Raccolta Scritti su Genova

Scritti pubblicati su quotidiani, riviste e webzine varie

Genova centro del mondo
Punti di vista
Genova per noi
Genova città deberlusconizzata
Quelle sere a Genova
Un pensiero

12 Marzo a Genova
Genova Flaneur
Genova
19 Luglio a Genova
Genova a Maggio
Le pietre di Genova

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GENOVA CENTRO DEL MONDO

Per Genova ho un pensiero.
Tra le tante cose dette o scritte su Genova può trovare spazio una dichiarazione che è poi, metaforicamente, l'espressione d'amore per un luogo dove noi viviamo, abbiamo casa e per questo identifichiamo con noi. Tutti noi.
"Ogni luogo è il centro del mondo" ha detto il Sioux Alce Nero; così anche Genova lo è, come lo è ognuno. A Genova per strani giri passa sempre la Storia del mondo. Sotto le sue case, tanti uomini hanno sostato il tempo breve di un sospiro, tanti altri il tempo al passaggio della vita.
Sotto le sue persiane tante lingue hanno raccontato di storie incredibili: del Milione; di storie indicibili: di pestilenze e guerre. Sotto i suoi tetti speciali suoni e alte parole hanno disegnando l'anima: Paganini, Verdi, Sbarbaro, Montale ...E che dire poi dei colori e pensieri forti? Di Van Dyck, Nietzsche, Mazzini? Quanti natali, poi si son persi nel mondo? Date dimenticate in case, ora vuote o anonime, di chi nome ha fatto lode ...E quello stesso mare che la bagna è una strada che porta lontano. E' proprio per questo mare che Genova, pur persa su una sponda, una riva troppo grande, ha centro.
Per quei monti a coprire, ad inscatolare, a preservare quella misteriosa natura che è il mare, Genova ha consapevolezza di se: sà che in questo c'è il Tutto come memoria.
Non è un'idea alchemica o metafisica, è un'idea molecolare, omeopatica: è la sostanza del ricordo.
Provate ad immergere una qualunque cosa in mare, questo non la scorderà più. Di più avrà la capacità di trasportare questo ricordo nei posti più lontani che lo stesso mare tocca.
Così Genova ha coscienza. Così Genova è centro del mondo: per quei suoi piedi a bagno, per quell'acqua sporca che defluisce a mare, per quel suo vivere in affanno e deliziarsi in un rosso tramonto.
Genova è così, per il centro del mondo, in ogni luogo.

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PUNTI DI VISTA

Grazie al "Secolo XIX" per le Fotocarte di Genova. Che emozione! Grazie di aver dato a molti la possibilità di vedere, da un punto di vista diverso dal nostro solito, la città di Genova.
Con questa vista verticale si scopre una Genova ancor più varia. Le nostre piazze sono in verità slarghi e le nostre vie sembrano fessure, screpolature di una ipotetica arsura di pietra. Le vie sono come fili, corde tese, che raccordano la vita dei vari rioni. Da questo disegno irregolare si scopre l'andamento scosceso del terreno e i tetti grigi rivelano tanti punti colorati. Che vertigine! Non si sa dove planare in questo "Centro storico" senza centro.
Che bella Genova da lassù! Non si vede da lassù il marciapiede rotto, la spazzatura "fuori' come gli affanni "dentro"'. Cicatrici, a dire il vero, se ne vedono tante: sono sparse un pò ovunque, sono le occasioni mancate o il punto dove si può rinascere. Dipende da noi. Mi sono fermato molto tempo a guardare queste Fotocarte, c'era come un oscura ambizione a fissarle nella mente. Non ci è dato di avere, normalmente, una vista così d'insieme.
Vorrei ricordarla mentre posso guardare Genova in su e di lato: potrei scoprirla in una dimensione nuova. Anche i problemi possono essere diversi se visti con un'altra dimensione e il nostro orticello diventa piccolo piccolo in questa Genova grande. E' bella Genova vista da lassù!
Non si vedono, in verità i genovesi, sono diventati dei punti minuti in una Genova cresciuta nei secoli. Da lassù esce fuori l'architettura, che qui, più che altrove, traduce l'uomo: fissa il1 forma un pel1siero mobile. Da lassù dove l'uomo sparisce paradossalmente diventa più comprensibile la sua opera: il possibile disegno di una voglia impossibile.
Grazie "Decimonono" per averci dato Genova da lassù.

