiscutevo tutto. Dove avevo sbagliato? Chi aveva ragione? Non era più facile fare le cose ed essere tutti d'accordo? Altre volte dei cittadini mi investivano dei loro problemi ed io telefonavo a destra e manca, camminavo nei vari uffici e scrivevo lettere con lo scopo di risolverli: non riuscivo più a staccare...
Ma io che non ho mai creduto alle razze, possibile che gli avversari politici mi diventavano di un'altra razza? Ma non eravamo tutti educati dalle stesse famiglie e con gli stessi problemi? Forse no. Era questione di cultura? Di egoismo? Chissà quale meccanismo influenzava le scelte. Beh, un pò di antipatia affiorava. Io il più delle volte diventavo o mi sembrava di essere, un'idiota che seguiva principi e ideologie anche quando speravo solo nel buon senso e nella bontà a priori del prossimo. Ero un "cattocomunista": così ero stato definito una volta; ora i leghisti mi chiamerebbero un "nazista rosso" e Berlusconi un "cretino di sinistra".
Certo che non avendo mai fatto il tifo per nessuna squadra di calcio - parteggiato sì- mi mancava lo spirito d'agone e trovavo difficile sostenere inutili tenzoni.
Io pensavo solo di fare delle cose scegliendo l'interesse dei cittadini mediando le ragioni che ognuno riteneva proprie. No, ogni volta uscivano degli interessi e scopi superiori. Superiori a chi? Era una sorta di potere non dichiarato: i soldi, le posizioni sociali, lo status quo, la pigrizia mentale...Insomma quelli che si ritenevano o si ritengono "nuovi" erano i vecchi più vecchi. Erano i nuovi Gattopardi: cambiamo tutto affinché nulla si modifichi. Da quella esperienza ho capito che la politica non fa per me. Voto, partecipo alle discussioni, ma non mi presenterò mai più per entrare in una istituzione elettiva pubblica. Ora continuo ad arrabbiarmi e ad indignarmi per quello che fa l'attuale governo in materia di giustizia; dell'immoralità che accompagna le scelte dei ricchi: la lotta di "classe" ora la fanno i padroni.
Ho scoperto di essere intollerante, razzista e anche il mio pacifismo vacilla: prenderei per il collo molti politici. Non sono proprio tagliato per la politica: non riuscirei a prendere il caffè con Bossi e Berlusconi...A proposito di "cattocomunismo", è vero, per i mercanti nel tempio anch'io vado fuori di testa...
Lo so, senz'altro il mio è egoismo: non mi do agli altri; ma solo per la paura che gli altri non si diano troppo a me. Ne sarei gratificato, ma soffocato. La politica è una cosa nobile è senz'altro abnegazione, altruismo (eccetto qualche volta) e ne abbiamo tutti bisogno: dalla politica dipende anche la nostra libertà, come collettività e individui. La politica con la democrazia è un esercizio difficile e insegna oltre all'umiltà, la piattezza che a guardare lo scenario politico oggi, poca ce n'è. Così io, la mia libertà, la vivo con il pensiero di essere pronto in qualunque momento di partire dalla mia città, dalla mia casa, per un posto lontano senza ritornare; ma soprattutto senza renderne conto a nessuno. La mia libertà, vissuta se non altro con il pensiero di non dipendere da nessuno - senza aspettarmi e volere che nessuno mi "liberi" o mi "salvi", rimandandogli i suoi giudizi con un sorriso - è semplicemente questa. Comunque viva la politica e i suoi candidati.
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CONFORMISMO
C'è un conformismo che è dato dall'uniformità dei comportamenti propri di una società consumistica e regolata dalle leggi di mercato. Questa uniformità, pare a me, anch'essa regolata dall'entropia o seconda legge della termodinamica che afferma come tutti i processi fisici che sviluppano calore vanno in una unica direzione: dall'ordine al disordine.
Così il calore delle passioni, delle lotte, dei sentimenti viene stemprato in un crogiolo dove tutto fonde e sfuma. Così abbiamo una società sempre più disordinata ma omologa. E' un pò come mescolare delle palline bianche e nere facendole diventare tutte grigie. Questo è il grigiore della cultura d'oggi. All'apice si candida per "salvarci" da questa società, un campione del conformismodilagante ed è probabile che vinca. Vincerà, forse, un campione della televisione, un campione degli spot; un campione di questa società. Infatti oggi si fa paradossalmente il processo alla volgarità televisiva per nascondere la volgarità del pensiero unico che predica la libertà e pratica la censura; vuole la legalità perseguendo i disgraziati senza permesso di soggiorno e non chi ruba in giacca e cravatta a tutti noi con i falsi in bilancio. Si nascondono gli affari sporchi e si perseguono interessi personali spacciandoli per nazionali.
Non so alla fine cosa e chi ci salverà. Forse sarà un marziano o chissà: sarà un uomo che non riesce a leggere la pubblicità; sarà un uomo che viene da lontano, che ha attraversato il deserto e non conosce più il linguaggio di questa società...
Ma a pensarci non di salvatori abbiamo bisogno, ma di interrogazioni e di silenzio. Abbiamo bisogno di inventarci una nuova società, senza questi protagonisti; pensarla senza di loro è già un fatto che ci farà uscire dall'uniformità: diventiamo nuove palline colorate che sfuggono al fuoco e vanno controcorrente.
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CROCI
Tra le cose di cattivo gusto (kitch) che mi è capitato di vedere, una è l'antenna a forma di croce di Radio Vaticana. Questa croce - antenna, è un traliccio porta parabole che svetta tra altri tralicci dell'alta tensione. Il simbolo dei cristiani lo si è visto in tutte le salse e in tutti i luoghi ma a vederlo come diffusore di elettrosmog, fa impressione. Con questa croce l'etereo, l'invisibile come l'anima, diventa inquinamento elettromagnetico. "Il mio regno non è di questo mondo"; per questo non ci rimane che la croce trasmittente. Io avrei preferito che ci fossimo fermati al crocifisso, proprio ieri restaurato, di Cimabue. Prima la croce, oltre sopra ad un altare, era sopra ad un campanile e trasmetteva un dolce inquinamento acustico, ora si è sviluppata: canta, parla e suona attraverso le radiofrequenze. Ma per chi abita vicino, troppo vicino, il cervello frigge e la corrispondenza con il Padreterno, diventa, tramite Radio Vaticana, troppo angosciante, come il senso di morte che accompagna sempre la croce. Speriamo che, ridimensionando le emissioni elettromagnetiche, si cambi anche forma all'antenna vaticana.
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GRANDE FRATELLO
Il Grande Fratello insegna: l'evento mediatico si costruisce sul nulla. Una televisione che riprende una televisione, che riprende una televisione, (fare seguire per il numero che si vuole) crea la notizia. Si crea così Sanremo; si crea il rimbellicimento generale e la realtà. Il Grande Fratello sono tanti piccoli occhi che guardano insieme la stessa cosa. Ecco la fregatura famigliare: il fratello non è maggiore o minore è solo grande perché vede dappertutto. Ma cosa? Il niente: vede noi che ci guardiamo. La potenza del mezzo televisivo può risultare da un parente scemo che diventa famoso o da uno stupido che diventa potente; anche questa è la realtà. All'interno di questo circo mediatico poi viene inserito di tutto; tra uno spot e l'altro: si organizzano incontri di parenti lontani, si inviano postini fasulli per richieste d'amore e banalizzare i sentimenti e l'intimità. Alla fine diventa tutto "merce", tutto oggetto da inserire nel palinsesto, dove avviene il rito del Grande Mercato; dove oltre alle compra e vendite delle merci si svende il cervello.
Ora c'è la televisione che ci fa televivere; ci dà le telenotizie senza informarci; ci teleracconta le telestorie per intrattenerci. Tutto in attesa di una guerra o di un crimine che prima o poi succederà e sarà anch'esso un evento televisivo. Avremo il bravo inviato, davanti ad un portone, un cancello o diversamente il giusto banale fondale, che ci racconterà sul posto che cosa potrebbe succedere, ora che già tutto è successo, "in diretta" sempre sulla stessa rete: quella che guardate in quel momento...
Allora, io dico viva il giornale; io dico tornate a leggere: basta che per farlo i giornalisti non si mettano anch'essi davanti alla TV. Diversamente se tutto è specchio della società, aspettiamoci una palingenesi, dopo che tutto il "blob" ci sommergerà.
