MALATTIA

Poi all'improvviso il paesaggio cambia.
Un paesaggio non voluto e cercato si para davanti a renderci stranieri: scopriamo la malattia; scopriamo di essere altro. Il paesaggio cambiato è quello visto da una anonima camera d'ospedale: è un angolo o un trapezio di cielo tra grondaie e muri grigi, dove i piccioni volano incuranti di tutto, ma è per questo che stanno lì, non sanno, non conoscono, non sentono il nostro dolore. Viene voglia di scappare, è la voglia di un ritorno ad una cosa di prima, di ritornare al nostro paesaggio conosciuto.
E' quello che ci manca, le maledette abitudini, i riti nascosti, inconsapevoli come lo spostare un libro sul comodino o il rigirare la penna in un cassetto. E' il quotidiano che chiamiamo vita e che spacciamo per salute, per lo star bene e senz'altro lo stavamo se ora davanti al paesaggio di una finestra d'ospedale ti senti un pò morto e a quel "di prima", aspiri tanto.
"Va meglio", "Come stai?", "Forza, coraggio, ce la farai".
E' tutto un bel dire, qualcosa si è spezzato. Cosa volevo dire? Ecco ho perso il filo di un discorso. Stavo per dire qualcosa preso dalla rabbia. Tanta rabbia rimasta inespressa. Volevo spiegarmi...Poi sono mancate le parole; è mancato il suono.
Un ictus è stato diagnosticato.
Che rabbia. Si è la rabbia inespressa, questa è la malattia: è allora che parla il corpo, che esplode, che marca.
Ma cosa è stato? Ad un tratto non si sà più niente, forse non si deve sapere di più di quello che hai perso. Ora quello che conta è quello che hai davanti. Davanti hai volti preoccupati, hai volti sorridenti, ma chi sono? Sono gli altri che conoscevi, che ti conoscevano e ora sono diventati sconosciuti e non ti riconoscono. E la rabbia? Ce ne sarebbe da consumare a chili, a quintali se avesse peso e invece che assurdità. Ti incazzi, imprechi, brontoli, ti abbandoni a quel vizio capitale che è l'ira ma che potrebbe essere l'ingordigia, la lussuria o altro che niente di più ti fa sentire vivo, ti fa sentire, sì proprio sentire, vedere, essere...La rabbia è svanita, è stato come un sogno; eppure io sono io, io ci sono ancora, lo dicono gli occhi che vedono, che guardano il paesaggio da questa finestra: il paesaggio che cambia. O cambiamo noi? Cambia il punto di vista, la posizione. Ora da un letto guardi in alto e la finestra mostra un pò di cielo.
Cambia il tempo, il cielo s'abbuia e si rischiara, passa in altalena e si perde l'altro tempo: il tempo di chi ti visita, di chi ti guarda e scappa. Rivuoi quel tempo? Sì, si lo rivuoi come la vita, come quello che conosci...Magari lo vuoi vivere più lento. Vivere, vivere lo hai detto, quella è la vita. Entrare nel gruppo, essere sani, con la rabbia dentro.
Essere nel gruppo per celebrare il Natale o la Pasqua; andare in gita per il week end. Ora è diverso. Ora fai i conti e conti solo te.
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