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GENOVA PER NOI

Appena usciti dall'autostrada Genova - Ovest, la città di Genova mi viene incontro attraverso la Sopraelevata. Il mare intuito, da diversi chilometri, per chi viene dall'entroterra, si mostra all'improvviso alla destra nel porto: fermo, balucinante di umori più che di colori.
A sinistra le case si inerpicano su, come un baluardo fatto da innumerevoli occhi. Verrebbe voglia di fermarsi, ma si resta imprigionati in una colonna di auto che impongono la velocità. Alla nostra destra scorre l'attrazione: navi, barche, vele e poi L'Acquario, il Bigo, il tendone delle feste...Esco? La decisione è da prendere subito. Basta un indugio e via ho superato la prima uscita. Dietro le macchine pare spingono oltre. Ecco un'altra uscita: questa volta non la manco, ma dove va? Si entra in un oscuro budello attorcigliato, curvo e ricurvo; un sotterraneo che fa presagire un sopra caotico. L'uscita è nel cuore della città: Piccapietra; ma dove mi fermo? I posteggi sono tutti esauriti. Dov'è la strada per il Porto Antico? Giri a destra...ma anche a sinistra e poi di nuovo a destra. "Ahi genovesi, popol diverso...", perché io solo mi sento perso?
Questo è il racconto di chi viene a Genova dalla campagna, da fuori: è il breve incontro con la nostra città, tutta da scoprire. Certo è che i percorsi sono obbligati, vincolati da una viabilità ridotta: Sopraelevata o Via Gramsci, Via XX Settembre o Corso Saffi allora conviene far abbandonare subito l'auto, ma dove? Genova è giusta da girare a piedi, ma dove parcheggiare? Meglio sarebbe allora arrivare dal mare...date una barca, un motoscafo anche a chi viene dalla campagna e chissà...Genova sarà una favola.

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12 MARZO A GENOVA

12 Marzo 2000
Stasera a Genova la guglia, del Teatro dell'Opera, è come un enorme dito che segna il cielo; segna le stelle che non si vedono per il riverbero delle luci di città, ma si sentono attraverso le dolci note di una festa.
Stasera a Genova il piatto, della fontana senz'acqua di De Ferrari, è come una grande antenna parabolica rivolta al cielo: trasmette la musica di un suo figlio, De Andrè.
Stasera Genova è il centro della musica, è il centro di un mondo che ha parole vere, sentite, pesanti e leggere.
Ha parole di musica e musica di parole. Ha parole tristi, parole di pietà, ma stasera diventano festa.
Festa dentro e fuori. Festa grande nei cuori.
Grazie Genova, grazie De Andrè

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GENOVA FLANEUR

Genova si sta scoprendo una città ideale per flaneur, ovvero un luogo dove è bello passeggiare, bighellonare, "perdere tempo", che non significa sprecarlo od oziare ma, gustarlo.
Flaneur è un termine che è in simbiosi con Parigi, con i suoi boulevards, i suoi passages, (le gallerie) dove si indugia e ci si concede di vagare senza meta. Poi, è grazie a questi flaneur, che lo spirito del XIX secolo si riversò nella letteratura francese: mentre dappertutto c'era l'assillo della fretta, qui si ci perdeva nella recherche. E' ancora a Parigi dove esiste il gusto di vivere la città con i suoi cafè e le sue strade adibite al passeggio; quindi all'incontro e alle chiacchiere: due piaceri della vita di città.
Genova con gli ultimi lavori e pedonalizzazioni, sta diventando una città piacevole; anche qui ora si può passeggiare e incontrarsi senza l'incombenza del traffico automobilistico. Oggi si può partire dalla stazione Brignole e arrivare in cima al molo dei Magazzini del Cotone, poi alla Porta dei Vacca (alla Marina) camminando tranquillamente in zone pedonalizzate. Tutto una bellezza.
In una città così, facendo un pò di filosofia, si potrebbe arrivare a pensare alle persone, non più alla loro collocazione sociale, divise per "che cosa fanno", ma semplicemente solo "per chi sono". Ora con quell'aria di sfaccendati, quel che fanno diventando oscuro e neanche più importante: che professione esercitano? Ora tutti bighelloni si può pensare: "Chi sono?". Una nuova scoperta di una città; forse con tantissimi pensionati ma diventati tutti flaneur: tutti pronti a gustarsi la città.

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GENOVA

Genova
Città di tanti carruggi
Sopra una madonna
Sotto una baldracca.
Città di mille barche
Di tanti volti
Di una pietà sola.
Genova
Città di molti palazzi
Eterni contrasti
Il nuovo si erge sul vecchio
Città di infiniti stili
Ti sento mia
Di ognuno sei sua.