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DEMOCRAZIA FORSE
Lo sò è difficile e anche se i "ragli d'asino non arrivano in cielo" bisogna prendere atto che quello che sostiene Berlusconi è conseguente alla sua cultura dominante. Chi ha "conquistato" televisioni, (perchè lui se le è conquistate) giornali ecc.; chi intende la politica come un grosso mercato di consensi da "conquistare" attraverso gli spot, trova ingiusti e non democratici i vincoli delle regole per tutti.
La democrazia è un esercizio difficile e insegna oltre all'umiltà, la piattezza e a guardare lo scenario politico, poca ce n'è. Berlusconi si proclama moderato ed è un eccesso in tutto: in possesso, in parole, in giudizi...
Così la democrazia perde i fondamenti filosofici che ci aiutano a stabilire che cosa sia la ragione e diventa un pragmatismo che individua una "verità assoluta" che è utile credere. Berlusconi si muove dentro questa cultura, la nostra, e la nostra democrazia è nel dilemma tra godersi la ricchezza della Terra rispetto al Sud del Pianeta e per questo ci si trova nella condizione di essere uomini in una gabbia, con delle bestie feroci da uccidere o addormentare, (anche con gli spot) o nella ricerca di una sintesi che superi le proprie "verità" assolute che fanno chiamare barbari chi non le condivide. Purtroppo ho paura che abbracciando la prima idea di democrazia avverrà quello che la storia ripete: si dovrà bere sino in fondo l'amaro calice. Poi forse guariremo... Per un pò.
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CERVI
Colui che vuol rifondare l'Italia sappia che, questa Italia, ha una storia degna. Per questa terra scrisse parole d'amore Salvatore Quasimodo scrivendo ai sette fratelli Cervi. Ma forse chi non conosce i fratelli Cervi non conosce neppure Quasimodo e le sue parole sempre attuali:
"Ogni terra vorrebbe i nostri nomi di forza, di pudore, non per memoria, ma per giorni che strisciano storia, rapidi di macchine di sangue".
Ancora ci ricorda Quasimodo di come non sapevano soldati, filosofi e poeti di questo umanesimo di razza contadina. Allora possiamo perdonare? E sì! Per la nostra libertà sono morti contadini ed operai: operai veri che hanno conosciuto la dittatura fascista e l'invasore tedesco. Forse oggi molti lo ignorano o peggio l'hanno dimenticato. Questa libertà e le nostre, vostre, parole possono essere stupide e banali; possono essere d'amore o di odio, ma sempre peseranno alla nostra responsabilità di esseri ora liberi. Oggi possiamo dire e perderci da soli, questo è bene che si sappia: ai nuovi "salvatori" renderà più difficile la strada.
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NON LUOGHI
Ci sono posti che si possono definire "non luoghi". I "non luoghi" fisici sono gli spazi indefiniti, i luoghi post- moderni della società attuale: sono gli autogrill, i parcheggi sotterranei, i mega centri commerciali, i condomini dormitorio, le fabbriche dismesse e in ultimo alcuni insediamenti urbanistici: nel cuore di Genova abbiamo ad esempio il Centro dei Liguri. Questi non luoghi caratterizzano la società d'oggi e sono l'espressione di alienazione: in nome di una funzionalità per soddisfare dei bisogni umani, si è costruito, paradossalmente, escludendo l'uomo stesso.
Con i non luoghi fisici si hanno anche i non luoghi della politica. Il non luogo della politica che genera i non politici è un luogo non di destra e non di sinistra, è il centro denominato Forza Italia.
Questo partito è l'espressione di un capo che clona i desideri, come i comportamenti privati, annullando quello a cui la politica invece è destinata: aumentare gli spazi di libertà nella convivenza pacifica. Si può immaginare di vivere in pace con Berlusconi al governo?
Riuscireste a immaginare Forza Italia senza Berlusconi e i suoi soldi? Riuscireste a pensarlo senza conflitti d'interessi? Impossibile, la vera politica lo escluderebbe: gli interessi sono sempre collettivi.
Purtroppo dopo tangentopoli c'è stato un rigetto per una classe politica corrotta che ha generato questo non luogo politico. Senza Di Pietro e la Lega forse avremmo ancora Bettino Craxi, Cirino Pomicino e Forlani; non avremmo Berlusconi e Gasparri ministro...Ma forse il vero non luogo è il non "luogo a procedere": procedere verso la vera giustizia e la vera libertà.
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INTERNET
Tra le innumerevoli cose che continuamente si scrivono su Internet, una mi ha colpito e a mio parere ne illustra bene la sua funzione. E' successo un pò di tempo fa, quando lessi che grazie ad Internet è stato possibile sperimentare una terapia genica su un bambino e così salvarlo da una grave malattia: si è riusciti a trovare un donatore compatibile tra milioni e milioni di persone.
Terapia genica e Internet si erano incontrate come le parti di uno stesso universo: la comunicazione. Una, quella genica, infinitamente piccola, nascosta, misteriosa, intima; l'altra, quella di Internet, manifesta, globale, in continua espansione e incontrollabile.
E' un esempio di come l'informazione è servizio e la conoscenza possibilità di nuove frontiere. Perciò al di là di tutto - compreso di fare di Internet anche il mezzo per esorcizzare la nostra miseria o per soddisfare turpi desideri- si può dire che Internet è lo strumento di una nuova conoscenza che se tramutata in consapevolezza non assolverà più nessuno, questo sì, della miseria del mondo e ci spingerà verso una nuova responsabilità.
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RICCO DI ME
Io mi considero più ricco di Berlusconi semplicemente per una sola questione: io possiedo il mio tempo, lui no.
Io mi considero più libero di Berlusconi, per questo lui forse vive con l'ossessione della libertà. Poi lui si è preso tanti di quegli impegni, come fare la squadra del Milan, fare il governo e disfare il conflitto di interessi, rilasciare interviste, scrivere libri, telefonare alla moglie e in televisione, salutare i figli, portare in crociera la mamma...che chissà a quali nevrosi è sottoposto: Insaziabilità? Missione mistica? Altruismo ossessivo? Forse tutto questo e di più; d'altronde è la sindrome del "migliore". Lui vuole raggiungere la santità. Perciò chi gli vuole bene non lo voti, gli salvi la salute, la prostata e quant'altro; gli faccia capire che non si interessi più di tanto di noi. Si preoccupi di lui del suo tempo e dei suoi amori che capirà non siamo noi. La sua ricchezza forse emergerà senza conflitti, senza stallieri e guardie del corpo. Gli si risparmi soprattutto la classica parabola dei leader di tal fatta: una irresistibile ascesa con un inevitabile colossale caduta in disgrazia. Risparmiatela a lui e all'Italia.
Dato poi l'età, si dovrà averlo inopportunamente davanti per una decina d'anni al massimo, poi per legge naturale si passa (così si dice) ad una vita migliore. Entrambi. Lui, allora sì, con in più la santità.
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NUOVE VENDITE
Nuove tecniche di vendita per nuovi acquisti. Tempo fa dopo un 2° e ultimo avviso mi si informava che avevo diritto ad una vacanza soggiorno gratuita per 7 notti (sic) dandomi un appuntamento in un hotel. Recatomi all'hotel scoprivo che cosa volevano vendermi: al prezzo speciale di una quindicina di milioni, la vacanza assicurata di una settimana all'anno "vita natural durante".
In un clima creato ad arte con musica, sorrisi e drink si firmavano i contratti per comperare la vacanza, l'evasione, il sogno. Si comprava una fetta di vita futura al prezzo di tot lire attuali. Gli applausi mi hanno fatto capire che la cosa funzionava, segno anch'esso che siamo diventati un paese ricco. Ipotechiamo una vacanza in un futuro ormai creduto sicuro. D'altronde lavoriamo tutti seriamente per l'immortalità e una settimana di sicura vacanza si può spendere Altro segnale che il problema è pur sempre quello del "tempo libero". E' vero c'è chi ne ha troppo anche se non lo vorrebbe: i nostri disoccupati; ma chissà comprando e vendendo un pò di futuro si può forse occupare la gente: un part-time per la vita. Io non ho firmato. Sono stato congedato bruscamente. Non sò ma avere una vacanza nel contratto come una sorsata di rosolio in un mare di petrolio, non mi andava. E' un'idea di futuro in un presente che non si vive. Cosa ne pensate?
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VOGLIO DIRE
"Voglio dire", dopo "l'attimino", dopo "a livello di", dopo "mi consenta" si sente sempre più spesso usare nei discorsi il "voglio dire". Fateci caso, come le mode e le stagioni, l'intercalare cambia. Oggi si sente spesso il "voglio dire" e dopo ci si aspetta un dire corposo, si attende un seguito meditato e invece? Il "voglio dire" non dice niente ed è sovente la premessa di banalità. Così il "voglio dire" che è ribadire la prima persona, l'io che parla, non dice nulla, ribadisce solo che c'è la voce, la presenza; poi si innesta l'automatismo e allora rimpiango il vecchio "belin" che se si accompagnava alle "musse" raccontate chiudeva un discorso in modo pertinente, sano. Un genuino sentire che "belin" c'era da dire! Senza dire prima voglio.
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SCUOLE
La mia scuola è stata fatta di libri ma soprattutto di insegnanti: erano loro con le loro capacità e i loro limiti a trasmettermi la curiosità, il piacere o inversamente il rifiuto e le difficoltà delle materie da studiare.
Ero innamorato della prof. Di francese perché era bella e con l'aggiunta dello charme dovuto alla dizione francese, sognavo la Francia. Mi piaceva anche il prof. di educazione tecnica che ci parlava di tutto fuorchè di tecnica: ci raccontava dei film che aveva visto, delle tragedie di quei momenti, era un liberale radicale e ascoltandolo ero diventato anch'io un liberale radicale. Via le patrie, via le chiese, via le proprietà fondiarie e parassite, la terra, il cielo e il mare non dovevano avere padroni. Viva la libertà, bastava quella a far incontrare gli uomini e a decidere come vivere insieme. Fantasticavo, era la libertà che sognavo.
Sono passati molti anni dalla mia scuola e poi è intervenuta l'università che per me si chiamava "fabbrica": l'università del lavoro, delle relazioni interpersonali improntate dalla "produzione", dalla gerarchia industriale: il mondo nel mondo che si riproduceva nella società. Chi comandava in fabbrica, comandava anche fuori- si diceva... Tutti gli insegnamenti ricevuti a scuola si scontravano con una quotidianità che lasciava poco spazio alla fantasia. Era la quotidianità del bisogno che vincolava il desiderio di libertà. Come coniugare allora verità e libertà? Compresi che alla base c'è sempre un'ingiustizia. Ecco cosa, per me, allora dovrebbe fare la scuola, andare a cercare dove si annida l'ingiustizia: è giusto che un uomo abbia il superfluo e un altro nulla? E' giusto in nome di qualcosa di astratto, come la patria, uccidere un altro uomo? E' giusto...?
Un maledetto "script" ci condiziona tutti, c'è come un pensiero unico che non ci abbandona ed è unico nel disegnare la storia sulle proprie idee con la paura del nuovo, vecchia come il vecchio che ritorna sempre nuovo.
Vorrei, allora, la scuola di Platone; vorrei che si educasse alla libertà, insegnando lo spirito critico. Vorrei la scuola della filosofia, che ha come fondamento l'interrogazione e la critica del reale non per conoscerlo ma per superarlo. Le domande su che cosa vogliamo fare, può nascere dalla risposta al che cosa vogliamo essere? Oggi, ora, nella condizione attuale a me pare, per la maggioranza: niente.
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BERLUSCONI Pt.
Chissà se dopo le prossime elezioni vedremo Berlusconi Presidente del Consiglio che da una delle televisioni del Presidente del Consiglio dove viene trasmessa la pubblicità raccolta dal Presidente del Consiglio mostrerà la squadra di calcio del Presidente del Consiglio che giocherà con la strategia suggerita dal Presidente del Consiglio il quale commenterà poi su un giornale del Presidente del Consiglio la partita e dove si ricorderà anche di un libro della casa editrice del Presidente del Consiglio dove riaffermerà come il Grande Fratello comunista vuole prendersi tutto del Presidente del Consiglio
Chissà a quel punto dove avrò scampo? Scapperò aggrappato alle mutande nel cesso e dopo aver controllato che non ci siano telecamere nascoste del Presidente del Consiglio con un sommario controllo accerterò di non avere la prostata guarita del Presidente del Consiglio e appurato dopo avere sollevato la tavoletta del WC di non avere nascosta una web cam del portale Internet del Presidente del Consiglio mi lancerò in un fantozziano liberatorio urlo vaffan...nuovo Presidente del Consiglio.
Post Scriptum la punteggiatura non c'è per il copyright del nuovo Presidente del Consiglio
Punto = Presidente del Consiglio
Virgola = Presidente del Consiglio
Punto e virgola = Presidente del Consiglio
Due Punti = Presidente del Consiglio Punto Interrogativo = no quello rimane nostro
Chissà se la leggerà?
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NUOVO MIRACOLO ITALIANO
E' arrivato l'inverno, è arrivata l'entrata in guerra, nel frattempo sono passati i fatidici cento giorni di preparazione e di rincorsa per il grande salto nel paese dei balocchi; restiamo sempre in attesa del nuovo miracolo italiano promesso da Berlusconi, Tremonti e Fazio. Restiamo in attesa della Devolution, del milione e mezzo di posti di lavoro e delle pensioni minime ad un milione netto al mese. Intanto si è dato il via allo smantellamento delle riforme sanitaria e scolastica. Intanto si sono messi al riparo i miliardari da tasse di successione e donazioni e da tutti quei reati che li possono interessare: falsi in bilancio, rogatorie, traffici di valuta ecc...Può essere che allora arrivi il nuovo miracolo italiano con il rilancio della tangenti, con il rilancio dell'abusivismo, della cancellazione delle regole; poi ci vorrà di nuovo quella che è stata chiamata "guerra civile" che in sostanza erano le persecuzioni ai ladri e le finanziarie - quelle si di guerra - per pagare i conflitti di interessi generalizzati. Poi si ritornerà a riparlare di nuovo miracolo italiano. Ci vorrà però un nuovo Cavaliere, con nuovi conflitti d'interessi che ci insegni che in fondo l'interesse non è suo, ma nostro se vogliamo veramente il nuovo miracolo italiano. E noi che ci crediamo...ci crediamo nuovamente: un vero miracolo italiano di povera gente.
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OSAMA BELIN LAADEN
Una mia amica ha trovato Osama all'Upim: reparto cartoleria. Osama scrive in
diversi colori, è con il cappuccio oppure in formato clip. Osama è una marca
di penne a sfera. Naturalmente non è l'Osama bin Laden che qui a Genova
diventa un belin Làaden. La mia amica, tornando a casa, si è fatta una
grossa risata: ma guarda un pò che buffo, mentre tutti lo cercano tra le
montagne afgane, l'Osama se ne sta negli scaffali del supermercato.
Più tardi poi io, Osama bin Laden, l'ho visto in televisione nell'imitazione
di Luca Bizzarri e ancora risate. In seguito su Al Jazeera, la televisione
del Quatar, Osama faceva paura: turbante, barbalunga, kalashnikov, tuta
mimetica, microfono, dito alzato, lanciava proclami di morte.
Meno male che qui ridiamo e l'Afganistan è lontano, ma una guerra è in corso
e il terrorismo annulla tutto; ma non ci perdiamo nei nomi. Oggi Maria
Grazia Cutuli è stata uccisa là, dove Osama bin Laden è o era di casa.
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CENSIMENTO
Ma l'Italia oggi cos'è, o meglio chi sono gli italiani? Ci hanno dato da compilare il Foglio di Famiglia per il 14° censimento - a proposito giace lì, in un cassetto da due settimane, in attesa di essere ritirato- e dovrebbe da ciò emergere, in visione statistica, l'Italia "che sei" e "l'Italia che sarai"... Sarà.
Io una mezza idea me la sono già fatta: con la vittoria di Berlusconi alle ultime elezioni gli italiani sono divisi a metà; metà di destra, metà di sinistra, tutti di centro e nessuno per l'aldilà. Agli italiani piace il populismo e piacciono i gaglioffi: sono passati quasi sessant'anni da quando Mussolini fece l'autobiografia degli italiani ed ora ci ritroviamo un nuovo - vecchio biografo.
Ma il censimento è per le cose materiali: per quello che pensano gli italiani, pare ci siano le elezioni e la televisione. Allora ci domandano dove eravamo quel particolare giorno; quante case abbiamo e quante stanze abitiamo; se abbiamo il cesso, la doccia o l'amante (convivenza)...Sarà.
Ma chi sono gli italiani? Quelli che gridano Forza Italia e Forza U.S.A.? Forza Padania o Forza Sanremo? Già, canzoni e mandolini potrebbero resistere: "Voglio il tuo amoreeee, mi spezzi il cuoreeee...". Dirige Beppe Vessicchio. Sono i nostri giovani? Ma i nostri figli che si chiamano Erica e Omar: cosa cantano? Cosa pensano? Poi ci sono gli italiani come Gino Strada, come Rita Levi Montalcini, italiani tra i più diversi: anche loro italiani.