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19 LUGLIO A GENOVA

Genova, strade deserte come a ferragosto eppure le sirene delle "volanti" suonano ininterrottamente: sono le forze di "teatro" della scena dei cosiddetti grandi.
Il latte a lunga c'è il pane anche, caffè e biscotti pure...aspettiamo chiusi in casa che finisca la buriana.
Con tanto can- can se non succede nulla ce da rimanerci male.
Stanno arrivando tutti: le tute bianche, i doppiopetti blu, i portaborse e gli ordinatori, gli imbianchini, i cantanti, i musicisti, i parlatori e il nonno di Giovanni ride e dice che potrà dire: "io c'ero".
Giovanni no, lui è partito per la campagna, quella a ridosso la città: sono due fasce con due ulivi, si fa l'orto e si sentono gli uccelli.
Alla faccia della New Age, della Globalizzazione, degli Oroscopi, di Nostradamus e dei G8; Giovanni ha lì il suo mondo. Ma non dicevamo di non pensare al nostro orticello?
Vola alto Giovanni con i suoi pensieri: per lui, quella grossa pietra che spunta dalla terra è la crosta del mondo; c'era, c'è e ci sarà ancora per chissà quanto.
Un maledetto pensiero buddista lo ha preso...
Se la terra gira tutto deve passare di qua.

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GENOVA A MAGGIO

Oggi è una bella giornata per Genova; per quella Genova di tutti, che era anche nel programma del riconfermato sindaco Pericu.
Genova è così: amata e odiata come le cose che si vivono profondamente. Genova è qui, nel mio cuore, la mia casa. Genova ha sempre un motivo in più per sentirsi bella.
Già perché è Genova che fa i genovesi: potete essere arrivati da ogni parte ma arrivati qui e vivendoci diverrete genovesi; acquisterete quel carattere particolare che è nella sua orografia, è nelle sue pietre consunte, nel suo clima e nella luce umorale.
Genova allora ci merita come un'entità di storia e di uomini più diversi. Piace camminare per una ripida "creuza" dove si respira il profumo dei pitosfori e all'improvviso, tra le agavi, scopri gatti e barche. Qui puoi camminare in riva al mare e pensare che un giorno proprio da lì potrai partire per i luoghi più lontani: un cargo o una motonave è sempre pronta ad imbarcarti.
Poi a Genova basta poco per cambiare il paesaggio, puoi avendone voglia infilarti lungo le sue due vallate e trovarti in una campagna aspra e insieme dolce; puoi anche salire in alto e, trovato un forte, non volere più abbandonare la visione di quel fantastico palmo di mano pieno di cupole, tetti e torri.
Genova, dove un panino può chiamarsi kebab o burritos; boccadillos o michetta ma, che di fronte ad una focaccia, al pesto e un "bianchetto" rispunta la tua storia; a Genova che pare perda le sue...

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GENOVA CITTA' DEBERLUSCONIZZATA

Genova città deberlusconizzata. Genova, città di avanguardia politica, segna il riscatto.
A Genova viene sconfitta la politica dello spot, dell'immagine e dello spettacolo: è nel suo carattere; possono cambiare gli abitanti ma non lo spirito, d'altronde è Genova che fa i genovesi.
Il vero volto di Genova lo si trova nelle case; guardatele le case dei genovesi, all'esterno molte sono grigie, molte dipinte a simulare fregi, c'è qualche bel portale, ma poi l'esteriorità conta poco: la vera ricchezza è all'interno. E' dentro i suoi appartamenti che si trovano i tesori d'arredo, le stoffe pregiate, i quadri d'autore, gli argenti e i ninnoli preziosi. A proposito Berlusconi sarà meglio che ci ridia l'orologio preso (durante il G8) nel Palazzo della Prefettura, Palazzo Spinola Doria: è di Genova e i genovesi lo rivogliono.
Genova , vive così oggi, con il voto che premia Pericu sindaco, la concretezza del vero cambiamento, che non è una mano di vernice sul vecchio. A Genova si dice che "stucco e pittura, fan bella figura", ma non fanno nè sostanza, né politica. Si vede a livello nazionale dove la ricetta del liberismo (vecchia come il mondo) viene fata passare come il nuovo e il cambiamento: viene disegnato come modernità, quello di togliere ai poveri per dare ai ricchi.
Genova città delle confraternite, delle mille associazioni di volontariato e solidarietà ha risposto.
Genova va.