Ma chi siamo veramente aldilà dell'enfasi patriottarda? Aldilà della bandiera? Crediamo ai Miracoli di Berlusconi come a quelli delle Madonne che piangono; crediamo al "tanto è lo stesso, sono tutti uguali" salvo poi maledire chi ci frega; e ci fregano come sudditi sempre alla ricerca di una corte...Sarà. Intanto tempo fa ho letto un'indagine statistica che, in base alla bassa natalità, diceva come fra duecento anni non ci saranno più gli italiani: come tedeschi e francesi; almeno come li intendiamo oggi. Ma oggi siamo diventati europei, chissà se i nostri difetti come le virtù saranno stemperati...
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LIBERISMO
A vedere come va il mondo sembra che il liberalismo abbia vinto. A distanza di 225 anni dalla pubblicazione di " Le ricerche sopra la natura e le cause della ricchezza delle nazioni" di Adam Smith e il fallimento delle teorie comuniste, pare che il mondo sia governato da quelle idee. L'ideologia liberale attribuisce il merito del successo, come il demerito dell'insuccesso, alle virtù e ai vizi individuali che poi si ripropongono nella società con le diseguaglianze sociali. Nello stato liberale lo svantaggio sociale viene così attribuito alla carenza di mobilitazione morale e degenerazione della volontà. E' sempre e davvero così? C'è in questo una parte di verità poiché le doti umane si affinano o degenerano anche a seconda delle tradizioni famigliari e dell'ambiente sociale, fortemente condizionanti; ma io ho i miei dubbi: le doti morali che accompagnano i potenti e il successo non esistono, esistono soldi che chiamano soldi. Le " difference of talents", che richiama sempre A. Smith, sono sì la definizione di una identità ma nel rapporto con il mercato non rappresentano solo un valore, sempre tradotto in soldoni, ma la filosofia del più furbo che non vuol dire intelligente. Tutto questo è causa di guerre, odio, poiché le doti morali vantate, sono l'imbellettamento del "lupo famelico" che per "grazia" o "elezione" diventa dispensatore di ricchezze e beni materiali. Questa ideologia persiste e avanza come "legge naturale"...Ma lo è?
Chi crede nell'uomo e nella libertà continua a combattere contro questo liberismo.
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LA MIA GATTA ROSY
Voglio parlare della mia gatta, si chiama Rosy ed è tricolore. Rosy mi ha fatto credere quanto i gatti, e gli animali in genere, sappiano provare sentimenti e siano intelligenti.
Vedo spesso Rosy stare immobile per ore a fissare un punto della parete bianca di casa e niente sembra distoglierla; così assorta penso che stia facendo pensieri profondi e forse in quel silenzioso meditare, mi dico se sia anche saggia. Mentre tutto intorno a Rosy si muove, fa rumore, solo dopo un po' volge sonnecchiosa lo sguardo verso di me; in quell'occhiata c'è tutto: c'è l'intesa mista ad uno strano e misterioso sapere di uno scambio unico, irripetibile tra me e il gatto. Siamo due animali che si sopportano, dopo un incontro fortuito e una decisione unilaterale si scambiano un tempo indefinito... Grazie Rosy che mi permetti di accarezzarti, rammentandomi il dono divino di aver sotto la mia mano, in piccolo, la grazia e la ferocia della tigre e del leopardo. Forse sto esagerando, la mia Rosy, è in verità timida, paurosa e un po' ciccia. Quando c'è qualche visita si nasconde e di fronte alle incursioni di altri gatti in giardino scappa, anzi corre da me per una sorta di aiuto e difesa. Il suo interesse maggiore pare riservarlo al cibo, in particolare al pollo allo spiedo ed al rognone; ma nei momenti che decide lei, Rosy, sa essere affettuosa e insieme al pelo e qualche unghiata ti regala un ron-ron che è una canzone d'amore.
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GUARDANDO ROSY LA GATTA
Guardando la mia gatta, Rosy, sento che ci riveliamo tante cose senza parole; percepisco che nel
profondo dei suoi occhi mi vede come un altro gatto: un suo prossimo e lontano parente, un suo maldestro interlocutore. Guardando la mia gatta per un istante ci specchiamo, ma l'anima naturale che ci è comune ci separa più di tutto; avverto le tante morti necessarie affinché una trasmutazione della stessa anima ha portato a me. La gatta Rosy continua a vedermi come un grosso gatto, altro gatto, impunemente sempre gatto e io, per un misterioso meccanismo, guardando la mia gatta la vedo per un po' umana. Io provo a parlargli, sul momento accenna a rispondermi con un "miaoo", un "maah"; poi impassibile torna in silenzio. Rosy sistema la postura: una accovacciata eretta, attorciglia la coda e zitta ora mi impone il silenzio. Guardando la mia gatta, la sua innata attenzione per l'estetica e la misura, scambio un cenno di serenità e sento un accordo involontario con la grande anima della natura che ci comprende. Tutto torna quieto. Così alla mia gatta tutto perdono:
il vaso rotto, la matassa di peli lasciata in giro, la puzzetta in sala...
Guardando la mia gatta, Rosy, mi dice che sa proprio essere una gatta e quello che cerco al Gran Teatro del Mondo mi si rivela nella Natura che, in ultimo ad ogni domanda, risponde: "Questo sei tu".
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ROSY, LA GATTA, MI FA PENSARE
La mia gatta Rosy mi fa pensare: sempre più pacifica, assomiglia a un asceta, un indù o un buddista. Che saggia a essere fiera e a escludere ogni coinvolgimento! Infatti, Rosy mi insegna a soffocare la partecipazione alle notizie date dalla televisione: ora s'inarca' si lecca i baffi, mi contempla un istante e poi si rigira. Non è come il cane che avverte gli stati d'animo dell'uomo, ne gioisce e ne dispiace: la mia gatta Rosy sa che tutto prima o poi passa e resta indifferente.
La sua vita interiore è fatta di tanti istanti discreti e non si preoccupa più di tanto. Non rimugina e la sua fattezza raggiunge l'equilibrio con l'inespressività: è un allenamento mistico. Italia-Camerun 3 a o? Italia-Austria 2 a 1? Italia-Norvegia 1 a 0? Italia-Francia 3 a 4? Niente! Penso che truffa volere l'evento, essere al centro di un'attenzione che ci allontana dai mondi, dal cielo e dalle stelle.
Alla fine chi più di un anima le ci conduce all'Uno? Ci fa comprendere l'universo a cui egli e più vicino? Questo fa scoprire una chiave per la felicità: la condizione bestiale. Posso dire più modestamente, come Byron del suo terranova, io della mia gatta: "dotata di tutte le virtù ma priva dei vizi umani".
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TERRE DI MEZZO
Vi sarà capitato di vedervi allungare per la strada, generalmente da un immigrato, una copia di un giornale: si tratta di "Terre di Mezzo", il giornale di strada; appunto. Compratelo e leggetelo, è un giornale molto interessante.
Tramite questo giornale si fa conoscenza di realtà e di questioni che normalmente non sono trattate dalla cosiddetta stampa ufficiale. Esemplari sono le inchieste, le più diverse: dagli ultimi o nuovi eremiti, ai suicidi in carcere; dallo stato degli immigrati, ai senza dimora.
Il giornale poi affronta e porta alla luce la città nascosta: la città, come bene descriva la direttrice, che attraversiamo ogni giorno senza alzare lo sguardo e farci domande. Ci sono anche le "notizie invisibili", una rassegna degli appuntamenti che di solito passano inosservati. Così non dimentichiamo di fare gli auguri ai cinesi il 24 Gennaio; ai musulmani il 25 Marzo per la festa dell'Egira; per Genova il 15 - 17 Giugno, "Tuttunaltracosa", fiera del commercio equo e solidale. Scorgiamo poi, tra le numerose giornate dedicate dall'ONU alle più svariate cose - pace, gioventù, anziani, bambini, donne, acqua e disabili - anche una giornata senza tabacco (31 Maggio) e una settimana organizzata da Terre di Mezzo al "Turn Off Tv": una settimana, dal 22 al 28 Aprile, senza televisione per accorgersi di chi ci sta accanto. Leggete "Terre di Mezzo", magari subito vi incazzate, ma alla lunga vi farà stare meglio con il semplice guardare chi sta indietro, chi non ce la fa o ha sbagliato. Chi ora ci ricorda come potremmo essere e non siamo e come è nella nostra possibilità cambiare.
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ANGELO CUSTODE
A volte sogno e penso: ma che farei con tutti quei soldi che si vincono all'Enalotto? Che farei se avessi tutti i soldi che ha Berlusconi? Ecco mi dico: farei l'angelo, l'angelo custode. Ogni giorno una passeggiata e poi incontrata una persona in difficoltà, eccomi: quanti soldi servono? 30 milioni? Eccoli (con questa somma potrei accontentare molte persone). Che meraviglia. Poi a qualcuno potrebbe bastare anche meno: pagare una bolletta in scadenza quando tutto è difficile; pagare un consulto per guarire una malattia... Quante occasioni si troverebbero fuori in qualunque strada, città, paese.
Ma poi a pensarci visto che i miliardi non li ho, forse quell'angelo custode lo si può immaginare senza soldi. Il vero angelo custode non ne ha e non ne porta; ha solo il potere di indicare la strada per trattenerti dal cadere: come il Clarence del film "La vita è meravigliosa". I soldi non servono a superare certe difficoltà, serve riguadagnare la fiducia, guardare il prossimo a viso aperto e scoprire la ricchezza in quello che c'è più vero nella nostra vita.
Ma poi a pensarci bene un pò di soldi, da avere e per dare, servono sempre. L'importante è di non fare dei soldi un fine, ma solo un mezzo: non per diventare un angelo, non per sentirsi per questo felici, essere potenti e riveriti; non per soddisfare appetiti, conquistare poltrone e diventare così impuniti. I soldi servono per dilatare il tempo dei buoni pensieri e delle opere di bene...
Ma poi a ripensarci ancora basta solo quello che ho, ed è già tanto e l'angelo custode che non sono e né divento ce l'ho nascosto, come ognuno, dentro.
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COME NEL1994
Tutto il caldo minuto per minuto": sentito in TV dove con collegamenti dalle città venivano riportate le condizioni meteo e la cronaca di una estate che fa l'estate. Firenze, venduti 10.000 ventilatori; Milano, aperti 5.000 ventagli; Bari, consumate 20.000 granite.
Tutti in attesa dei temporali che provocheranno innumerevoli allagamenti e frane. Intanto l'altra "notizia" che rimarca l'estate è l'esodo di massa, con traffico autostradale, migliaia di chilometri di coda con rispettivi migliaia di feriti e morti. Si potrebbe vivere un'estate diversa? No, anche se c'è Berlusconi II, dopo Amato II, l'unica cosa è che pare di essere tornati in un attimo al 1994: Berlusconi reduce malconcio del G7+1; il "colpo di spugna" per i reati di tangentopoli, viene fatto eliminando la causa: depenalizzando il falso in bilancio; rimane il conflitto di interessi del "capo" sempre in attesa dei tre saggi.
Nel frattempo Bossi dal bagnasciuga, in canottiera, è passato al ministero con la camicia verde e gli italiani passano - come allora- dal culo nelle mutande alle mutande nel culo.
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NON LUOGHI
Ci sono posti che si possono definire "non luoghi". I "non luoghi" fisici sono gli spazi indefiniti, i luoghi post- moderni della società attuale: sono gli autogrill, i parcheggi sotterranei, i mega centri commerciali, i condomini dormitorio, le fabbriche dismesse e in ultimo alcuni insediamenti urbanistici: nel cuore di Genova abbiamo ad esempio il Centro dei Liguri.
Questi non luoghi caratterizzano la società d'oggi e sono l'espressione di alienazione: in nome di una funzionalità per soddisfare dei bisogni umani, si è costruito, paradossalmente, escludendo l'uomo stesso.
Con i non luoghi fisici si hanno anche i non luoghi della politica. Il non luogo della politica che genera i non politici è un luogo non di destra e non di sinistra, è il centro denominato Forza Italia.
Questo partito è l'espressione di un capo che clona i desideri, come i comportamenti privati, annullando quello a cui la politica invece è destinata: aumentare gli spazi di libertà nella convivenza pacifica. Si può immaginare di vivere in pace con Berlusconi al governo? Riuscireste a immaginare Forza Italia senza Berlusconi e i suoi soldi? Riuscireste a pensarlo senza conflitti d'interessi? Impossibile, la vera politica lo escluderebbe: gli interessi sono sempre collettivi.
Purtroppo dopo tangentopoli c'è stato un rigetto per una classe politica corrotta che ha generato questo non luogo politico. Senza Di Pietro e la Lega forse avremmo ancora Bettino Craxi, Cirino Pomicino e Forlani; non avremmo Berlusconi e Gasparri ministro...Ma forse il vero non luogo è il non "luogo a procedere": procedere verso la vera giustizia e la vera libertà.
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TRAFFIC
Da quando Berlusconi "è sceso in campo", la politica è diventata come una gara di foot-ball . A vedere come si distribuiscono le magliette e gli slogan pare proprio di essere allo stadio. La partita di pallone metafora anche della politica; ma già da un pò il pallone, come tutti gli altri sport, è drogato dai soldi e dal doping. Si potrebbe dire che è tutto un traffico.
Tempo fa ho visto "Traffic", un bel film di Soderbergh, che è una forte denuncia contro la società attuale. Traffic; il traffico è quello della droga, ma alla lunga è traffico tutto: scambio di interessi, di potere, di agiatezza borghese. La società stessa è divenuta traffico. Traffic, è un film crudo con il messaggio finale che per combattere il cancro della droga, non servono le guerre, la repressione, i proclami dei vertici; ma la comprensione e l'interrogarci su come viviamo, portando luce negli angoli bui, tornando a noi. Il film di Soderbergh, finisce con l'accendersi di luci su un campo dove giocano dei bambini. Le luci delle televisioni piene di paiette, culi e tette, di chiaro ne fanno ben poco, come tutto il vociare isterico...Ancora traffico, solo traffico per il traffico.
Torniamo a noi.
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CAPELLI
Ho ricevuto da "I Buonavoglia", l'invito per l'incontro di giovedì 22 Febbraio per "Certi piccoli problemi: la sindrome di Sansone". Anch'io sono un colpito dalla "sindrome di Sansone" non ho più le chiome. E' già da diversi anni che una invisibile Dalila con una sottile strategia mi ha privato poco a poco dei "bei capelli" fino a diventare "senza capelli". Ogni tanto ci provo guardandomi allo specchio a immaginarmi con la chioma. Dieci anni di meno, mi dico, dimostrerei. I capelli li farei scendere sugli occhi, ci coprirei le orecchie, così tornerei negli anni '70 o giù di lì. Ma poi ora son di moda le teste rasate e io ce l'ho già. E' bello il cranio scoperto, una comodità, senza perdite di tempo in shampoo, pettine e phon; c'è da mettere solo il berretto quando fa freddo o il sole picchia un pò. Ho provato, qualche tempo fa, a farmi crescere la barba quasi per un'inconscia voglia di recuperare la massa erbosa a bilanciare una sparizione con altra peluria. Ma era bianca, grigia e non mi andava, non era per l'aria da saggio che assumevo, era perché non c'era corrispondenza nel guardarmi, nel sentirmi.
In fondo è solo per questo che i capelli io forse ce li ho già...già avuti, come l'età.
Ora sono contento dell'unica certezza che mi è rimasta, la mia Dalila, i capelli non li perderà.
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E' UN PENSIERO...
E' un pensiero, ma da sempre lavoriamo per l'eternità: accumuliamo ricchezze che non si riescono a spendere in una vita; costruiamo con pietre un tempo riservate solo alle cattedrali. Abbiamo una concezione del tempo distorta, come se fossimo immortali. Così ci riconosciamo contemporanei soprattutto leggendoci nel volto lo sgomento di essere qui ora tra sensi vietati e ruspe, qui insieme in una città che chiamammo Genova. E' un pensiero, ma oggi viviamo il cambiamento in modo tanto veloce da non accorgerci che viviamo con le stesse voglie di ieri. Ma cosa vogliamo? Vogliamo tutto in ordine. Tutto bello e pulito. Così ogni volta rifacciamo la città, riprendiamo quello che abbiamo abbandonato. In un enorme cantiere ci perdiamo sperando presto di uscire, di fermarci, di sederci...non dimenticate le panchine, Genova, in centro, non ne ha.
E' un pensiero, ed è l'ultimo che fa sintesi, che finisce un lungo cammino: è solo nostro, intimo, ma di sicuro lo lasciamo scolpito in una pietra messa in piazza. Scrivetelo oggi, in questo anno, là dove si lavora, se c'è anche una fontana o anche solo quella, va bene: è il nostro orgoglio a Genova che si rifà.