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QUELLE SERE A GENOVA

Io mi ricordo bene le sere in strada a Genova.
Quelle sere non ci sono più.
Quelle sere per giocare, correre e divertirsi in strada, non ci sono più.
Le auto in posteggio hanno preso il posto della porta dove si tirava la palla.
Non si sente più chiamare Gino dalla nonna alla finestra.
Quelle sere in strada a Genova c'erano i vecchi a raccontare;
qualcuno era triste ma i più, poi ridevano.
La televisione non c'era in quelle sere a Genova, come nei giorni...
Genova è cambiata.
Io mi ricordo bene il mare alla sera di fronte a Genova.
Quel mare non c'è più.
Quel mare continuava a parlare, rumoreggiava.
Il mare rispondeva sempre alle domande. Quel mare brontolava.
Il mare come d'inchiostro aveva pennini bianchi che lasciavano scie luccicanti.
Quelle sere di fronte al mare non c'era il riflesso di neon gialli e arancio;
posteggiavano navi e grandi barche.
Sui moli non c'erano, come ora, le piccole barche e le tante gomme... Genova è cambiata.
Genova ha cambiato anche le pietre dove pestavo noci e pistacci.
Genova ha acceso nuove luci come lampare a fare chiaro agli spettri.
Ombre passano veloci. Anche gli odori sono diversi:
bolle il cous- cous e un kebab si porta via nella stagnola.
Angoli d'Africa, angoli di mondo, seppur ostica Genova ha imbevuto.
Ma le pietre non sono mai nuove;
sono senza tempo e degli uomini sanno tutto.
A Genova ne hanno da raccontare quelle pietre e quelle sere per loro sono ancora lì.
Quelle sere che mi ricordo bene.
Quelle sere in strada a Genova che non ci sono più.

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UN PENSIERO

E' un pensiero, ma da sempre lavoriamo per l'eternità: accumuliamo ricchezze che non si riescono a spendere in una vita; costruiamo con pietre un tempo riservate solo alle cattedrali. Abbiamo una concezione del tempo distorta, come se fossimo immortali.
Così ci riconosciamo contemporanei soprattutto leggendoci nel volto lo sgomento di essere qui ora tra sensi vietati e ruspe, qui insieme in una città che chiamammo Genova.
E' un pensiero, ma oggi viviamo il cambiamento in modo tanto veloce da non accorgerci che viviamo con le stesse voglie di ieri. Ma cosa vogliamo? Vogliamo tutto in ordine. Tutto bello e pulito.
Così ogni volta rifacciamo la città, riprendiamo quello che abbiamo abbandonato. In un enorme cantiere ci perdiamo sperando presto di uscire, di fermarci, di sederci...non dimenticate le panchine, Genova, in centro, non ne ha.
E' un pensiero, ed è l'ultimo che fa sintesi, che finisce un lungo cammino: è solo nostro, intimo, ma di sicuro lo lasciamo scolpito in una pietra messa in piazza. Scrivetelo oggi, in questo anno, là dove si lavora, se c'è anche una fontana o anche solo quella, va bene: è il nostro orgoglio a Genova che si rifà.

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LE PIETRE DI GENOVA

Prendiamo un qualunque metro quadro di terreno posto al centro di una città, da lì andando in profondità, potremo scrivere la storia. Natura ed elemento umano giungerebbero a sintesi: pietra, terra, manufatto e sua funzione diventano parti del paesaggio e della cultura. Come raccontato nel libro "Prateria", di Heat least Moon, potremo riempire questo spazio di nomi, di racconti, di suoni, di idee; potremo penetrare il tempo, la fissità e l'inganno del suo trascorrere.
Nel contemplare quel metro quadro di territorio di pietra, di strada, di città, di regione, di paese, di mondo, di universo, di cosmo, verremo rapiti da un scaramantico rito: può ritornarci il nulla? La pietra è il simbolo più antico dell'umanità; se parlassero le pietre ci racconterebbero della forza e della vacuità della natura; ci racconterebbero di noi più di ogni cosa. Quelle pietre fisse con accenni di usura sono le nostre pietre scolpite dal tempo e dalla volontà.
Ora queste pietre da guardare, da scoprire; queste pietre che continuano a raccontare, ci sono anche a Genova: sono i moli interrati del Porto antico.
Queste pietre mi hanno suggerito queste parole e indotto questa riflessione: imperturbabili, anche nel solo spazio di un metro, pressate l'una all'altra, fuse da una calce diventata ora più forte dell'acqua e del fuoco, hanno resistito agli spergiuri e alle bestemmie. Tante ne hanno sentito queste pietre; ma resistono e se vorremo ci testimonieranno anche come pietre tombali. Pronte sempre all'uso del nostro tempo, le pietre non si cancellano. Queste pietre di Genova sono rimaste lì, ad osservare il mare a sentire gli uomini, e seppur danno peso, fisicità, a quello che facciamo, non considerano di noi quello che bramiamo soltanto e resta vuoto. Queste pietre arginano tutto ma non il tempo.