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MIA GENOVA CENTRO DEL MONDO
Mia Genova: Centro del mondo Per Genova ho un pensiero.
Tra le tante cose dette o scritte su Genova può trovare spazio una dichiarazione che è poi, metaforicamente, l'espressione d'amore per un luogo dove noi viviamo, abbiamo casa e per questo identifichiamo con noi. Tutti noi. "Ogni luogo è il centro del mondo" ha detto il Sioux Alce Nero; così anche Genova lo è, come lo è ognuno. A Genova per strani giri passa sempre la Storia del mondo. Sotto le sue case, tanti uomini hanno sostato il tempo breve di un sospiro, tanti altri il tempo al passaggio della vita. Sotto le sue persiane tante lingue hanno raccontato di storie incredibili: del Milione; di storie indicibili: di pestilenze e guerre. Sotto i suoi tetti speciali suoni e alte parole hanno disegnando l'anima: Paganini, Verdi, Sbarbaro, Montale ...E che dire poi dei colori e pensieri forti? Di Van Dyck, Nietzsche, Mazzini? Quanti natali, poi si son persi nel mondo? Date dimenticate in case, ora vuote o anonime, di chi nome ha fatto lode ...E quello stesso mare che la bagna è una strada che porta lontano. E' proprio per questo mare che Genova, pur persa su una sponda, una riva troppo grande, ha centro. Per quei monti a coprire, ad inscatolare, a preservare quella misteriosa natura che è il mare, Genova ha consapevolezza di se: s... che in questo c'è il Tutto come memoria. Non è un'idea alchemica o metafisica, è un'idea molecolare, omeopatica: è la sostanza del ricordo. Provate ad immergere una qualunque cosa in mare, questo non la scorderà più. Di più avrà la capacità di trasportare questo ricordo nei posti più lontani che lo stesso mare tocca. Così Genova ha coscienza. Così Genova è centro del mondo: per quei suoi piedi a bagno, per quell'acqua sporca che defluisce a mare, per quel suo vivere in affanno e deliziarsi in un rosso tramonto. Genova è così, per il centro del mondo, in ogni luogo.
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PER DIRLE BASTA
Qualche volta ho pensato che bastavano ancora due o tre cose e poi che sì, la morte poteva pure portarmi via. Segnale di vecchiaia? No; pensavo questo con la consapevolezza di un limite, di preparazione all'evento che più di ogni altro condiziona l'esistenza e per questo cerchiamo di rimuovere. C'era anche una sorta di appagamento per quello che avevo fatto e soprattutto per quello che sentivo ed ero diventato. Intanto la morte prima o poi arriva a fermare le tue cose e a concludere il cammino. Allora tanto vale prepararsi. E' bello e importante per me pensare che ci sia un momento nel quale possa dire: "sono pronto". Ma poi come si fa a dirlo? Ad invocare la morte?
Ora mi viene da chiedere subito un'altra vita per fare altre cose che non ho fatto; per conoscere tante cose che non so; ma soprattutto per continuare l'avventura dell'amore e dell'incontro. La vita è troppo bella e di sicuro non c'è mai il momento per dirle basta.
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RIFIUTI
Il rifiuto, in tutti i sensi, ci ritorna. Ci sarebbe il riciclo, ma per la legge di Lavoisier in fondo tutto si ricicla. Bisogna vedere come. Intanto il rifiuto ci sovrasta. A Genova lo portiamo, da molti anni, su una collina, dove lo si interra ma poi con la pioggia attraverso il "percolato" ci ritorna: sbocca in mare attraverso il Chiaravagna e così ce lo riprendiamo e rimangiamo, inconsciamente tutti, con il pesce e con l'acqua. Come in un percorso psicoanalitico il rifiuto, causa del nostro malessere, può diventare strumento di interrogazione e quindi di consapevolezza. La psicoanalisi di Freud è intesa anche come una "spurenvissenschaft” ovvero scienza degli scarti: questi vengono messi al centro dell'indagine. Tutto quello a cui si presta poca attenzione come i lapsus, i sogni, le dimenticanze, le battute di spirito, ecc. diventano la via per la conoscenza e la coscienza. Si potrebbe fare così anche con il rifiuto fisico, con il nostro scarto merceologico: la nostra ”rumenta” che cerchiamo di nascondere e ignorare. Portiamola giusto sotto la Lanterna e chissà se questo faro riacquisti una nuova valenza simbolica, illuminandoci nella notte del nostro consumismo, per ricordarci i nostri rifiuti, i nostri sprechi, dandoci una nuova consapevolezza. Mettiamo anche noi, qui, i rifiuti al centro. I rifiuti così possono diventare l'occasione per ripensare il nostro progredire.
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FIGLIO DEI FIORI
Mi è rimasto dentro un "figlio dei fiori". Mi è rimasto con le canzoni e la voglia di pace.
Sì, ho cantato tante volte: "Give Peace a Chance" .Sì, dai una chance alla pace. Sono passati anni e quel figlio ritorna attuale.
Ricorda bene su "Musica", Ernesto Assante: "Quante volte abbiamo cantato "C'era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones", quante volte abbiamo ascoltato "Imagine" e quanto lontana ci sembrava la possibilità di una simile storia si dovesse ripetere e che i sogni di Lennon si rivelassero vani...Eppure sappiamo che la musica, quella che noi amiamo, non ha mai conosciuto la parola "nemico". Ed ora quel "figlio dei fiori" ritorna. E se vediamo di nuovo "nemici, vediamo "diversi", vediamo odio e vendette e una lunga storia ritorna, riprendiamoci quella voglia di colori. Educati alla libertà continuiamo ad imparare a stare insieme: il diritto è con l'essere nati e vivere in un luogo non dà privilegi. Educati alla libertà vediamo i multicolori vestiti d'Africa con i neri pastrani europei. Educati alla libertà ascoltiamo la musica sincopata e lenta, andante e vivace…le sette note non si perdono di vista.
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CI INCONTREREMO
Lo so, è una bellissima idea, ma è certo che io ti rincontrerò. No, non può finire con la vita l'amore per le persone più care. No, non ci credo che non ti vedrò più. Lo so ritorneremo. Chiamalo karma, chiamalo paradiso, inferno o quant'altro; ma è certo che non ci perderemo.
Chiamalo karma, lì puoi saldare i conti sempre in sospeso; chiamalo paradiso, lì puoi riscuotere per i sacrifici e per la devozione verso l'ignota giustizia; chiamalo inferno, lì puoi avere il castigo crudele per un male che è soprattutto ignoranza. Non sapere di te. Lo so. C'è una paga per il delitto, c'è una restituzione per il furto, c'è e ci deve essere un seguito all'amore. E' questione di tempo; il tempo di far svanire la carne e le ossa, il tempo di un calendario, di un'epoca, di una moda, ma ci rincontreremo. Non saranno gli stessi occhi, le stesse mani; non saranno i nostri corpi avuti, le nostre frasi in codice dette che ci faranno riconoscere. Saremo noi amati amanti a crescere. Saremo noi, in tutti, a continuare l'amore. Qualcosa vive in noi che non è nostro; è quello che dà senso. Qualcosa vive in noi che non è nostro: è quello che dà senso alla vita e alla morte; è quello che dà il senso all'amore.
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TUTTA COLPA TUA
Un augurio che è una proposta: non usare più la frase: “E' tutta colpa tua”. “E' tutta colpa tua”, è uno dei meccanismi di relazione più diffusi. Scaricare la colpa sugli altri e commiserarsi è il modo per non prendersi responsabilità e quindi per non crescere. Così, non credendo alla nostra capacità e responsabilità di essere gli artefici di quello che ci succede, facciamo succedere, senza averne coscienza, sempre la stessa cosa: la famosa “coazione a ripetere” di Freud. Tutto quello che ci accade, di negativo (il più delle volte) e di positivo (raramente) è dovuto agli altri. Nel rapporto di coppia poi, l'altro: l'odiato- amato compagno, è responsabile di tutto. “E' tutta colpa sua” si dice, però guai a perderlo questo nemico- amico. E' lui che ci rafforza la convinzione che è tutta colpa sua; se poi chiede continuamente “scusa”, è fatta: si può passare tranquillamente (si fa per dire) la vita con lui nell'infelicità senza aspirare ad altro. Quello che serve in fondo è non sentirsi soli, ma a che prezzo! Ma sarà poi vero?
Il giornale, se notate bene, è il posto dove vanno a finire molte storie di “tutta colpa tua”: sono quelle storie di coltello, botte, liti e vendette.
Alla fine tutto ci riporta al nostro essere piccoli. Piccoli e chiusi, fermi in un progetto angusto. Allora non ci rimane l'augurio (quello vero) di vastità. Ci vuole vastità per farsi più grandi del proprio dolore. Ci vuole vastità per sentire che siamo dilettanti dell'amore e che occorre “compassione” per potere “con” e non “contro” gli altri, costruire la nostra libertà e (in parte) felicità.
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ODIO GLI AVVERSARI
L'odio per gli avversari politici io l'ho provato; non so se l'ho superato.
Gli odiati erano i “fasci”, i “demo(ni)cristiani”; erano soprattutto quelli che avevano detenuto il potere: quelli con i soldi in Svizzera e che ora gridano “Forza Italia”. Erano per me quelli di “destra”; quelli che negavano la libertà; quelli che licenziavano chi faceva sindacato; quelli che ti dicevano che intanto nel rubare sono tutti uguali- in fondo quella era la vera “uguaglianza” da loro ammessa. Erano i “Lor Signori” e i loro chierici che così bene descriveva Fortebraccio.
Nel frattempo molte cose sono cambiate: prima c'è stato il terrorismo, schifoso e vigliacco che decretava la pena di morte agli avversari. Era forse il mio odio portato alle estreme conseguenze? Ma la mia morale voleva essere migliore, per questo voleva vincere. La morale di vendetta e di morte della mafia brigatista rossa, come poteva vincere? La prima sconfitta gliela inflisse il perdono dei figli di Vittorio Bachelet: la vittoria di una vera morale cristiana. Poi sono arrivati gli scandali, o meglio si è scoperchiato l'intrigo tra politica, affari e finanza. Ancora l'odio cresceva e certi politici a spiegarci che la morale non ci doveva entrare, così come il codice penale. C'è chi faceva l'equazione: tutti ladri, tutti assolti. A me non piaceva e l'odio continuava. Poi è arrivato Berlusconi a spiegare che la colpa di tutto era dei “comunisti”, della “sinistra”; (ma il suo amico-padrino Craxi era di sinistra?)l'odio può tranquillamente continuare. Nel frattempo i post-comunisti sono al potere e in fondo nulla cambia. Quanto odio sprecato…Ma forse la parola odio è troppo grossa. Eppure…
In uno scritto inedito, Freud scrive che siamo un branco di ossessivi e di assassini: “Nei nostri segreti pensieri eliminiamo ogni giorno, ad ogni ora, tutti coloro che ci sbarrano la via, che ci hanno offeso e danneggiato. Si, il nostro inconscio uccide anche per piccolezze. Se questi malvagi desideri fossero esauditi, il genere umano sarebbe già estinto da lungo tempo. Non esisterebbero più neppure gli uomini più buoni e le donne più belle e dolci.”. Allora? Per non essere “qualunquisti” abbiamo una sola possibilità: interrogarci ad ogni piè sospinto di quanti uomini possiamo salvare; indipendentemente dall'essere di “destra” o di “sinistra”. E' buonismo? Intanto resto un odiante, odioso di sinistra ,che però vuol salvare tutti e rimane contro la pena di morte. Sempre.
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MIRACOLI
Ho visitato tempo fa a Firenze il museo di Marino Marini, uno scultore tra i più rappresentativi di questo secolo. Nelle ossessionanti rappresentazioni del cavallo e del cavaliere, c'è un gruppo di sculture che porta il titolo di "Miracolo". Queste sculture ricordano la folgorazione di Saulo sulla via di Damasco ed esprimono, per Marini, l'idea del miracolo. Scrive l'autore: "I cavalieri che cadono rappresentano i miracoli; l'idea del miracolo è la loro distruzione…Chi vuole andare in Cielo non sta bene in nessun posto, cerca spazio, invece cade". Il Cavaliere nel momento della tragedia umana scopre un senso: è pronto a rinascere. Il miracolo è il mistero di un potere ultraterreno che scende così profondamente nelle nostre viscere da ribaltare la tragedia: si supera con esso la morte. Questo dovrebbe essere il miracolo, la sua forza, la sua poesia. Il miracolo spiazza la nostra vita, è segno di una simultanea illuminazione. Prima c'era la tenebra, dopo la luce; la grazia di Dio, ha bisogno della scena della strada, di luci, di voci e tutto diventa bello.
I miracoli annunciati di lacrime, di apparizioni, di sofferenze autolesioniste di improbabili stimmate, non hanno nessuna forza né poesia, nessun segno divino: sono solo segni pagani, di regressione, ritorni al buio di una fede che ha solo miracoli da annunciare e non destini da conoscere e cadute da rialzare. Il miracolo di Marini ha anche una forma e queste non sono certo macchie di sangue su un volto di madonnina o sulle mani di un frate di nome Pio
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PSICOANALISI
Vorrei sfatare un luogo comune che vuole la psicoanalisi adatta a persone con problemi psichici: la psicoanalisi è per tutti; per tutti quelli che hanno voglia e sentono di affrontare le fondamentali domande: “Chi sono?”- “Dove sto andando?”. Ecco la psicoanalisi può dare risposte.
Anch'io faccio analisi, si psicoanalisi: racconto di me, dei miei sogni, delle mie fantasie ad una analista; ma non sono matto, non ho problemi psichici: sono una persona di quelle definite normali anche se poi si inizia a comprendere, insieme a se stessi, come è poco normale la normalità comunemente intesa. La psicoanalisi è un viaggio per la comprensione di sé attraverso lo smantellamento di tutte le sovrastrutture, che ci siamo costruiti a difesa del nostro essere nascondendoci e negandoci la libertà di essere così come siamo: i soggetti della nostra vita. Questo, lo so, genera la paura di guardarci a fondo con umiltà e di accettarci con i nostri limiti e ombre. Si ha paura di trovare qualcosa di sé cattivo, impresentabile, da aborrire, invece… scopriamo in tutto la grandezza di un atto d'amore. Nelle nostre private idiosincrasie, nei nostri gesti più strani, nel modo di essere nel bene e nel male, c'è la nostra complessa individualità, irripetibilità; c'è il segno di un nocciolo divino che chiede e dà amore: c'è la luce che disegna le ombre.
Per questo consiglio la psicoanalisi a tutti invitando a guardare la propria vera identità. Molti surrogano le domande fondamentali chiedendo consigli, assicurazioni, consolazioni e soprattutto illusioni; per questo lavorano molto astrologhi, cartomanti, guaritori e venditori di nuove religioni. La psicoanalisi, invece proprio a noi cosiddetti normali, ci può aiutare veramente.
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VECCHIAIA
Tragedia della malattia e della vecchiaia, titola oggi il giornale: uomo di 88 anni soffoca la moglie di 90 - la vecchiaia ogni tanto va in cronaca. Sembriamo saper tutto della vecchiaia: decrepita, brutta, triste...Ma riusciremo a morire giovani? Ma cos'è la vecchiaia oggi?
La vecchiaia, oggi non è più un valore, è diventata peso, sopportazione, in molti casi disprezzo; così si ci avvia inconsciamente, e qualche volta pensato veramente, al gerontocidio: liberiamo dalle pene i vecchi. Le case di riposo, gli ospedali come in famiglia, praticano, più di quanto si creda l'eutanasia o il suicidio assistito. Tutti detestiamo invecchiare, così rifiutiamo i vecchi che ne sono l'incarnazione; ma per tutti è una condizione inevitabile e senza coscienza l'auspichiamo.
Amiamo tutti la bellezza dell'asino, ossia la bellezza di un corpo solo giovane e non sappiamo vedere la bellezza dell'anima, quella di dentro, che normalmente i vecchi hanno.
Oggi tutto è rapportato ad una maledetta idea di funzione, con l'abbraccio di una società di consumi e produzione; il vecchio forse può consumare, si consuma, ma diventa improduttivo e disfunzionale: anzi questo rappresenta una invalidità, una incapacità paralizzante. Eppure ingegnosità, canzoni, modi di dire, folklore, costumi, quante cose potrebbero insegnare i vecchi, insieme alla lentezza; già proprio questa, la pura e semplice lentezza sarebbe da imparare, ora che va tutto in fretta.
Eppure riuscireste a pensare una commedia sulla vita senza un vecchio? Non ci sarebbe trama e profondità. E se trovassero ascoltatori, i vecchi, ci affabulerebbero nel ripasso della propria vita; farebbero ammenda e speculazioni cosmologiche con storie ricche, di vera ricchezza- di un confesso che ho vissuto.
Eppure moriamo giorno per giorno per costruirci, per diventare con la vecchiaia l'opera d'arte che siamo: non sempre riuscita e che non sempre ci aggrada. Ma è così, a volte basterebbe guardarci, basterebbe vederci.
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LINGUAGGIO
La nostra lingua, si sta piano, piano, stravolgendo. Si sa una lingua viva si modifica continuamente: muore e rinasce sempre; ma la scrittura e la parola a cui andiamo incontro, sta uccidendo forse la poesia. Non so se esisterà ancora, fra un pò di tempo, una lingua italiana fluente nelle sue più varie declinazioni. Uniformando i costumi anche il linguaggio si appiattisce. Sta nascendo una sorta di slang: la scrittura e il linguaggio sono divenuti un dialetto tipo codice fiscale. Parole dimezzate, accorciate, prive delle vocali; le troviamo specialmente nei testi della posta elettronica e nei brevi messaggi tra telefonini. Scrivere Xkè invece di "perché": lo si fa per fare più in fretta? Rispetto a quale scadenza? Il linguaggio si accorcia forse perché si va fonetizzando, quasi come un geroglifico sonoro: scrivo come pronuncio.
L'altro giorno ho letto involontariamente un messaggio sul telefonino di mia figlia: "ciao raga, ci vediamo stasse. Ke fate? Verrò + tardi". Perfetto.
Così abbiamo aggiornato il nostro dizionario, specialmente nei lemmi dell'internet: cliccare, ciattare (sarebbe: chattare; ma è molto più brutto), baipassare, zippare, formattare, resettare, scannerizzare, dounloadare, uploadare, eccetera.
Poi avete fatto caso alle mode? Come si usino le stesse parole nell'intercalare? Siamo passati da "a livello di...", dal sessantottesco, "dal momento in cui..."all' "attimino", al "mi consenta", al "voglio dire...". Una sorta di psittacismo. Noi genovesi intercaliamo spesso con il "belin"; ma pare che perderemo anche questo. Così da una bella trofietta al pesto, passeremo ad un big mec al keciap; oppure dalla buridda al senduic al tonno. Desolante. Sembra anche questo effetto della globalizzazione - anche questo, che brutto termine. Chi ci salverà? Oppure c'è qualcuno che sa scrivere una poesia con questo nuovo linguaggio? Una sfida.
Da provare.
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AI GIOVANI
Tra le tante cose brutte successe a Genova, mi ha sollevato il cuore aver visto tanti giovani manifestare pacificamente contro i G8. Fa riaccendere la speranza osservare i giovani avvicinarsi alla politica affiancandosi nobilmente ai poveri del mondo. Questi giovani renderanno lo "scudo spaziale" di Bush una stupida corazza verso il cielo che non fermerà l'indignazione e il senso di giustizia della terra più profonda di chi vive nelle bidonville del mondo. Quindi bentornati giovani nelle piazze, ben tornati contestatori pacifici. Ben tornato spirito critico che, ora più che mai, nel clima del regime berlusconiano è necessario.
Quindi io che posso esservi padre a questo punto vi dico: buttate via pure i miei stracci, la mia cultura vecchia; buttate via le mie paure di perdere il conquistato benessere materiale, prendete le sempre nuove bandiere della giustizia e libertà e lottate. Il futuro deve essere vostro.
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OGGI HO PERSO
Non accade mai nulla per caso e tutto ha una dimensione salutare; perfino la malattia ha i suoi lati belli: per Montanelli ci libereremo di Berlusconi, vaccinandoci, provandolo al governo. Così serio e serioso, impegnato e convinto nelle mie idee di sinistra, perdendo le elezioni, scopro il limite: perché fantasticare una visione del mondo dove far vivere tutti in armonia e felicità quando non riesco, in pratica, a farmi ubbidire dalla mia gatta? Le sconfitte possono essere educative. Governare un mondo che ci è sempre più straniero è una sfida ardua. In altri tempi Prezzolini diceva che governare gli italiani, non è difficile, è inutile. Ora, invece, viviamo una fase in cui si è perdenti non come fazione, ma come cultura. L'uomo di Kafka è qui: siamo diventati tutti stranieri a noi stessi; così oltre che perdenti si ci sente persi...Eccetto Berlusconi lui vince. Gli italiani lo vogliono: è l'Italia delle merendine, del Grande Fratello, delle Telenovelas, dei Quiz miliardari, delle code in autostrada per il week end al mare e del calcio parlato, insomma di tutto quanto ci aliena. Ma poi? Ci sono anche gli altri e io sono uno di quelli: uno che ha ucciso il papà (metaforicamente) e che forse cerca di entrare in una mamma (sempre metaforicamente). Sono un "altro", mi dicono artista e io godo, eppure mi considero un fortunato mediocre che non ho bisogno del papà; non ho bisogno delle promesse degli altri, mi bastano quelle che mi faccio da solo. Sono nella condizione di aspirare al di più, contento di avere quello che ho e non avere di meno: sono l'esempio di un limite. Un limite è anche la democrazia...La democrazia è un esercizio difficile e insegna oltre all'umiltà, la piattezza e a guardare Berlusconi poca ce n'è; lui si proclama moderato ed è un eccesso in tutto: in possesso, in parole, in giudizi...Per questo toccherà a lui l'arduo compito di governare, anzi comandare perché per lui è questione di comando. Come lo farà? Come l'altra volta? Con gli spot? ( ricordate lo stampino: "FATTO"?). Berlusconi potrà fare la squadra di pallone della Nazionale; rifare la Costituzione; abbassare le tasse, fornendo ad ogni cittadino una società off-shore; fornire i libri di storia gratis alle scuole: "Una storia italiana"; salvare la patria, ridarci la democrazia; metterà i suoi avvocati a disposizione di tutti i poveri perseguitati dai magistrati come lui...Tante cose avrà da fare, ma lui ci riuscirà: non conosce limiti...Poi infine ci libereremo di lui o forse anche lui si libererà di noi...D'altronde sono sempre i migliori i primi ad andarsene: questo è forse il suo solo limite.
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SALAM A LEK - BUON NATALE
"As-salam a leykum" (la pace sia con voi), così saluto quasi ogni giorno il marocchino, all'angolo della via, che mi risponde "wa alaykumu salam..." (con voi la pace- un altrettanto) portandosi la mano sul petto. Ormai è un'abitudine. Il saluto islamico è un augurio di pace e il Corano ne stabilisce le regole; ma mai come in questo periodo ha assunto così tanto valore.
Quando spingo i miei passi un pò più avanti, incontro anche una zingara ed un barbone a loro allungo le mille lire: faccio conto di pagargli un caffè che aggiungo al mio. Ormai loro fanno parte della mia giornata. Queste persone sono sconosciute alle assistenti sociali, ai servizi, ma formano ormai una realtà sempre più presente nella città; sono le facce dell'immigrazione, dell'esclusione e della povertà; sono volti che si dimenticano presto, vengono rimossi. Altre facce ci sorridono e le sentiamo amiche: sono il giornalaio, il barista, il fornaio; con loro scambiamo impressioni diverse: parliamo di sport, del tempo e del "governo ladro"...
Intanto, in città, il Natale si avvicina e riesce a creare diverse atmosfere, saranno le musiche e le luci dei negozi: pare che dobbiamo essere, in questi momenti, contenti quasi a forza. Ma oggi c'è una guerra che ci coinvolge. Oggi ci scopriamo cattolici e musulmani, mai come ora siamo costretti a convivere con le situazioni più diverse. Il Natale da sempre è momento di pace, di concordia e l'occidente con la sua forza è riuscito a farne una festa mondiale. Così alberi addobbati, babbi natale, presepi, festoni, tacchini, lasagne, panettoni e regali riempiono ogni dove. "Buon Natale", così ci scambiamo tra noi, l'augurio e il saluto. Buon Natale è nato Cristo, ripetiamo la notizia del nostro divenire cristiani. Cristo ci ha fatto fare il più grande salto all'umanizzazione e la sua nascita dovrebbe ricordarcelo e nell'augurarci Buon Natale c'è l'auspicio alla nostra capacità di poter nascere uomini nuovi. Ogni volta almeno, lo diciamo.
Domani sono sicuro che al mio "Buon Natale" risponderanno ugualmente il marocchino, la zingara e il barbone. Buon Natale va da sé la pace. Ogni volta almeno, lo speriamo.
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